PARTE TERZA
NORME IN MATERIA DI DIFESA DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE, DI TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO E DI GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
SEZIONE I
NORME IN MATERIA DI DIFESA
DEL SUOLO E LOTTA ALLA DESERTIFICAZIONE
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
CAPO I
PRINCIPI GENERALI
ART. 53
(finalità)
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la
tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico
del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in
sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione.
2. Per
il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica
amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione
e pianificazione degli interventi, nonche' preordinata alla loro esecuzione,
in conformità alle disposizioni che seguono.
3. Alla realizzazione delle
attività previste al comma 1 concorrono,
secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed
ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni
e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.
ART. 54
(definizioni)
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) suolo: il territorio,
il suolo, il sottosuolo, gli abitati e le opere infrastrutturali;
b) acque:
le acque meteoriche e le acque superficiali e sotterranee come di seguito
specificate;
c) acque superficiali: le acque interne, ad eccezione delle sole
acque sotterranee, le acque di transizione e le acque costiere, tranne per
quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale sono incluse anche
le acque territoriali;
d) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano sotto
la superficie del suolo nella zona di saturazione e a contatto diretto con
il suolo o il sottosuolo;
e) acque interne: tutte le acque superficiali correnti
o stagnanti e tutte le acque sotterranee all'interno della linea di base che
serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
f) fiume:
un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie, ma che può essere
parzialmente sotterraneo;
g) lago: un corpo idrico superficiale interno fermo;
h) acque di transizione:
i corpi idrici superficiali in prossimità della
foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro
vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzati dai flussi di
acqua dolce;
i) acque costiere: le acque superficiali situate all'interno rispetto
a una retta immaginaria distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul
lato esterno dal punto più vicino della linea di base che serve da riferimento
per definire il limite delle acque territoriali, e che si estendono eventualmente
fino al limite esterno delle acque di transizione;
l) corpo idrico superficiale:
un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago,
un bacino artificiale, un torrente, un fiume o canale, parte di un torrente,
fiume o canale, nonche' di acque di transizione o un tratto di acque costiere;
m)
corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato da un'attività umana;
n)
corpo idrico fortemente modificato: un corpo idrico superficiale la cui natura,
a seguito di alterazioni fisiche dovute a un'attività umana,
e' sostanzialmente modificata;
o) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto
di acque sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
p) falda
acquifera: uno o più strati sotterranei di roccia o altri
strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire
un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative
di acque sotterranee;
q) reticolo idrografico: l'insieme degli elementi che
costituiscono il sistema drenante alveato del bacino idrografico;
r) bacino
idrografico: il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso
una serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in
un'unica foce, a estuario o delta;
s) sottobacino o sub-bacino: il territorio
nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti,
fiumi ed eventualmente laghi per sfociare in un punto specifico di un corso
d'acqua, di solito un lago o la confluenza di un fiume;
t) distretto idrografico:
area di terra e di mare, costituita da uno o più bacini
idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce
la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
u) difesa
del suolo: il complesso delle azioni ed attività riferibili
alla tutela e salvaguardia del territorio, dei fiumi, dei canali e collettori,
degli specchi lacuali, delle lagune, della fascia costiera, delle acque sotterranee,
nonche' del territorio a questi connessi, aventi le finalità di ridurre
il rischio idraulico, stabilizzare i fenomeni di dissesto geologico, ottimizzare
l'uso e la gestione del patrimonio idrico, valorizzare le caratteristiche ambientali
e paesaggistiche collegate;
v) dissesto idrogeologico: la condizione che caratterizza
aree ove processi naturali o antropici, relativi alla dinamica dei corpi idrici,
del suolo o dei versanti, determinano condizioni di rischio sul territorio;
z)
opera idraulica: l'insieme degli elementi che costituiscono il sistema drenante
alveato del bacino idrografico.
ART. 55
(attività conoscitiva)
1. Nell'attività conoscitiva, svolta per le finalità di cui
all'articolo 53 e riferita all'intero territorio nazionale, si intendono comprese
le azioni di:
a) raccolta, elaborazione, archiviazione e diffusione dei dati;
b) accertamento,
sperimentazione, ricerca e studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle
condizioni generali di rischio;
c) formazione ed aggiornamento delle carte tematiche
del territorio;
d) valutazione e studio degli effetti conseguenti alla esecuzione
dei piani, dei programmi e dei progetti di opere previsti dalla presente sezione;
e)
attuazione di ogni iniziativa a carattere conoscitivo ritenuta necessaria per
il conseguimento delle finalità di cui all'articolo 53.
2. L'attività conoscitiva
di cui al presente articolo e' svolta, sulla base delle deliberazioni di cui
all'articolo 57, comma 1, secondo criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione
e consultazione, nonche' modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque operanti
nel settore, che garantiscano la possibilità di omogenea elaborazione
ed analisi e la costituzione e gestione, ad opera del Servizio geologico d'Italia
- Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici (APAT) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 300, di un unico sistema informativo, cui vanno raccordati
i sistemi informativi regionali e quelli delle province autonome.
3. E' fatto
obbligo alle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonche'
alle istituzioni ed agli enti pubblici, anche economici, che comunque raccolgano
dati nel settore della difesa del suolo, di trasmetterli alla regione territorialmente
interessata ed al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT),
secondo le modalità definite ai sensi
del comma 2 del presente articolo.
4. L'Associazione nazionale Comuni italiani
(ANCI) contribuisce allo svolgimento dell'attività conoscitiva di cui
al presente articolo, in particolare ai fini dell'attuazione delle iniziative
di cui al comma 1, lettera e), nonche' ai fini della diffusione dell'informazione
ambientale di cui agli articoli 8 e 9 del decreto legislativo 19 agosto 2005,
n. 195, di recepimento della direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 28 gennaio 2003, e in attuazione di quanto previsto dall'articolo
1 della legge 17 maggio 1999, n. 144, e altresì con riguardo a:
a) inquinamento
dell'aria;
b) inquinamento delle acque, riqualificazione fluviale e ciclo idrico
integrato;
c) inquinamento acustico, elettromagnetico e luminoso;
d) tutela del territorio;
e) sviluppo sostenibile;
f) ciclo integrato dei rifiuti;
g) energie da fonti energetiche rinnovabili;
h) parchi e aree protette.
5. L'ANCI provvede all'esercizio delle attività di
cui al comma 4 attraverso la raccolta e l'elaborazione dei dati necessari al
monitoraggio della spesa ambientale sul territorio nazionale in regime di convenzione
con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio sono definiti i criteri
e le modalità di
esercizio delle suddette attività. Per lo svolgimento di queste ultime
viene destinata, nei limiti delle previsioni di spesa di cui alla convenzione
in essere, una somma non inferiore all'uno e cinquanta per cento dell'ammontare
della massa spendibile annualmente delle spese d'investimento previste per
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. Per l'esercizio finanziario
2006, all'onere di cui sopra si provvede a valere sul fondo da ripartire per
la difesa del suolo e la tutela ambientale.
ART. 56
(attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione)
1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione
degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo
53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali
proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:
a) la
sistemazione, la conservazione ed il recupero del suolo nei bacini idrografici,
con interventi idrogeologici, idraulici, idraulico-forestali, idraulico-agrari,
silvo-pastorali, di forestazione e di bonifica, anche attraverso processi di
recupero naturalistico, botanico e faunistico;
b) la difesa, la sistemazione
e la regolazione dei corsi d'acqua, dei rami terminali dei fiumi e delle loro
foci nel mare, nonche' delle zone umide;
c) la moderazione delle piene, anche
mediante serbatoi di invaso, vasche di laminazione, casse di espansione, scaricatori,
scolmatori, diversivi o altro, per la difesa dalle inondazioni e dagli allagamenti;
d)
la disciplina delle attività estrattive nei corsi d'acqua, nei laghi,
nelle lagune ed in mare, al fine di prevenire il dissesto del territorio, inclusi
erosione ed abbassamento degli alvei e delle coste; e) la difesa e il consolidamento
dei versanti e delle aree instabili, nonche' la difesa degli abitati e delle
infrastrutture contro i movimenti franosi, le valanghe e altri fenomeni di
dissesto;
f) il contenimento dei fenomeni di subsidenza dei suoli e di risalita
delle acque marine lungo i fiumi e nelle falde idriche, anche mediante operazioni
di ristabilimento delle preesistenti condizioni di equilibrio e delle falde
sotterranee;
g) la protezione delle coste e degli abitati dall'invasione e dall'erosione
delle acque marine ed il ripascimento degli arenili, anche mediante opere di
ricostituzione dei cordoni dunosi;
h) la razionale utilizzazione delle risorse
idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua
ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi
il minimo deflusso vitale negli alvei sottesi nonche' la polizia delle acque;
i)
lo svolgimento funzionale dei servizi di polizia idraulica, di navigazione
interna, nonche' della gestione dei relativi impianti;
l) la manutenzione ordinaria
e straordinaria delle opere e degli impianti nel settore e la conservazione
dei beni;
m) la regolamentazione dei territori interessati dagli interventi
di cui alle lettere precedenti ai fini della loro tutela ambientale, anche
mediante la determinazione di criteri per la salvaguardia e la conservazione
delle aree demaniali e la costituzione di parchi fluviali e lacuali e di aree
protette;
n) il riordino del vincolo idrogeologico.
2. Le attività di cui al comma
1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonche' modalità di
coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti,
preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:
a) condizioni di
salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed
i beni;
b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione
dei servizi connessi.
CAPO II
COMPETENZE
ART. 57
(Presidente del Consiglio dei Ministri, Comitato dei Ministri per gli interventi
nel settore della difesa del suolo)
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio
dei Ministri, approva con proprio decreto:
a) su proposta del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio:
1) le deliberazioni concernenti i metodi ed
i criteri, anche tecnici, per lo svolgimento delle attività di cui agli
articoli 55 e 56, nonche' per la verifica ed il controllo dei piani di bacino
e dei programmi di intervento;
2) i piani di bacino, sentita la Conferenza Stato-regioni;
3) gli atti volti
a provvedere in via sostitutiva, previa diffida, in caso di persistente inattività dei
soggetti ai quali sono demandate le funzioni previste dalla presente sezione;
4)
ogni altro atto di indirizzo e coordinamento nel settore disciplinato dalla
presente sezione;
b) su proposta del Comitato dei Ministri di cui al comma
2, il programma nazionale di intervento.
2. Il Comitato dei Ministri per gli
interventi nel settore della difesa del suolo opera presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Il Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio
dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, e' composto da quest'ultimo e dai Ministri delle infrastrutture
e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche
agricole e forestali, per gli affari regionali e per i beni e le attività culturali,
nonche' dal delegato del Presidente del Consiglio dei Ministri in materia di
protezione civile.
3. Il Comitato dei Ministri ha funzioni di alta vigilanza
ed adotta gli atti di indirizzo e di coordinamento delle attività. Propone
al Presidente del Consiglio dei Ministri lo schema di programma nazionale di
intervento, che coordina con quelli delle regioni e degli altri enti pubblici
a carattere nazionale, verificandone l'attuazione.
4. Al fine di assicurare
il necessario coordinamento tra le diverse amministrazioni interessate, il
Comitato dei Ministri propone gli indirizzi delle politiche settoriali direttamente
o indirettamente connesse con gli obiettivi e i contenuti della pianificazione
di distretto e ne verifica la coerenza nella fase di approvazione dei relativi
atti.
5. Per lo svolgimento delle funzioni di segreteria tecnica, il Comitato
dei Ministri si avvale delle strutture delle Amministrazioni statali competenti.
6. I principi degli atti di indirizzo e coordinamento di cui al presente articolo
sono definiti sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato,
le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
ART. 58
(competenze del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio)
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita le funzioni
e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla presente
sezione, ferme restando le competenze istituzionali del Servizio nazionale
di protezione civile.
2. In particolare, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio:
a) formula proposte, sentita la Conferenza Stato-regioni,
ai fini dell'adozione, ai sensi dell'articolo 57, degli indirizzi e dei criteri
per lo svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione interna
e per la realizzazione, gestione e manutenzione delle opere e degli impianti
e la conservazione dei beni;
b) predispone la relazione sull'uso del suolo e
sulle condizioni dell'assetto idrogeologico, da allegare alla relazione sullo
stato dell'ambiente di cui all'articolo 1, comma 6, della legge 8 luglio 1986,
n. 349, nonche' la relazione sullo stato di attuazione dei programmi triennali
di intervento per la difesa del suolo, di cui all'articolo 69, da allegare
alla relazione previsionale e programmatica. La relazione sull'uso del suolo
e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico e la relazione sullo stato dell'ambiente
sono redatte avvalendosi del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa
del suolo dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici
(APAT);
c) opera, ai sensi dell'articolo 2, commi 5 e 6, della legge 8 luglio
1986, n. 349, per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione,
delle funzioni di difesa del suolo con gli interventi per la tutela e l'utilizzazione
delle acque e per la tutela dell'ambiente.
3. Ai fini di cui al comma 2, il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio svolge le seguenti funzioni:
a) programmazione, finanziamento e controllo degli interventi in materia di
difesa del suolo;
b) previsione, prevenzione e difesa del suolo da frane, alluvioni
e altri fenomeni di dissesto idrogeologico, nel medio e nel lungo termine al
fine di garantire condizioni ambientali permanenti ed omogenee, ferme restando
le competenze del Dipartimento della protezione civile in merito agli interventi
di somma urgenza;
c) indirizzo e coordinamento dell'attività dei rappresentanti
del Ministero in seno alle Autorità di bacino distrettuale di cui all'articolo
63;
d) identificazione delle linee fondamentali dell'assetto del territorio
nazionale con riferimento ai valori naturali e ambientali e alla difesa del
suolo, nonche' con riguardo all'impatto ambientale dell'articolazione territoriale
delle reti infrastrutturali, delle opere di competenza statale e delle trasformazioni
territoriali;
e) determinazione di criteri, metodi e standard di raccolta, elaborazione,
da parte del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), e di consultazione
dei dati, definizione di modalità di coordinamento e di collaborazione
tra i soggetti pubblici operanti nel settore, nonche' definizione degli indirizzi
per l'accertamento e lo studio degli elementi dell'ambiente fisico e delle
condizioni generali di rischio;
f) valutazione degli effetti conseguenti all'esecuzione
dei piani, dei programmi e dei progetti su scala nazionale di opere nel settore
della difesa del suolo;
g) coordinamento dei sistemi cartografici.
ART. 59
(competenze della Conferenza Stato-regioni)
1. La Conferenza Stato-regioni formula pareri, proposte ed osservazioni, anche
ai fini dell'esercizio delle funzioni di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo
57, in ordine alle attività ed alle finalità di cui alla presente
sezione, ed ogni qualvolta ne e' richiesta dal Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio. In particolare:
a) formula proposte per l'adozione degli
indirizzi, dei metodi e dei criteri di cui al predetto articolo 57;
b) formula
proposte per il costante adeguamento scientifico ed organizzativo del Servizio
geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e per il suo coordinamento con
i servizi, gli istituti, gli uffici e gli enti pubblici e privati che svolgono
attività di rilevazione, studio e ricerca in materie
riguardanti, direttamente o indirettamente, il settore della difesa del suolo;
c)
formula osservazioni sui piani di bacino, ai fini della loro conformità agli
indirizzi e ai criteri di cui all'articolo 57;
d) esprime pareri sulla ripartizione
degli stanziamenti autorizzati da ciascun programma triennale tra i soggetti
preposti all'attuazione delle opere e degli interventi individuati dai piani
di bacino;
e) esprime pareri sui programmi di intervento di competenza statale.
ART. 60
(competenze dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici
- APAT)
1. Ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie
del Servizio nazionale di protezione civile, l'Agenzia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici (APAT) esercita, mediante il Servizio geologico d'Italia
Dipartimento difesa del suolo, le seguenti funzioni:
a) svolgere l'attività conoscitiva,
qual e' definita all'articolo 55;
b) realizzare il sistema informativo unico
e la rete nazionale integrati di rilevamento e sorveglianza;
c) fornire, a chiunque
ne formuli richiesta, dati, pareri e consulenze, secondo un tariffario fissato
ogni biennio con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze. Le tariffe sono stabilite in base al
principio della partecipazione al costo delle prestazioni da parte di chi ne
usufruisca.
ART. 61
(competenze delle regioni)
1. Le regioni, ferme restando le attività da queste svolte nell'ambito
delle competenze del Servizio nazionale di protezione civile, ove occorra d'intesa
tra loro, esercitano le funzioni e i compiti ad esse spettanti nel quadro delle
competenze costituzionalmente determinate e nel rispetto delle attribuzioni
statali, ed in particolare:
a) collaborano nel rilevamento e nell'elaborazione
dei piani di bacino dei distretti idrografici secondo le direttive assunte
dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4,
ed adottano gli atti di competenza;
b) formulano proposte per la formazione
dei programmi e per la redazione di studi e di progetti relativi ai distretti
idrografici;
c) provvedono alla elaborazione, adozione, approvazione ed attuazione
dei piani di tutela di cui all'articolo 121;
d) per la parte di propria competenza,
dispongono la redazione e provvedono all'approvazione e all'esecuzione dei
progetti, degli interventi e delle opere da realizzare nei distretti idrografici,
istituendo, ove occorra, gestioni comuni;
e) provvedono, per la parte di propria
competenza, all'organizzazione e al funzionamento del servizio di polizia idraulica
ed a quelli per la gestione e la manutenzione delle opere e degli impianti
e la conservazione dei beni;
f) provvedono all'organizzazione e al funzionamento
della navigazione interna, ferme restando le residue competenze spettanti al
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
g) predispongono annualmente
la relazione sull'uso del suolo e sulle condizioni dell'assetto idrogeologico
del territorio di competenza e sullo stato di attuazione del programma triennale
in corso e la trasmettono al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
entro il mese di dicembre;
h) assumono ogni altra iniziativa ritenuta necessaria
in materia di conservazione e difesa del territorio, del suolo e del sottosuolo
e di tutela ed uso delle acque nei bacini idrografici di competenza ed esercitano
ogni altra funzione prevista dalla presente sezione.
2. Il Registro italiano
dighe (RID) provvede in via esclusiva, anche nelle zone sismiche, alla identificazione
e al controllo dei progetti delle opere di sbarramento, delle dighe di ritenuta
o traverse che superano 15 metri di altezza o che determinano un volume di
invaso superiore a 1.000.000 di metri cubi. Restano di competenza del Ministero
delle attività produttive
tutte le opere di sbarramento che determinano invasi adibiti esclusivamente
a deposito o decantazione o lavaggio di residui industriali.
3. Rientrano nella
competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano le
attribuzioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre
1959, n. 1363, per gli sbarramenti che non superano i 15 metri di altezza e
che determinano un invaso non superiore a 1.000.000 di metri cubi. Per tali
sbarramenti, ove posti al servizio di grandi derivazioni di acqua di competenza
statale, restano ferme le attribuzioni del Ministero delle infrastrutture e
dei trasporti. Il Registro italiano dighe (RID) fornisce alle regioni il supporto
tecnico richiesto.
4. Resta di competenza statale la normativa tecnica relativa
alla progettazione e costruzione delle dighe di sbarramento di qualsiasi altezza
e capacità di
invaso.
5. Le funzioni relative al vincolo idrogeologico di cui al regio decreto-legge
30 dicembre 1923, n. 3267, sono interamente esercitate dalle regioni.
6. Restano
ferme tutte le altre funzioni amministrative già trasferite
o delegate alle regioni.
ART. 62
(competenze degli enti locali e di altri soggetti)
1. I comuni, le province, i loro consorzi o associazioni, le comunità montane,
i consorzi di bonifica e di irrigazione, i consorzi di bacino imbrifero montano
e gli altri enti pubblici e di diritto pubblico con sede nel distretto idrografico
partecipano all'esercizio delle funzioni regionali in materia di difesa del
suolo nei modi e nelle forme stabilite dalle regioni singolarmente o d'intesa
tra loro, nell'ambito delle competenze del sistema delle autonomie locali.
2. Gli enti di cui al comma 1 possono avvalersi, sulla base di apposite convenzioni,
del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT) e sono tenuti
a collaborare con la stessa.
ART. 63
(Autorità di bacino distrettuale)
1. In ciascun distretto idrografico di cui all'articolo 64 e' istituita l'Autorità di
bacino distrettuale, di seguito Autorità di bacino, ente pubblico non
economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione
ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia,
economicità e pubblicità.
2. Sono organi dell'Autorità di
bacino: la Conferenza istituzionale permanente, il Segretario generale, la
Segreteria tecnico-operativa e la Conferenza operativa di servizi. Con decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia e delle
finanze e con il Ministro per la funzione pubblica, da emanarsi sentita la
Conferenza permanente Stato - regioni entro trenta giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto, sono definiti i criteri e
le modalità per l'attribuzione o
il trasferimento del personale e delle risorse patrimoniali e finanziarie,
salvaguardando i livelli occupazionali, definiti alla data del 31 dicembre
2005, e previa consultazione dei sindacati.
3. Le autorità di bacino
previste dalla legge 18 maggio 1989, n. 183, sono soppresse a far data dal
30 aprile 2006 e le relative funzioni sono esercitate dalle Autorità di
bacino distrettuale di cui alla parte terza del presente decreto. Il decreto
di cui al comma 2 disciplina il trasferimento di funzioni e regolamenta il
periodo transitorio.
4. Gli atti di indirizzo, coordinamento e pianificazione
delle Autorità di
bacino vengono adottati in sede di Conferenza istituzionale permanente presieduta
e convocata, anche su proposta delle amministrazioni partecipanti, dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio su richiesta del Segretario generale,
che vi partecipa senza diritto di voto. Alla Conferenza istituzionale permanente
partecipano i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture
e dei trasporti, delle attività produttive, delle politiche agricole
e forestali, per la funzione pubblica, per i beni e le attività culturali
o i Sottosegretari dai medesimi delegati, nonche' i Presidenti delle regioni
e delle province autonome il cui territorio e' interessato dal distretto idrografico
o gli Assessori dai medesimi delegati, oltre al delegato del Dipartimento della
protezione civile. Alle conferenze istituzionali permanenti del distretto idrografico
della Sardegna e del distretto idrografico della Sicilia partecipa no, oltre
ai Presidenti delle rispettive regioni, altri due rappresentanti per ciascuna
delle predette regioni, nominati dai Presidenti regionali. La conferenza istituzionale
permanente delibera a maggioranza. Gli atti di pianificazione tengono conto
delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
5. La conferenza
istituzionale permanente di cui al comma 4:
a) adotta criteri e metodi per
la elaborazione del Piano di bacino in conformità agli
indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 57;
b) individua tempi e modalità per
l'adozione del Piano di bacino, che potrà eventualmente articolarsi
in piani riferiti a sub-bacini;
c) determina quali componenti del piano costituiscono
interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono interessi comuni
a più regioni;
d) adotta i provvedimenti necessari per garantire comunque
l'elaborazione del Piano di bacino;
e) adotta il Piano di bacino;
f) controlla l'attuazione degli schemi previsionali
e programmatici del Piano di bacino e dei programmi triennali e, in caso di
grave ritardo nell'esecuzione di interventi non di competenza statale rispetto
ai tempi fissati nel programma, diffida l'amministrazione inadempiente, fissando
il termine massimo per l'inizio dei lavori. Decorso infruttuosamente tale termine,
all'adozione delle misure necessarie ad assicurare l'avvio dei lavori provvede,
in via sostitutiva, il Presidente della Giunta regionale interessata che, a
tal fine, può avvalersi
degli organi decentrati e periferici del Ministero delle infrastrutture e dei
trasporti;
g) nomina il Segretario generale.
6. La Conferenza operativa di servizi e'
composta dai rappresentanti dei Ministeri di cui al comma 4, delle regioni
e delle province autonome interessate, nonche' da un rappresentante del Dipartimento
della protezione civile; e' convocata dal Segretario Generale, che la presiede,
e provvede all'attuazione ed esecuzione di quanto disposto ai sensi del comma
5, nonche' al compimento degli atti gestionali. La conferenza operativa di
servizi delibera a maggioranza.
7. Le Autorità di bacino provvedono,
tenuto conto delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente:
a)
all'elaborazione del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo 65;
b)
ad esprimere parere sulla coerenza con gli obiettivi del Piano di bacino dei
piani e programmi comunitari, nazionali, regionali e locali relativi alla difesa
del suolo, alla lotta alla desertificazione, alla tutela delle acque e alla
gestione delle risorse idriche;
c) all'elaborazione, secondo le specifiche tecniche
che figurano negli allegati alla parte terza del presente decreto, di un'analisi
delle caratteristiche del distretto, di un esame sull'impatto delle attività umane
sullo stato delle acque superficiali e sulle acque sotterranee, nonche' di
un'analisi economica dell'utilizzo idrico.
8. Fatte salve le discipline adottate
dalle regioni ai sensi dell'articolo 62, le Autorità di bacino coordinano
e sovraintendono le attività e
le funzioni di titolarità dei consorzi di bonifica integrale di cui
al regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, nonche' del consorzio del Ticino
- Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice
del lago Maggiore, del consorzio dell'Oglio - Ente autonomo per la costruzione,
manutenzione ed esercizio dell'opera regolatrice del lago d'Iseo e del consorzio
dell'Adda - Ente autonomo per la costruzione, manutenzione ed esercizio dell'opera
regolatrice del lago di Como, con particolare riguardo all'esecuzione, manutenzione
ed esercizio delle opere idrauliche e di bonifica, alla realizzazione di azioni
di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque, anche al fine della
loro utilizzazione irrigua, alla rinaturalizzazione dei corsi d'acqua ed alla
fitodepurazione.
TITOLO II
I DISTRETTI IDROGRAFICI, GLI STRUMENTI, GLI INTERVENTI
CAPO I
I DISTRETTI IDROGRAFICI
ART. 64
(distretti idrografici)
1. L'intero territorio nazionale, ivi comprese le isole minori, e' ripartito
nei seguenti distretti idrografici:
a) distretto idrografico delle Alpi orientali,
con superficie di circa 39.385 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Adige, già bacino nazionale ai sensi della legge 18 maggio 1989,
n. 183;
2) Alto Adriatico, già bacino nazionale ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
3) Lemene, Fissaro Tartaro Canalbianco, già bacini interregionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini del Friuli-Venezia Giulia e
del Veneto, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
b) distretto idrografico Padano, con
superficie di circa 74.115Kmq, comprendente il bacino del Po, già bacino
nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
c) distretto idrografico dell'Appennino
settentrionale, con superficie di circa 39.000 Kmq, comprendente i seguenti
bacini idrografici:
1) Arno, già bacino nazionale ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
2) Magra, già bacino interregionale ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
3) Fiora, già bacino interregionale ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
4) Conca Marecchia, già bacino interregionale ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
5) Reno, già bacino interregionale ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
6) bacini della Liguria, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) bacini della Toscana, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) fiumi Uniti, Montone, Ronco,
Savio, Rubicone e Uso, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Foglia, Arzilla, Metauro,
Cesano, Misa, Esino, Musone e altri bacini minori, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) Lamone, già bacino regionale
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
11) bacini minori afferenti alla costa
Romagnola, già bacini regionali
ai sensi della legge n. 183 del 1989;
d) distretto idrografico pilota del Serchio,
con superficie di circa 1.600 Kmq, comprendente il bacino idrografico del Serchio;
e)
distretto idrografico dell'Appennino centrale, con superficie di circa 35.800
Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Tevere, già bacino
nazionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
2) Tronto, già bacino
interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
3) Sangro, già bacino
interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
4) bacini dell'Abruzzo,
già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
5) bacini del Lazio, già bacini regionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
6) Potenza, Chienti, Tenna, Ete, Aso, Menocchia, Tesino
e bacini minori delle Marche, già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
f) distretto idrografico dell'Appennino meridionale, con superficie
di circa 68.200 Kmq, comprendente i seguenti bacini idrografici:
1) Liri-Garigliano,
già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
2) Volturno, già bacino nazionale ai sensi della legge n. 183
del 1989;
3) Sele, già bacino interregionale ai sensi della legge n.
183 del 1989;
4) Sinni e Noce, già bacini interregionali ai sensi della
legge n. 183 del 1989;
5) Bradano, già bacino interregionale ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
6) Saccione, Fortore e Biferno, già bacini
interregionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
7) Ofanto, già bacino
interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
8) Lao, già bacino
interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
9) Trigno, già bacino
interregionale ai sensi della legge n. 183 del 1989;
10) bacini della Campania,
già bacini regionali ai sensi della legge
n. 183 del 1989;
11) bacini della Puglia, già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
12) bacini della Basilicata, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
13) bacini della Calabria, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
14) bacini del Molise, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989;
g) distretto idrografico della
Sardegna, con superficie di circa 24.000 Kmq, comprendente i bacini della Sardegna,
già bacini regionali ai sensi
della legge n. 183 del 1989;
h) distretto idrografico della Sicilia, con superficie
di circa 26.000 Kmq, comprendente i bacini della Sicilia, già bacini
regionali ai sensi della legge n. 183 del 1989.
CAPO II
GLI STRUMENTI
ART. 65
(valore, finalità e contenuti del piano di bacino distrettuale)
1. Il Piano di bacino distrettuale, di seguito Piano di bacino, ha valore
di piano territoriale di settore ed e' lo strumento conoscitivo, normativo
e tecnico-operativo mediante il quale sono pianificate e programmate le azioni
e le norme d'uso finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione
del suolo ed alla corretta utilizzazione della acque, sulla base delle caratteristiche
fisiche ed ambientali del territorio interessato.
2. Il Piano di bacino e'
redatto dall'Autorità di bacino in base agli
indirizzi, metodi e criteri fissati ai sensi del comma 3. Studi ed interventi
sono condotti con particolare riferimento ai bacini montani, ai torrenti di
alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo-valle.
3. Il Piano di bacino, in conformità agli
indirizzi, ai metodi e ai criteri stabiliti dalla Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4, realizza le finalità indicate
all'articolo 56 e, in particolare, contiene, unitamente agli elementi di cui
all'Allegato 4 alla parte terza del presente decreto:
a) il quadro conoscitivo
organizzato ed aggiornato del sistema fisico, delle utilizzazioni del territorio
previste dagli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali, nonche' dei
vincoli, relativi al distretto, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004,
n. 42;
b) la individuazione e la quantificazione delle situazioni, in atto e
potenziali, di degrado del sistema fisico, nonche' delle relative cause;
c)
le direttive alle quali devono uniformarsi la difesa del suolo, la sistemazione
idrogeologica ed idraulica e l'utilizzazione delle acque e dei suoli;
d) l'indicazione
delle opere necessarie distinte in funzione:
1) dei pericoli di inondazione
e della gravità ed estensione del dissesto;
2) dei pericoli di siccità;
3) dei pericoli di frane, smottamenti e simili;
4) del perseguimento degli obiettivi
di sviluppo sociale ed economico o di riequilibrio territoriale nonche' del
tempo necessario per assicurare l'efficacia degli interventi;
e) la programmazione
e l'utilizzazione delle risorse idriche, agrarie, forestali ed estrattive;
f)
la individuazione delle prescrizioni, dei vincoli e delle opere idrauliche,
idraulico-agrarie, idraulico-forestali, di forestazione, di bonifica idraulica,
di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di ogni altra azione o norma
d'uso o vincolo finalizzati alla conservazione del suolo ed alla tutela dell'ambiente;
g)
il proseguimento ed il completamento delle opere indicate alla lettera f),
qualora siano già state intraprese con stanziamenti disposti da
leggi speciali, da leggi ordinarie, oppure a seguito dell'approvazione dei
relativi atti di programmazione;
h) le opere di protezione, consolidamento e
sistemazione dei litorali marini che sottendono il distretto idrografico;
i)
i meccanismi premiali a favore dei proprietari delle zone agricole e boschive
che attuano interventi idonei a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico;
l)
la valutazione preventiva, anche al fine di scegliere tra ipotesi di governo
e gestione tra loro diverse, del rapporto costi-benefici, dell'impatto ambientale
e delle risorse finanziarie per i principali interventi previsti;
m) la normativa
e gli interventi rivolti a regolare l'estrazione dei materiali litoidi dal
demanio fluviale, lacuale e marittimo e le relative fasce di rispetto, specificatamente
individuate in funzione del buon regime delle acque e della tutela dell'equilibrio
geostatico e geomorfologico dei terreni e dei litorali;
n) l'indicazione delle
zone da assoggettare a speciali vincoli e prescrizioni in rapporto alle specifiche
condizioni idrogeologiche, ai fini della conservazione del suolo, della tutela
dell'ambiente e della prevenzione contro presumibili effetti dannosi di interventi
antropici;
o) le misure per contrastare i fenomeni di subsidenza e di desertificazione,
anche mediante programmi ed interventi utili a garantire maggiore disponibilità della
risorsa idrica ed il riuso della stessa;
p) il rilievo conoscitivo delle derivazioni
in atto con specificazione degli scopi energetici, idropotabili, irrigui od
altri e delle portate;
q) il rilievo delle utilizzazioni diverse per la pesca,
la navigazione od altre;
r) il piano delle possibili utilizzazioni future sia
per le derivazioni che per altri scopi, distinte per tipologie d'impiego e
secondo le quantità;
s) le priorità degli interventi ed il loro
organico sviluppo nel tempo, in relazione alla gravità del dissesto;
t)
l'indicazione delle risorse finanziarie previste a legislazione vigente.
4.
Le disposizioni del Piano di bacino approvato hanno carattere immediatamente
vincolante per le amministrazioni ed enti pubblici, nonche' per i soggetti
privati, ove trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso
Piano di bacino. In particolare, i piani e programmi di sviluppo socio-economico
e di assetto ed uso del territorio devono essere coordinati, o comunque non
in contrasto, con il Piano di bacino approvato.
5. Ai fini di cui al comma
4, entro dodici mesi dall'approvazione del Piano di bacino le autorità competenti
provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali e programmi regionali
quali, in particolare, quelli relativi alle attività agricole, zootecniche
ed agroforestali, alla tutela della qualità delle acque, alla gestione
dei rifiuti, alla tutela dei beni ambientali ed alla bonifica.
6. Fermo il
disposto del comma 4, le regioni, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione
del Piano di bacino sui rispettivi Bollettini Ufficiali regionali, emanano
ove necessario le disposizioni concernenti l'attuazione del piano stesso nel
settore urbanistico. Decorso tale termine, gli enti territorialmente interessati
dal Piano di bacino sono comunque tenuti a rispettarne le prescrizioni nel
settore urbanistico. Qualora gli enti predetti non provvedano ad adottare i
necessari adempimenti relativi ai propri strumenti urbanistici entro sei mesi
dalla data di comunicazione delle predette disposizioni, e comunque entro nove
mesi dalla pubblicazione dell'approvazione del Piano di bacino, all'adeguamento
provvedono d'ufficio le regioni.
7. In attesa dell'approvazione del Piano di
bacino, le Autorità di
bacino adottano misure di salvaguardia con particolare riferimento ai bacini
montani, ai torrenti di alta valle ed ai corsi d'acqua di fondo valle ed ai
contenuti di cui alle lettere b), e), f), m) ed n) del comma 3. Le misure di
salvaguardia sono immediatamente vincolanti e restano in vigore sino all'approvazione
del Piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni. In
caso di mancata attuazione o di inosservanza, da parte delle regioni, delle
province e dei comuni, delle misure di salvaguardia, e qualora da ciò possa
derivare un grave danno al territorio, il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi
nella diffida medesima, adotta con ordinanza cautelare le necessarie misure
provvisorie di salvaguardia, anche con efficacia inibitoria di opere, di lavori
o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni
competenti. Se la m ancata attuazione o l'inosservanza di cui al presente comma
riguarda un ufficio periferico dello Stato, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio informa senza indugio il Ministro competente da cui l'ufficio
dipende, il quale assume le misure necessarie per assicurare l'adempimento.
Se permane la necessità di un intervento cautelare per evitare un grave
danno al territorio, il Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio, adotta l'ordinanza cautelare di cui al presente
comma.
8. I piani di bacino possono essere redatti ed approvati anche per sottobacini
o per stralci relativi a settori funzionali, che, in ogni caso, devono costituire
fasi sequenziali e interrelate rispetto ai contenuti di cui al comma 3. Deve
comunque essere garantita la considerazione sistemica del territorio e devono
essere disposte, ai sensi del comma 7, le opportune misure inibitorie e cautelari
in relazione agli aspetti non ancora compiutamente disciplinati.
9. Dall'attuazione
del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica.
ART. 66
(adozione ed approvazione dei piani di bacino)
1. I piani di bacino, prima della loro approvazione, sono sottoposti a valutazione
ambientale strategica (VAS) in sede statale, secondo la procedura prevista
dalla parte seconda del presente decreto.
2. Il Piano di bacino, corredato
dal relativo rapporto ambientale ai fini di cui al comma 1, e' adottato a maggioranza
dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63, comma 4 che,
con propria deliberazione, contestualmente stabilisce:
a) i termini per l'adozione
da parte delle regioni dei provvedimenti conseguenti;
b) quali componenti del
piano costituiscono interesse esclusivo delle singole regioni e quali costituiscono
interessi comuni a due o più regioni.
3. Il Piano di bacino, corredato
dal relativo rapporto ambientale di cui al comma 2, e' inviato ai componenti
della Conferenza istituzionale permanente almeno venti giorni prima della data
fissata per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera
di adozione deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle
opinioni dissenzienti espresse nel corso della conferenza.
4. In caso di inerzia
in ordine agli adempimenti regionali, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, previa
diffida ad adempiere entro un congruo termine e sentita la regione interessata,
assume i provvedimenti necessari, ivi compresa la nomina di un commissario "ad
acta", per garantire comunque lo
svolgimento delle procedure e l'adozione degli atti necessari per la formazione
del piano.
5. Dell'adozione del piano e' data notizia secondo le forme e con
le modalità previste
dalla parte seconda del presente decreto ai fini dell'esperimento della procedura
di valutazione ambientale strategica (VAS) in sede statale.
6. Conclusa la
procedura di valutazione ambientale strategica (VAS), sulla base del giudizio
di compatibilità ambientale espresso dall'autorità competente,
i piani di bacino sono approvati con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, con le modalità di cui all'articolo 57, comma 1, lettera a),
numero 2), e sono poi pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nei Bollettini
Ufficiali delle regioni territorialmente competenti.
7. Le Autorità di
bacino promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate all'elaborazione,
al riesame e all'aggiornamento dei piani di bacino, provvedendo affinche',
per ciascun distretto idrografico, siano pubblicati e resi disponibili per
eventuali osservazioni del pubblico, inclusi gli utenti, concedendo un periodo
minimo di sei mesi per la presentazione di osservazioni scritte, i seguenti
documenti:
a) il calendario e il programma di lavoro per la presentazione del
piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive che devono essere
prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce;
b)
una valutazione globale provvisoria dei principali problemi di gestione delle
acque, identificati nel bacino idrografico almeno due anni prima dell'inizio
del periodo cui si riferisce il piano;
c) copie del progetto del piano di bacino,
almeno un anno prima dell'inizio del periodo cui il piano si riferisce.
ART. 67
(i piani stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico e le misure di prevenzione
per le aree a rischio)
1. Nelle more dell'approvazione dei piani di bacino, le Autorità di
bacino adottano, ai sensi dell'articolo 65, comma 8, piani stralcio di distretto
per l'assetto idrogeologico (PAI), che contengano in particolare l'individuazione
delle aree a rischio idrogeologico, la perimetrazione delle aree da sottoporre
a misure di salvaguardia e la determinazione delle misure medesime.
2. Le Autorità di
bacino, anche in deroga alle procedure di cui all'articolo 66, approvano altresì piani
straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio
idrogeologico, redatti anche sulla base delle proposte delle regioni e degli
enti locali. I piani straordinari devono ricomprendere prioritariamente le
aree a rischio idrogeologico per le quali e' stato dichiarato lo stato di emergenza,
ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225. I piani straordinari
contengono in particolare l'individuazione e la perimetrazione delle aree a
rischio idrogeologico molto elevato per l'incolumità delle
persone e per la sicurezza delle infrastrutture e del patrimonio ambientale
e culturale. Per tali aree sono adottate le misure di salvaguardia ai sensi
dell'articolo 65, comma 7, anche con riferimento ai contenuti di cui al comma
3, lettera d), del medesimo articolo 65. In caso di inerzia da parte delle
Autorità di bacino, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Comitato dei Ministri, di cui all'articolo 57, comma 2, adotta gli atti
relativi all'individuazione, alla perimetrazione e alla salvaguardia delle
predette aree. Qualora le misure di salvaguardia siano adottate in assenza
dei piani stralcio di cui al comma 1, esse rimangono in vigore sino all'approvazione
di detti piani. I piani straordinari approvati possono essere integrati e modificati
con le stesse modalità di cui al presente comma, in particolare con
riferimento agli interventi realizzati ai fini della messa in sicurezza delle
aree interessate.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, comma
2, tenendo conto dei programmi già adottati da parte delle Autorità di
bacino e dei piani straordinari di cui al comma 2 del presente articolo, definisce,
d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, programmi di interventi urgenti,
anche attraverso azioni di manutenzione dei distretti idrografici, per la riduzione
del rischio idrogeologico nelle zone in cui la maggiore vulnerabilità del
territorio e' connessa con più elevati pericoli per le persone, le cose
ed il patrimonio ambientale, con priorità per le aree ove e' stato dichiarato
lo stato di emergenza, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992,
n. 225. Per la realizzazione degli interventi possono essere adottate, su proposta
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, e d'intesa con le regioni interessate, le ordinanze
di cui all'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
4. Per
l'attività istruttoria relativa agli adempimenti di cui ai commi
1, 2 e 3, i Ministri competenti si avvalgono, senza nuovi o maggiori oneri
per la finanza pubblica, del Dipartimento della protezione civile, nonche'
della collaborazione del Corpo forestale dello Stato, delle regioni, delle
Autorità di bacino, del Gruppo nazionale per la difesa dalle catastrofi
idrogeologiche del Consiglio nazionale delle ricerche e, per gli aspetti ambientali,
del Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), per quanto
di rispettiva competenza.
5. Entro sei mesi dall'adozione dei provvedimenti
di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, gli organi di protezione civile provvedono a predisporre,
per le aree a rischio idrogeologico, con priorità assegnata a quelle
in cui la maggiore vulnerabilità del territorio e' connessa con più elevati
pericoli per le persone, le cose e il patrimonio ambientale, piani urgenti
di emergenza contenenti le misure per la salvaguardia dell'incolumità delle
popolazioni interessate, compreso il preallertamento, l'allarme e la messa
in salvo preventiva.
6. Nei piani stralcio di cui al comma 1 sono individuati
le infrastrutture e i manufatti che determinano il rischio idrogeologico. Sulla
base di tali individuazioni, le regioni stabiliscono le misure di incentivazione
a cui i soggetti proprietari possono accedere al fine di adeguare le infrastrutture
e di rilocalizzare fuori dall'area a rischio le attività produttive
e le abitazioni private. A tale fine le regioni, acquisito il parere degli
enti locali interessati, predispongono, con criteri di priorità connessi
al livello di rischio, un piano per l'adeguamento delle infrastrutture, determinandone
altresì un congruo termine, e per la concessione di incentivi finanziari
per la rilocalizzazione delle attività produttive e delle abitazioni
private realizzate in conformità alla normativa urbanistica edilizia
o condonate. Gli incentivi sono attivati nei limiti della quota dei fondi introitati
ai sensi dell'articolo 86, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998,
n. 112, e riguardano anche gli oneri per la demo lizione dei manufatti; il
terreno di risulta viene acquisito al patrimonio indisponibile dei comuni.
All'abbattimento dei manufatti si provvede con le modalità previste
dalla normativa vigente. Ove i soggetti interessati non si avvalgano della
facoltà di usufruire delle predette incentivazioni, essi decadono da
eventuali benefici connessi ai danni derivanti agli insediamenti di loro proprietà in
conseguenza del verificarsi di calamità naturali.
7. Gli atti di cui
ai commi 1, 2 e 3 del presente articolo devono contenere l'indicazione dei
mezzi per la loro realizzazione e della relativa copertura finanziaria.
ART. 68
(procedura per l'adozione dei progetti di piani stralcio)
1. I progetti di piano stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, di
cui al comma 1 del articolo 67, non sono sottoposti a valutazione ambientale
strategica (VAS) e sono adottati con le modalità di cui all'articolo
66.
2. L'adozione dei piani stralcio per l'assetto idrogeologico deve avvenire,
sulla base degli atti e dei pareri disponibili, entro e non oltre sei mesi
dalla data di adozione del relativo progetto di piano.
3. Ai fini dell'adozione
ed attuazione dei piani stralcio e della necessaria coerenza tra pianificazione
di distretto e pianificazione territoriale, le regioni convocano una conferenza
programmatica, articolata per sezioni provinciali, o per altro ambito territoriale
deliberato dalle regioni stesse, alla quale partecipano le province ed i comuni
interessati, unitamente alla regione e ad un rappresentante dell'Autorità di
bacino.
4. La conferenza di cui al comma 3 esprime un parere sul progetto di
piano con particolare riferimento alla integrazione su scala provinciale e
comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche
ed urbanistiche.
CAPO III
GLI INTERVENTI
ART. 69
(programmi di intervento)
1. I piani di bacino sono attuati attraverso programmi triennali di intervento
che sono redatti tenendo conto degli indirizzi e delle finalità dei
piani medesimi e contengono l'indicazione dei mezzi per farvi fronte e della
relativa copertura finanziaria.
2. I programmi triennali debbono destinare
una quota non inferiore al quindici per cento degli stanziamenti complessivamente
a:
a) interventi di manutenzione ordinaria delle opere, degli impianti e dei
beni, compresi mezzi, attrezzature e materiali dei cantieri-officina e dei
magazzini idraulici;
b) svolgimento del servizio di polizia idraulica, di navigazione
interna, di piena e di pronto intervento idraulico;
c) compilazione ed aggiornamento
dei piani di bacino, svolgimento di studi, rilevazioni o altro nelle materie
riguardanti la difesa del suolo, redazione dei progetti generali, degli studi
di fattibilità, dei progetti di opere
e degli studi di valutazione dell'impatto ambientale delle opere principali.
3. Le regioni, conseguito il parere favorevole della Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono provvedere con propri stanziamenti
alla realizzazione di opere e di interventi previsti dai piani di bacino, sotto
il controllo della predetta conferenza.
4. Le province, i comuni, le comunità montane
e gli altri enti pubblici, previa autorizzazione della Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4, possono concorrere con propri stanziamenti
alla realizzazione di opere e interventi previsti dai piani di bacino.
ART. 70
(adozione dei programmi)
1. I programmi di intervento sono adottati dalla Conferenza istituzionale
permanente di cui all'articolo 63, comma 4; tali programmi sono inviati ai
componenti della conferenza stessa almeno venti giorni prima della data fissata
per la conferenza; in caso di decisione a maggioranza, la delibera di adozione
deve fornire una adeguata ed analitica motivazione rispetto alle opinioni dissenzienti
espresse in seno alla conferenza.
2. La scadenza di ogni programma triennale
e' stabilita al 31 dicembre dell'ultimo anno del triennio e le somme autorizzate
per l'attuazione del programma per la parte eventualmente non ancora impegnata
alla predetta data sono destinate ad incrementare il fondo del programma triennale
successivo per l'attuazione degli interventi previsti dal programma triennale
in corso o dalla sua revisione.
3. Entro il 31 dicembre del penultimo anno
del programma triennale in corso, i nuovi programmi di intervento relativi
al triennio successivo, adottati secondo le modalità di cui al comma
1, sono trasmessi al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
affinche', entro il successivo 3 giugno, sulla base delle previsioni contenute
nei programmi e sentita la Conferenza Stato-regioni, trasmetta al Ministro
dell'economia e delle finanze l'indicazione del fabbisogno finanziario per
il successivo triennio, ai fini della predisposizione del disegno di legge
finanziaria.
4. Gli interventi previsti dai programmi triennali sono di norma
attuati in forma integrata e coordinata dai soggetti competenti, in base ad
accordi di programma ai sensi dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267.
ART. 71
(attuazione degli interventi)
1. Le funzioni di studio e di progettazione e tecnico-organizzative attribuite
alle Autorità di bacino possono essere esercitate anche mediante affidamento
di incarichi ad istituzioni universitarie, liberi professionisti o organizzazioni
tecnico-professionali specializzate, in conformità ad apposite direttive
impartite dalla Conferenza istituzionale permanente di cui all'articolo 63,
comma 4.
2. L'esecuzione di opere di pronto intervento può avere carattere
definitivo quando l'urgenza del caso lo richiede.
3. Tutti gli atti di concessione
per l'attuazione di interventi ai sensi della presente sezione sono soggetti
a registrazione a tassa fissa.
ART. 72
(finanziamento)
1. Ferme restando le entrate connesse alle attività di manutenzione
ed esercizio delle opere idrauliche, di bonifica e di miglioria fondiaria,
gli interventi previsti dalla presente sezione sono a totale carico dello Stato
e si attuano mediante i programmi triennali di cui all'articolo 69.
2. Per
le finalità di cui al comma 1, si provvede ai sensi dell'articolo
11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n. 468. I predetti stanziamenti
sono iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle
finanze fino all'espletamento della procedura di ripartizione di cui ai commi
3 e 4 del presente articolo sulla cui base il Ministro dell'economia e delle
finanze apporta, con proprio decreto, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Il Comitato dei Ministri di cui all'articolo 57, sentita la Conferenza Stato-regioni,
predispone lo schema di programma nazionale di intervento per il triennio e
la ripartizione degli stanziamenti tra le Amministrazioni dello Stato e le
regioni, tenendo conto delle priorità indicate nei singoli
programmi ed assicurando, ove necessario, il coordinamento degli interventi.
A valere sullo stanziamento complessivo autorizzato, lo stesso Comitato dei
Ministri propone l'ammontare di una quota di riserva da destinare al finanziamento
dei programmi per l'adeguamento ed il potenziamento funzionale, tecnico e scientifico
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
4. Il programma nazionale di intervento e la ripartizione degli stanziamenti,
ivi inclusa la quota di riserva a favore dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici (APAT), sono approvati dal Presidente del Consiglio
dei Ministri, ai sensi dell'articolo 57.
5. Il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio, entro trenta giorni dall'approvazione del programma
triennale nazionale, su proposta della Conferenza Stato-regioni, individua
con proprio decreto le opere di competenza regionale, che rivestono grande
rilevanza tecnico-idraulica per la modifica del reticolo idrografico principale
e del demanio idrico, i cui progetti devono essere sottoposti al parere del
Consiglio superiore dei lavori pubblici, da esprimere entro novanta giorni
dalla richiesta.
SEZIONE II
TUTELA DELLE ACQUE DALL'INQUINAMENTO
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
ART. 73
(finalità)
1. Le disposizioni di cui alla presente sezione definiscono la disciplina
generale per la tutela delle acque superficiali, marine e sotterranee perseguendo
i seguenti obiettivi:
a) prevenire e ridurre l'inquinamento e attuare il risanamento
dei corpi idrici inquinati;
b) conseguire il miglioramento dello stato delle
acque ed adeguate protezioni di quelle destinate a particolari usi;
c) perseguire
usi sostenibili e durevoli delle risorse idriche, con priorità per
quelle potabili;
d) mantenere la capacità naturale di autodepurazione
dei corpi idrici, nonche' la capacità di sostenere comunità animali
e vegetali ampie e ben diversificate;
e) mitigare gli effetti delle inondazioni
e della siccità contribuendo
quindi a:
1) garantire una fornitura sufficiente di acque superficiali e sotterranee
di buona qualità per un utilizzo idrico sostenibile, equilibrato ed
equo;
2) ridurre in modo significativo l'inquinamento delle acque sotterranee;
3)
proteggere le acque territoriali e marine e realizzare gli obiettivi degliaccordi
internazionali in materia, compresi quelli miranti a impedire ed eliminare
l'inquinamento dell'ambiente marino, allo scopo di arrestare o eliminare gradualmente
gli scarichi, le emissioni e le perdite di sostanze pericolose prioritarie
al fine ultimo di pervenire a concentrazioni, nell'ambiente marino, vicine
ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti in natura e vicine allo
zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
f) impedire un ulteriore deterioramento,
proteggere e migliorare lo stato degli ecosistemi acquatici, degli ecosistemi
terrestri e delle zone umide direttamente dipendenti dagli ecosistemi acquatici
sotto il profilo del fabbisogno idrico.
2. Il raggiungimento degli obiettivi
indicati al comma 1 si realizza attraverso i seguenti strumenti:
a) l'individuazione
di obiettivi di qualità ambientale e per specifica
destinazione dei corpi idrici;
b) la tutela integrata degli aspetti qualitativi
e quantitativi nell'ambito di ciascun distretto idrografico ed un adeguato
sistema di controlli e di sanzioni;
c) il rispetto dei valori limite agli scarichi
fissati dallo Stato, nonche' la definizione di valori limite in relazione agli
obiettivi di qualità del
corpo recettore;
d) l'adeguamento dei sistemi di fognatura, collettamento e
depurazione degli scarichi idrici, nell'ambito del servizio idrico integrato;
e)
l'individuazione di misure per la prevenzione e la riduzione dell'inquinamento
nelle zone vulnerabili e nelle aree sensibili;
f) l'individuazione di misure
tese alla conservazione, al risparmio, al riutilizzo ed al riciclo delle risorse
idriche;
g) l'adozione di misure per la graduale riduzione degli scarichi, delle
emissioni e di ogni altra fonte di inquinamento diffuso contenente sostanze
pericolose o per la graduale eliminazione degli stessi allorche' contenenti
sostanze pericolose prioritarie, contribuendo a raggiungere nell'ambiente marino
concentrazioni vicine ai valori del fondo naturale per le sostanze presenti
in natura e vicine allo zero per le sostanze sintetiche antropogeniche;
h) l'adozione
delle misure volte al controllo degli scarichi e delle emissioni nelle acque
superficiali secondo un approccio combinato.
3. Il perseguimento delle finalità e
l'utilizzo degli strumenti di cui ai commi 1 e 2, nell'ambito delle risorse
finanziarie previste dalla legislazione vigente, contribuiscono a proteggere
le acque territoriali e marine e a realizzare gli obiettivi degli accordi internazionali
in materia.
ART. 74
(definizioni)
1. Ai fini della presente sezione si intende per:
a) abitante equivalente:
il carico organico biodegradabile avente una richiesta biochimica di ossigeno
a 5 giorni (BOD5) pari a 60 grammi di ossigeno al giorno;
b) acque ciprinicole:
le acque in cui vivono o possono vivere pesci appartenenti ai ciprinidi (Cyprinidae)
o a specie come i lucci, i pesci persici e le anguille;
c) acque costiere:
le acque superficiali situate all'interno rispetto a una retta immaginaria
distante, in ogni suo punto, un miglio nautico sul lato esterno dal punto più vicino
della linea di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque
territoriali e che si estendono eventualmente fino al limite esterno delle
acque di transizione;
d) acque salmonicole: le acque in cui vivono o possono
vivere pesci appartenenti a specie come le trote, i temoli e i coregoni;
e) estuario:
l'area di transizione tra le acque dolci e le acque costiere alla foce di un
fiume, i cui limiti esterni verso il mare sono definiti con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio; in via transitoria tali limiti
sono fissati a cinquecento metri dalla linea di costa;
f) acque dolci: le acque
che si presentano in natura con una concentrazione di sali tale da essere considerate
appropriate per l'estrazione e il trattamento al fine di produrre acqua potabile;
g)
acque reflue domestiche: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo residenziale
e da servizi e derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche;
h)
acque reflue industriali: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici
od installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di
produzione di beni, differenti qualitativamente dalle acque reflue domestiche
e da quelle meteoriche di dilavamento, intendendosi per tali anche quelle venute
in contatto con sostanze o materiali, anche inquinanti, non connessi con le
attività esercitate nello stabilimento;
i) acque reflue urbane: il miscuglio
di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle meteoriche
di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti
da agglomerato;
l) acque sotterranee: tutte le acque che si trovano al di sotto
della superficie del suolo, nella zona di saturazione e in diretto contatto
con il suolo e il sottosuolo;
m) acque termali: le acque minerali naturali di
cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), della legge 24 ottobre 2000, n. 323,
utilizzate per le finalità consentite
dalla stessa legge;
n) agglomerato: l'area in cui la popolazione, ovvero le
attività produttive,
sono concentrate in misura tale da rendere ammissibile, sia tecnicamente che
economicamente in rapporto anche ai benefici ambientali conseguibili, la raccolta
e il convogliamento in una fognatura dinamica delle acque reflue urbane verso
un sistema di trattamento o verso un punto di recapito finale;
o) applicazione
al terreno: l'apporto di materiale al terreno mediante spandimento e/o mescolamento
con gli strati superficiali, iniezione, interramento;
p) utilizzazione agronomica:
la gestione di effluenti di allevamento, acque di vegetazione residuate dalla
lavorazione delle olive, acque reflue provenienti da aziende agricole e piccole
aziende agro-alimentari, dalla loro produzione fino all'applicazione al terreno
ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo, finalizzati all'utilizzo delle
sostanze nutritive e ammendanti nei medesimi contenute;
q) autorità d'ambito:
la forma di cooperazione tra comuni e province per l'organizzazione del servizio
idrico integrato;
r) gestore del servizio idrico integrato: il soggetto che
gestisce il servizio idrico integrato in un ambito territoriale ottimale ovvero
il gestore esistente del servizio pubblico soltanto fino alla piena operatività del
servizio idrico integrato;
s) bestiame: tutti gli animali allevati per uso o
profitto;
t) composto azotato: qualsiasi sostanza contenente azoto, escluso
quello allo stato molecolare gassoso;
u) concimi chimici: qualsiasi fertilizzante
prodotto mediante procedimento industriale;
v) effluente di allevamento: le deiezioni
del bestiame o una miscela di lettiera e di deiezione di bestiame, anche sotto
forma di prodotto trasformato, ivi compresi i reflui provenienti da attività di
piscicoltura;
z) eutrofizzazione: arricchimento delle acque di nutrienti, in
particolare modo di composti dell'azoto e/o del fosforo, che provoca una abnorme
proliferazione di alghe e/o di forme superiori di vita vegetale, producendo
la perturbazione dell'equilibrio degli organismi presenti nell'acqua e della
qualità delle
acque interessate;
aa) fertilizzante: fermo restando quanto disposto dalla legge
19 ottobre 1984, n. 748, le sostanze contenenti uno o più composti azotati,
compresi gli effluenti di allevamento, i residui degli allevamenti ittici e
i fanghi, sparse sul terreno per stimolare la crescita della vegetazione;
bb)
fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti
di trattamento delle acque reflue urbane;
cc) inquinamento: l'introduzione diretta
o indiretta, a seguito di attività umana,
di sostanze o di calore nell'aria, nell'acqua o nel terreno che possono nuocere
alla salute umana o alla qualità degli ecosistemi acquatici o degli
ecosistemi terrestri che dipendono direttamente da ecosistemi acquatici, perturbando,
deturpando o deteriorando i valori ricreativi o altri legittimi usi dell'ambiente;
dd)
rete fognaria: il sistema di canalizzazioni, generalmente sotterranee, per
la raccolta e il convogliamento delle acque reflue domestiche, industriali
ed urbane fino al recapito finale;
ee) fognatura separata: la rete fognaria
costituita da due canalizzazioni, la prima delle quali adibita alla raccolta
ed al convogliamento delle sole acque meteoriche di dilavamento, e dotata o
meno di dispositivi per la raccolta e la separazione delle acque di prima pioggia,
e la seconda adibita alla raccolta ed al convogliamento delle acque reflue
urbane unitamente alle eventuali acque di prima pioggia;
ff) scarico: qualsiasi
immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo
e in rete fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte
a preventivo trattamento di depurazione. Sono esclusi i rilasci di acque previsti
all'articolo 114;
gg) acque di scarico: tutte le acque reflue provenienti da
uno scarico;
hh) scarichi esistenti: gli scarichi di acque reflue urbane che alla
data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e conformi al regime autorizzativo
previgente e gli scarichi di impianti di trattamento di acque reflue urbane
per i quali alla stessa data erano già state completate tutte le procedure
relative alle gare di appalto e all'affidamento dei lavori, nonche' gli scarichi
di acque reflue domestiche che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio
e conformi al previgente regime autorizzativo e gli scarichi di acque reflue
industriali che alla data del 13 giugno 1999 erano in esercizio e già autorizzati;
ii)
trattamento appropriato: il trattamento delle acque reflue urbane mediante
un processo ovvero un sistema di smaltimento che, dopo lo scarico, garantisca
la conformità dei corpi idrici recettori ai relativi obiettivi di qualità ovvero
sia conforme alle disposizioni della parte terza del presente decreto;
ll) trattamento
primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione
dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a
seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia
ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per
cento;
mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante
un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione
secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i
requisiti di cui alla tabella 1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto;
nn) stabilimento industriale, stabilimento: tutta l'area sottoposta
al controllo di un unico gestore, nella quale si svolgono attività commerciali
o industriali che comportano la produzione, la trasformazione e/o l'utilizzazione
delle sostanze di cui all'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto,
ovvero qualsiasi altro processo produttivo che comporti la presenza di tali
sostanze nello scarico;
oo) valore limite di emissione: limite di accettabilità di
una sostanza inquinante contenuta in uno scarico, misurata in concentrazione,
oppure in massa per unità di prodotto o di materia prima lavorata, o
in massa per unità di tempo;
pp) zone vulnerabili: zone di territorio
che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola
o zootecnica in acque già inquinate
o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali tipi di scarichi.
2. Ai fini
della presente sezione si intende inoltre per:
a) acque superficiali: le acque
interne ad eccezione di quelle sotterranee, le acque di transizione e le acque
costiere, tranne per quanto riguarda lo stato chimico, in relazione al quale
sono incluse anche le acque territoriali;
b) acque interne: tutte le acque superficiali
correnti o stagnanti, e tutte le acque sotterranee all'interno della linea
di base che serve da riferimento per definire il limite delle acque territoriali;
c)
fiume: un corpo idrico interno che scorre prevalentemente in superficie ma
che può essere parzialmente sotterraneo;
d) lago: un corpo idrico superficiale
interno fermo;
e) acque di transizione: i corpi idrici superficiali in prossimità della
foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro
vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente influenzate dai flussi di
acqua dolce;
f) corpo idrico artificiale: un corpo idrico superficiale creato
da un'attività umana;
g) corpo idrico fortemente modificato: un corpo
idrico superficiale la cui natura, a seguito di alterazioni fisiche dovute
a un'attività umana,
e' sostanzialmente modificata, come risulta dalla designazione fattane dall'autorità competente
in base alle disposizioni degli articoli 118 e 120;
h) corpo idrico superficiale:
un elemento distinto e significativo di acque superficiali, quale un lago,
un bacino artificiale, un torrente, fiume o canale, parte di un torrente, fiume
o canale, acque di transizione o un tratto di acque costiere;
i) falda acquifera:
uno o più strati sotterranei di roccia o altri
strati geologici di porosità e permeabilità sufficiente da consentire
un flusso significativo di acque sotterranee o l'estrazione di quantità significative
di acque sotterranee;
l) corpo idrico sotterraneo: un volume distinto di acque
sotterranee contenute da una o più falde acquifere;
m) bacino idrografico:
il territorio nel quale scorrono tutte le acque superficiali attraverso una
serie di torrenti, fiumi ed eventualmente laghi per sfociare al mare in un'unica
foce, a estuario o delta;
n) sotto-bacino idrografico: il territorio nel quale
scorrono tutte le acque superficiali attraverso una serie di torrenti, fiumi
e laghi per sfociare in un punto specifico di un corso d'acqua, di solito un
lago o la confluenza di un fiume;
o) distretto idrografico: l'area di terra
e di mare, costituita da uno o più bacini
idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere che costituisce
la principale unità per la gestione dei bacini idrografici;
p) stato
delle acque superficiali: l'espressione complessiva dello stato di un corpo
idrico superficiale, determinato dal valore più basso del suo
stato ecologico e chimico;
q) buono stato delle acque superficiali: lo stato
raggiunto da un corpo idrico superficiale qualora il suo stato, tanto sotto
il profilo ecologico quanto sotto quello chimico, possa essere definito almeno "buono";
r)
stato delle acque sotterranee: l'espressione complessiva dello stato di un
corpo idrico sotterraneo, determinato dal valore più basso del suo
stato quantitativo e chimico;
s) buono stato delle acque sotterranee: lo stato
raggiunto da un corpo idrico sotterraneo qualora il suo stato, tanto sotto
il profilo quantitativo quanto sotto quello chimico, possa essere definito
almeno "buono";
t) stato ecologico: l'espressione della qualità della
struttura e del funzionamento degli ecosistemi acquatici associati alle acque
superficiali, classificato a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto;
u) buono stato ecologico: lo stato di un corpo idrico superficiale
classificato in base all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
v)
buon potenziale ecologico: lo stato di un corpo idrico artificiale o fortemente
modificato, così classificato in base alle disposizioni pertinenti dell'Allegato
1 alla parte terza del presente decreto;
z) buono stato chimico delle acque
superficiali: lo stato chimico richiesto per conseguire gli obiettivi ambientali
per le acque superficiali fissati dal presento, ossia lo stato raggiunto da
un corpo idrico superficiale nel quale la concentrazione degli inquinanti noti
supera gli standard di qualità ambientali
fissati dall'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A
ed ai sensi della parte terza del presente decreto;
aa) buono stato chimico
delle acque sotterranee: lo stato chimico di un corpo idrico sotterraneo che
risponde a tutte le condizioni di cui alla tabella B.3.2 dell'Allegato 1 alla
parte terza del presente decreto;
bb) stato quantitativo: l'espressione del
grado in cui un corpo idrico sotterraneo e' modificato da estrazioni dirette
e indirette;
cc) risorse idriche sotterranee disponibili: il risultato della
velocità annua
media di ravvenamento globale a lungo termine del corpo idrico sotterraneo
meno la velocità annua media a lungo termine del flusso necessario per
raggiungere gli obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali
connesse, di cui all'articolo 76, al fine di evitare un impoverimento significativo
dello stato ecologico di tali acque, nonche' danni rilevanti agli ecosistemi
terrestri connessi;
dd) buono stato quantitativo: stato definito nella tabella
B.1.2 dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
ee) sostanze pericolose:
le sostanze o gruppi di sostanze tossiche, persistenti e bio-accumulabili e
altre sostanze o gruppi di sostanze che danno adito a preoccupazioni analoghe;
ff)
sostanze prioritarie e sostanze pericolose prioritarie: le sostanze individuate
con disposizioni comunitarie ai sensi dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE;
gg)
inquinante: qualsiasi sostanza che possa inquinare, in particolare quelle elencate
nell'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto;
hh) immissione diretta
nelle acque sotterranee: l'immissione di inquinanti nelle acque sotterranee
senza infiltrazione attraverso il suolo o il sottosuolo;
ii) obiettivi ambientali:
gli obiettivi fissati dal titolo II della parte terza del presente decreto;
ll)
standard di qualità ambientale: la concentrazione di un particolare
inquinante o gruppo di inquinanti nelle acque, nei sedimenti e nel biota che
non deve essere superata per tutelare la salute umana e l'ambiente;
mm) approccio
combinato: l'insieme dei controlli, da istituire o realizzare, salvo diversa
indicazione delle normative di seguito citate, entro il 22 dicembre 2012, riguardanti
tutti gli scarichi nelle acque superficiali, comprendenti i controlli sulle
emissioni basati sulle migliori tecniche disponibili, quelli sui pertinenti
valori limite di emissione e, in caso di impatti diffusi, e quelli comprendenti,
eventualmente, le migliori prassi ambientali; tali controlli sono quelli stabiliti:
1)
nel decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, sulla prevenzione e la riduzione
integrate dell'inquinamento;
2) nella parte terza del presente decreto in materia
di acque reflue urbane, nitrati provenienti da fonti agricole, sostanze che
presentano rischi significativi per l'ambiente acquatico o attraverso l'ambiente
acquatico, inclusi i rischi per le acque destinate alla produzione di acqua
potabile e di scarichi di Hg, Cd, HCH, DDT, PCP, aldrin, dieldrin, endrin,
HCB, HCBD, cloroformio, tetracloruro di carbonio, EDC, tricloroetilene, TCB
e percloroetilene;
nn) acque destinate al consumo umano: le acque disciplinate
dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31;
oo) servizi idrici: tutti i
servizi che forniscono alle famiglie, agli enti pubblici o a qualsiasi attività economica:
1) estrazione, arginamento, stoccaggio, trattamento e distribuzione, di acque
superficiali o sotterranee,
2) strutture per la raccolta e il trattamento delle
acque reflue, che successivamente scaricano nelle acque superficiali;
pp) utilizzo
delle acque: i servizi idrici unitamente agli altri usi risultanti dall'attività conoscitiva
di cui all'articolo 118 che incidono in modo significativo sullo stato delle
acque. Tale nozione si applica ai fini dell'analisi economica di cui all'Allegato
10 alla parte terza del presente decreto;
qq) valori limite di emissione: la
massa espressa in rapporto a determinati parametri specifici, la concentrazione
e/o il livello di un'emissione che non devono essere superati in uno o più periodi
di tempo. I valori limite di emissione possono essere fissati anche per determinati
gruppi, famiglie o categorie di sostanze. I valori limite di emissione delle
sostanze si applicano di norma nel punto di fuoriuscita delle emissioni dall'impianto,
senza tener conto dell'eventuale diluizione; per gli scarichi indiretti nell'acqua,
l'effetto di una stazione di depurazione di acque reflue può essere
preso in considerazione nella determinazione dei valori limite di emissione
dell'impianto, a condizione di garantire un livello equivalente di protezione
dell'ambiente nel suo insieme e di non portare a carichi inquinanti maggiori
nell'ambiente;
rr) controlli delle emissioni: i controlli che comportano una
limitazione specifica delle emissioni, ad esempio un valore limite delle emissioni,
oppure che definiscono altrimenti limiti o condizioni in merito agli effetti,
alla natura o ad altre caratteristiche di un'emissione o condizioni operative
che influiscono sulle emissioni;
ss) costi ambientali: i costi legati ai danni
che l'utilizzo stesso delle risorse idriche causa all'ambiente, agli ecosistemi
e a coloro che usano l'ambiente;
tt) costi della risorsa: i costi delle mancate
opportunità imposte
ad altri utenti in conseguenza dello sfruttamento intensivo delle risorse al
di là del loro livello di ripristino e ricambio naturale;
uu) impianto:
l'unità tecnica permanente in cui sono svolte una o più attività di
cui all'Allegato I del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e qualsiasi
altra attività accessoria, che siano tecnicamente connesse con le attività svolte
in uno stabilimento e possano influire sulle emissioni e sull'inquinamento;
nel caso di attività non rientranti nel campo di applicazione del decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'impianto si identifica nello stabilimento.
Nel caso di attività di cui all'Allegato I del predetto decreto, l'impianto
si identifica con il complesso assoggettato alla disciplina della prevenzione
e controllo integrati dell'inquinamento.
ART. 75
(competenze)
1 Nelle materie disciplinate dalle disposizioni della presente sezione:
a)
lo Stato esercita le competenze ad esso spettanti per la tutela dell'ambiente
e dell'ecosistema attraverso il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
fatte salve le competenze in materia igienico-sanitaria spettanti al Ministro
della salute;
b) le regioni e gli enti locali esercitano le funzioni e i compiti
ad essi spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate
e nel rispetto delle attribuzioni statali.
2. Con riferimento alle funzioni
e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata
inattività che comporti inadempimento
agli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea, pericolo di grave
pregiudizio alla salute o all'ambiente oppure inottemperanza ad obblighi di
informazione, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio per materia, assegna all'ente inadempiente
un congruo termine per provvedere, decorso inutilmente il quale il Consiglio
dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede
in via sostitutiva. Gli oneri economici connessi all'attività di sostituzione
sono a carico dell'ente inadempiente. Restano fermi i poteri di ordinanza previsti
dall'ordinamento in caso di urgente necessità e le disposizioni in materia
di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente, nonche' quanto disposto
dall'articolo 132.
3. Le prescrizioni tecniche necessarie all'attuazione della
parte terza del presente decreto sono stabilite negli Allegati al decreto stesso
e con uno o più regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma
3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio previa intesa con la Conferenza Stato-regioni;
attraverso i medesimi regolamenti possono altresì essere modificati
gli Allegati alla parte terza del presente decreto per adeguarli a sopravvenute
esigenze o a nuove acquisizioni scientifiche o tecnologiche.
4. Con decreto
dei Ministri competenti per materia si provvede alla modifica degli Allegati
alla parte terza del presente decreto per dare attuazione alle direttive che
saranno emanate dall'Unione europea, per le parti in cui queste modifichino
modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico delle
direttive dell'Unione europea recepite dalla parte terza del presente decreto,
secondo quanto previsto dall'articolo 13 della legge 4 febbraio 2005, n. 11.
5. Le regioni assicurano la più ampia divulgazione delle informazioni
sullo stato di qualità delle acque e trasmettono al Dipartimento tutela
delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e
per i servizi tecnici (APAT) i dati conoscitivi e le informazioni relative
all'attuazione della parte terza del presente decreto, nonche' quelli prescritti
dalla disciplina comunitaria, secondo le modalità indicate con decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i
Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Il Dipartimento
tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici (APAT) elabora a livello nazionale, nell'ambito del
Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le informazioni ricevute
e le trasmette ai Ministeri interessati e al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio anche per l'invio alla Commissione europea. Con lo stesso
decreto sono individuati e disciplinati i casi in cui le regioni sono tenute
a trasmettere al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio i provvedimenti
adottati ai fini delle comunicazioni all'Unione europea o in ragione degli
obblighi internazionali assunti.
6. Le regioni favoriscono l'attiva partecipazione
di tutte le parti interessate all'attuazione della parte terza del presente
decreto in particolare in sede di elaborazione, revisione e aggiornamento dei
piani di tutela di cui all'articolo 121.
7. Le regioni provvedono affinche'
gli obiettivi di qualità di cui
agli articoli 76 e 77 ed i relativi programmi di misure siano perseguiti nei
corpi idrici ricadenti nei bacini idrografici internazionali in attuazione
di accordi tra gli stati membri interessati, avvalendosi a tal fine di strutture
esistenti risultanti da accordi internazionali.
8. Qualora il distretto idrografico
superi i confini della Comunità europea,
lo Stato e le regioni esercitano le proprie competenze adoperandosi per instaurare
un coordinamento adeguato con gli Stati terzi coinvolti, al fine realizzare
gli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto in tutto il distretto
idrografico.
9. I consorzi di bonifica e di irrigazione, anche attraverso appositi
accordi di programma con le competenti autorità, concorrono alla realizzazione
di azioni di salvaguardia ambientale e di risanamento delle acque anche al
fine della loro utilizzazione irrigua, della rinaturalizzazione dei corsi d'acqua
e della filodepurazione.
TITOLO II
OBIETTIVI DI QUALITA'
CAPO I
OBIETTIVO DI QUALITA' AMBIENTALE E OBIETTIVO DI QUALITA'
PER SPECIFICA DESTINAZIONE
ART. 76
(disposizioni generali)
1. Al fine della tutela e del risanamento delle acque superficiali e sotterranee,
la parte terza del presente decreto individua gli obiettivi minimi di qualità ambientale
per i corpi idrici significativi e gli obiettivi di qualità per specifica
destinazione per i corpi idrici di cui all'articolo 78, da garantirsi su tutto
il territorio nazionale.
2. L'obiettivo di qualità ambientale e' definito
in funzione della capacità dei corpi idrici di mantenere i processi
naturali di autodepurazione e di supportare comunità animali e vegetali
ampie e ben diversificate.
3. L'obiettivo di qualità per specifica destinazione
individua lo stato dei corpi idrici idoneo ad una particolare utilizzazione
da parte dell'uomo, alla vita dei pesci e dei molluschi.
4. In attuazione della
parte terza del presente decreto sono adottate, mediante il Piano di tutela
delle acque di cui all'articolo 121, misure atte a conseguire gli obiettivi
seguenti entro il 22 dicembre 2015;
a) sia mantenuto o raggiunto per i corpi
idrici significativi superficiali e sotterranei l'obiettivo di qualità ambientale
corrispondente allo stato di "buono";
b) sia mantenuto, ove già esistente,
lo stato di qualità ambientale "elevato" come
definito nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto;
c) siano mantenuti
o raggiunti altresì per i corpi idrici a specifica
destinazione di cui all'articolo 79 gli obiettivi di qualità per specifica
destinazione di cui all'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, salvi
i termini di adempimento previsti dalla normativa previgente.
5. Qualora per
un corpo idrico siano designati obiettivi di qualità ambientale
e per specifica destinazione che prevedono per gli stessi parametri valori
limite diversi, devono essere rispettati quelli più cautelativi quando
essi si riferiscono al conseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale;
l'obbligo di rispetto di tali valori limite decorre dal 22 dicembre 2015.
6.
Il Piano di tutela provvede al coordinamento degli obiettivi di qualità ambientale
con i diversi obiettivi di qualità per specifica destinazione.
7. Le
regioni possono definire obiettivi di qualità ambientale più elevati,
nonche' individuare ulteriori destinazioni dei corpi idrici e relativi obiettivi
di qualità.
ART. 77
(individuazione e perseguimento dell'obiettivo di qualità ambientale)
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, sulla base dei dati già acquisiti e dei risultati
del primo rilevamento effettuato ai sensi degli articoli 118 e 120, le regioni
che non vi abbiano provveduto identificano per ciascun corpo idrico significativo,
o parte di esso, la classe di qualità corrispondente ad una di quelle
indicate nell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
2. In relazione
alla classificazione di cui al comma 1, le regioni stabiliscono e adottano
le misure necessarie al raggiungimento o al mantenimento degli obiettivi di
qualità ambientale di cui all'articolo 76, comma 4, lettere a) e
b), tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove fissato sulla base delle
indicazioni delle Autorità di bacino, e assicurando in ogni caso per
tutti i corpi idrici l'adozione di misure atte ad impedire un ulteriore degrado.
3. Al fine di assicurare entro il 22 dicembre 2015 il raggiungimento dell'obiettivo
di qualità ambientale corrispondente allo stato di "buono",
entro il 31 dicembre 2008 ogni corpo idrico superficiale classificato o tratto
di esso deve conseguire almeno i requisiti dello stato di "sufficiente" di
cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
4. Le acque ricadenti
nelle aree protette devono essere conformi agli obiettivi e agli standard di
qualità fissati nell'Allegato 1 alla parte terza
del presente decreto, secondo le scadenze temporali ivi stabilite, salvo diversa
disposizione della normativa di settore a norma della quale le singole aree
sono state istituite.
5. La designazione di un corpo idrico artificiale o fortemente
modificato e la relativa motivazione sono esplicitamente menzionate nei piani
di bacino e sono riesaminate ogni sei anni. Le regioni possono definire un
corpo idrico artificiale o fortemente modificato quando:
a) le modifiche delle
caratteristiche idromorfologiche di tale corpo, necessarie al raggiungimento
di un buono stato ecologico, abbiano conseguenze negative rilevanti:
1) sull'ambiente
in senso ampio;
2) sulla navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o
sul diporto;
3) sulle attività per le quali l'acqua e' accumulata, quali
la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
4)
sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio
agricolo;
5) su altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente
importanti;
b) i vantaggi cui sono finalizzate le caratteristiche artificiali
o modificate del corpo idrico non possano, per motivi di fattibilità tecnica
o a causa dei costi sproporzionati, essere raggiunti con altri mezzi che rappresentino
un'opzione significativamente migliore sul piano ambientale.
6. Le regioni
possono motivatamente stabilire termini diversi per i corpi idrici che presentano
condizioni tali da non consentire il raggiungimento dello stato di "buono" entro
il 22 dicembre 2015, nel rispetto di quanto stabilito al comma 9 e purche'
sussista almeno uno dei seguenti motivi:
a) la portata dei miglioramenti necessari
può essere attuata, per motivi
di realizzabilità tecnica, solo in fasi che superano il periodo stabilito;
b)
il completamento dei miglioramenti entro i termini fissati sarebbe sproporzionatamente
costoso;
c) le condizioni naturali non consentono miglioramenti dello stato
del corpo idrico nei tempi richiesti.
7. Le regioni possono motivatamente stabilire
obiettivi di qualità ambientale
meno rigorosi per taluni corpi idrici, qualora ricorra almeno una delle condizioni
seguenti:
a) il corpo idrico ha subito, in conseguenza dell'attività umana,
gravi ripercussioni che rendono manifestamente impossibile o economicamente
insostenibile un significativo miglioramento dello stato qualitativo;
b) il
raggiungimento dell'obiettivo di qualità previsto non e' perseguibile
a causa della natura litologica ovvero geomorfologica del bacino di appartenenza.
8. Quando ricorrono le condizioni di cui al comma 7, la definizione di obiettivi
meno rigorosi e' consentita purche' essi non comportino l'ulteriore deterioramento
dello stato del corpo idrico e, fatto salvo il caso di cui alla lettera b)
del medesimo comma 7, purche' non sia pregiudicato il raggiungimento degli
obiettivi fissati dalla parte terza del presente decreto in altri corpi idrici
compresi nello stesso bacino idrografico.
9. Nei casi previsti dai commi 6 e
7, i Piani di tutela devono comprendere le misure volte alla tutela del corpo
idrico, ivi compresi i provvedimenti integrativi o restrittivi della disciplina
degli scarichi ovvero degli usi delle acque. I tempi e gli obiettivi, nonche'
le relative misure, sono rivisti almeno ogni sei anni ed ogni eventuale modifica
deve essere inserita come aggiornamento del piano.
10. Il deterioramento temporaneo
dello stato del corpo idrico dovuto a circostanze naturali o di forza maggiore
eccezionali e ragionevolmente imprevedibili, come alluvioni violente e siccità prolungate,
o conseguente a incidenti ragionevolmente imprevedibili, non dà luogo
una violazione delle prescrizioni della parte terza del presente decreto, purche'
ricorrano tutte le seguenti condizioni:
a) che siano adottate tutte le misure
volte ad impedire l'ulteriore deterioramento dello stato di qualità dei
corpi idrici e la compromissione del raggiungimento degli obiettivi di cui
all'articolo 76 ed al presente articolo in altri corpi idrici non interessati
alla circostanza;
b) che il Piano di tutela preveda espressamente le situazioni
in cui detti eventi possano essere dichiarati ragionevolmente imprevedibili
o eccezionali, anche adottando gli indicatori appropriati;
c) che siano previste
ed adottate misure idonee a non compromettere il ripristino della qualità del
corpo idrico una volta conclusisi gli eventi in questione;
d) che gli effetti
degli eventi eccezionali o imprevedibili siano sottoposti a un riesame annuale
e, con riserva dei motivi di cui all'articolo 76, comma 4, lettera a), venga
fatto tutto il possibile per ripristinare nel corpo idrico, non appena ciò sia
ragionevolmente fattibile, lo stato precedente tali eventi;
e) che una sintesi
degli effetti degli eventi e delle misure adottate o da adottare sia inserita
nel successivo aggiornamento del Piano di tutela.
ART. 78
(standard di qualità per l'ambiente acquatico)
1. Ai fini della tutela delle acque superficiali dall'inquinamento provocato
dalle sostanze pericolose, i corpi idrici significativi di cui all'articolo
76 devono essere conformi entro il 31 dicembre 2008 agli standard di qualità riportati
alla Tabella 1/A dell'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto, la
cui disciplina sostituisce ad ogni effetto quella di cui al decreto ministeriale
6 novembre 2003, n. 367.
2. I Piani di tutela delle acque di cui all'articolo
121 contengono gli strumenti per il conseguimento degli standard di cui al
comma 1, anche ai fini della gestione dei fanghi derivanti dagli impianti di
depurazione e dalla disciplina degli scarichi.
3. Con decreto del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio viene data attuazione al disposto
dell'articolo 16 della direttiva 2000/60/CE entro il 31 dicembre 2015. Entro
gli stessi termini le acque a specifica destinazione di cui all'articolo 79
devono essere conformi agli standard dettati dal medesimo decreto.
ART. 79
(obiettivo di qualità per specifica destinazione)
1. Sono acque a specifica destinazione funzionale:
a) le acque dolci superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile;
b) le acque destinate alla balneazione;
c) le acque dolci che richiedono protezione
e miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d) le acque destinate
alla vita dei molluschi.
2. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 76,
commi 4 e 5, per le acque indicate al comma 1, e' perseguito, per ciascun uso,
l'obiettivo di qualità per
specifica destinazione stabilito nell'Allegato 2 alla parte terza del presente
decreto, fatta eccezione per le acque di balneazione.
3. Le regioni, al fine
di un costante miglioramento dell'ambiente idrico, stabiliscono programmi,
che vengono recepiti nel Piano di tutela, per mantenere o adeguare la qualità delle
acque di cui al comma 1 all'obiettivo di qualità per specifica destinazione.
Le regioni predispongono apposito elenco aggiornato periodicamente delle acque
di cui al comma 1.
CAPO II
ACQUE A SPECIFICA DESTINAZIONE
ART. 80
(acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile)
1. Le acque dolci superficiali, per essere utilizzate o destinate alla produzione
di acqua potabile, sono classificate dalle regioni nelle categorie Al, A2 e
A3, secondo le caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche di cui alla
Tabella 1/A dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
2. A seconda
della categoria di appartenenza, le acque dolci superficiali di cui al comma
1 sono sottoposte ai trattamenti seguenti:
a) Categoria Al: trattamento fisico
semplice e disinfezione;
b) Categoria A2: trattamento fisico e chimico normale
e disinfezione;
c) Categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento
e disinfezione.
3. Le regioni inviano i dati relativi al monitoraggio e alla
classificazione delle acque di cui ai commi 1 e 2 al Ministero della salute,
che provvede al successivo inoltro alla Commissione europea.
4. Le acque dolci
superficiali che presentano caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche
qualitativamente inferiori ai valori limite imperativi della categoria A3 possono
essere utilizzate, in via eccezionale, solo qualora non sia possibile ricorrere
ad altre fonti di approvvigionamento e a condizione che le acque siano sottoposte
ad opportuno trattamento che consenta di rispettare le norme di qualità delle
acque destinate al consumo umano.
ART. 81
(deroghe)
1. Per le acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile,
le regioni possono derogare ai valori dei parametri di cui alla Tabella 1/A
dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto:
a) in caso di inondazioni
o di catastrofi naturali;
b) limitatamente ai parametri contraddistinti nell'Allegato
2 alla parte terza del presente decreto Tabella 1/A dal simbolo (o), qualora
ricorrano circostanze meteorologiche eccezionali o condizioni geografiche particolari;
c)
quando le acque superficiali si arricchiscono naturalmente di talune sostanze
con superamento dei valori fissati per le categorie Al, A2 e A3;
d) nel caso
di laghi che abbiano una profondità non superiore ai 20
metri, che per rinnovare le loro acque impieghino più di un anno e nel
cui specchio non defluiscano acque di scarico, limitatamente ai parametri contraddistinti
nell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto, Tabella 1/A da un asterisco
(*).
2. Le deroghe di cui al comma 1 non sono ammesse se ne derivi concreto
pericolo per la salute pubblica.
ART. 82
(acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile)
1. Fatte salve le disposizioni per le acque dolci superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile, le regioni, all'interno del distretto idrografico
di appartenenza, individuano:
a) tutti i corpi idrici superficiali e sotterranei
che forniscono in media oltre 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone,
e
b) i corpi idrici destinati a tale uso futuro.
2. L'autorità competente
provvede al monitoraggio, a norma dell'Allegato 1 alla parte terza del presente
decreto, dei corpi idrici che forniscono in media oltre 100 m3 al giorno.
3.
Per i corpi idrici di cui al comma 1 deve essere conseguito l'obiettivo ambientale
di cui agli articoli 76 e seguenti.
ART. 83
(acque di balneazione)
1. Le acque destinate alla balneazione devono soddisfare i requisiti di cui
al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 1982, n. 470.
2. Per le
acque che risultano ancora non idonee alla balneazione ai sensi del decreto
di cui al comma 1, le regioni comunicano al Ministero dell'ambiente e della
tutela del territorio, entro l'inizio della stagione balneare successiva alla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto e, successivamente,
con periodicità annuale prima dell'inizio della stagione balneare, tutte
le informazioni relative alle cause della non balneabilità ed alle misure
che intendono adottare, secondo le modalità indicate dal decreto di
cui all'articolo 75, comma 6.
ART. 84
(acque dolci idonee alla vita dei pesci)
1. Le regioni effettuano la designazione delle acque dolci che richiedono
protezione o miglioramento per esser idonee alla vita dei pesci. Ai fini di
tale designazione sono privilegiati:
a) i corsi d'acqua che attraversano il
territorio di parchi nazionali e riserve naturali dello Stato nonche' di parchi
e riserve naturali regionali;
b) i laghi naturali ed artificiali, gli stagni
ed altri corpi idrici, situati nei predetti ambiti territoriali;
c) le acque
dolci superficiali comprese nelle zone umide dichiarate "di
importanza internazionale" ai sensi della convenzione di Ramsar del 2
febbraio 1971, resa esecutiva con il decreto del Presidente della Repubblica
13 marzo 1976, n. 448, sulla protezione delle zone umide, nonche' quelle comprese
nelle "oasi di protezione della fauna", istituite dalle regioni e
province autonome ai sensi della legge 11 febbraio 1992, n. 157;
d) le acque
dolci superficiali che, ancorche' non comprese nelle precedenti categorie,
presentino un rilevante interesse scientifico, naturalistico, ambientale e
produttivo in quanto costituenti habitat di specie animali o vegetali rare
o in via di estinzione, oppure in quanto sede di complessi ecosistemi acquatici
meritevoli di conservazione o, altresì, sede di antiche e tradizionali
forme di produzione ittica che presentino un elevato grado di sostenibilità ecologica
ed economica.
2. Le regioni, entro quindici mesi dalla designazione, classificano
le acque dolci superficiali che presentino valori dei parametri di qualità conformi
con quelli imperativi previsti dalla Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte
terza del presente decreto come acque dolci "salmonicole" o "ciprinicole".
3. La designazione e la classificazione di cui ai commi 1 e 2 devono essere
gradualmente estese sino a coprire l'intero corpo idrico, ferma restando la
possibilità di designare e classificare, nell'ambito del medesimo, alcuni
tratti come "acqua salmonicola" e alcuni tratti come "acqua
ciprinicola". La designazione e la classificazione sono sottoposte a revisione
in relazione ad elementi imprevisti o sopravvenuti.
4. Qualora sia richiesto
da eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della qualità delle acque dolci idonee alla vita dei pesci, il Presidente
della Giunta regionale o il Presidente della Giunta provinciale, nell'ambito
delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e motivati, integrativi
o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
5. Sono escluse
dall'applicazione del presente articolo e degli articoli 85 e 86 le acque dolci
superficiali dei bacini naturali o artificiali utilizzati per l'allevamento
intensivo delle specie ittiche nonche' i canali artificiali adibiti a uso plurimo,
di scolo o irriguo, e quelli appositamente costruiti per l'allontanamento dei
liquami e di acque reflue industriali.
ART. 85
(accertamento della qualità delle acque idonee alla vita dei pesci)
1. Le acque designate e classificate ai sensi dell'articolo 84 si considerano
idonee alla vita dei pesci se rispondono ai requisiti riportati nella Tabella
1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto.
2. Se dai campionamenti
risulta che non sono rispettati uno o più valori
dei parametri riportati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza
del presente decreto, le autorità competenti al controllo accertano
se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita, ad apporti
inquinanti o a eccessivi prelievi, e propongono all'autorità competente
le misure appropriate.
3. Ai fini di una più completa valutazione delle
qualità delle
acque, le regioni promuovono la realizzazione di idonei programmi di analisi
biologica delle acque designate e classificate.
ART. 86
(deroghe)
1. Per le acque dolci superficiali designate o classificate per essere idonee alla vita dei pesci, le regioni possono derogare al rispetto dei parametri indicati nella Tabella 1/B dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto con il simbolo (o) in caso di circostanze meteorologiche eccezionali o speciali condizioni geografiche e, quanto al rispetto dei parametri riportati nella medesima Tabella, in caso di arricchimento naturale del corpo idrico da sostanze provenienti dal suolo senza intervento diretto dell'uomo.
ART. 87
(acque destinate alla vita dei molluschi)
1. Le regioni, d'intesa con il Ministero della politiche agricole e forestali,
designano, nell'ambito delle acque marine costiere e salmastre che sono sede
di banchi e di popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi, quelle
richiedenti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo
degli stessi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della
molluschicoltura direttamente commestibili per l'uomo.
2. Le regioni possono
procedere a designazioni complementari, oppure alla revisione delle designazioni
già effettuate, in funzione dell'esistenza
di elementi imprevisti al momento della designazione.
3. Qualora sia richiesto
da eccezionali ed urgenti necessità di tutela
della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi, il Presidente
della Giunta regionale, il Presidente della Giunta provinciale e il Sindaco,
nell'ambito delle rispettive competenze, adottano provvedimenti specifici e
motivati, integrativi o restrittivi degli scarichi ovvero degli usi delle acque.
ART. 88
(accertamento della qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi)
1. Le acque designate ai sensi dell'articolo 87 devono rispondere ai requisiti
di qualità di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza
del presente decreto. In caso contrario, le regioni stabiliscono programmi
per ridurne l'inquinamento.
2. Se da un campionamento risulta che uno o più valori
dei parametri di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del
presente decreto non sono rispettati, le autorità competenti al controllo
accertano se l'inosservanza sia dovuta a fenomeni naturali, a causa fortuita
o ad altri fattori di inquinamento e le regioni adottano misure appropriate.
ART. 89
(deroghe)
1. Per le acque destinate alla vita dei molluschi, le regioni possono derogare ai requisiti di cui alla Tabella 1/C dell'Allegato 2 alla parte terza del presente decreto in caso di condizioni meteorologiche o geomorfologiche eccezionali.
ART. 90
(norme sanitarie)
1. Le attività di cui agli articoli 87, 88 e 89 lasciano impregiudicata l'attuazione delle norme sanitarie relative alla classificzione delle zone di produzione e di stabulazione dei molluschi bivalvi vivi, effettuata ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 530.
TITOLO III
TUTELA DEI CORPI IDRICI E DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
CAPO I
AREE RICHIEDENTI SPECIFICHE MISURE DI PREVENZIONE DALL'INQUINAMENTO
E DI RISANAMENTO
ART. 91
(aree sensibili)
1. Le aree sensibili sono individuate secondo i criteri dell'Allegato 6 alla
parte terza del presente decreto. Sono comunque aree sensibili:
a) i laghi
di cui all'Allegato 6 alla parte terza del presente decreto, nonche' i corsi
d'acqua a esse afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea di costa;
b)
le aree lagunari di Orbetello, Ravenna e Piallassa-Baiona, le Valli di Comacchio,
i laghi salmastri e il delta del Po;
c) le zone umide individuate ai sensi della
convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, resa esecutiva con decreto del Presidente
della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;
d) le aree costiere dell'Adriatico-Nord
Occidentale dalla foce dell'Adige al confine meridionale del comune di Pesaro
e i corsi d'acqua ad essi afferenti per un tratto di 10 chilometri dalla linea
di costa;
e) il lago di Garda e il lago d'Idro;
f) i fiumi Sarca-Mincio, Oglio, Adda,
Lambro-Olona meridionale e Ticino;
g) il fiume Amo a valle di Firenze e i relativi
affluenti;
h) il golfo di Castellammare in Sicilia;
i) le acque costiere dell'Adriatico
settentrionale.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
sentita la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giorni dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto individua con proprio
decreto ulteriori aree sensibili identificate secondo i criteri di cui all'Allegato
6 alla parte terza del presente decreto.
3. Resta fermo quanto disposto dalla
legislazione vigente relativamente alla tutela di Venezia.
4. Le regioni, sulla
base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di
bacino, entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, e successivamente ogni due anni, possono designare ulteriori
aree sensibili ovvero individuare all'interno delle aree indicate nel comma
2 i corpi idrici che non costituiscono aree sensibili.
5. Le regioni, sulla
base dei criteri di cui al comma 1 e sentita l'Autorità di
bacino, delimitano i bacini drenanti nelle aree sensibili che contribuiscono
all'inquinamento di tali aree.
6. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio provvede con proprio decreto, da emanare ogni quattro anni dalla
data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, sentita la
Conferenza Stato-regioni, alla reidentificazione delle aree sensibili e dei
rispettivi bacini drenanti che contribuiscono all'inquinamento delle aree sensibili.
7. Le nuove aree sensibili identificate ai sensi dei commi 2, 4, e 6 devono
soddisfare i requisiti dell'articolo 106 entro sette anni dall'identificazione.
8. Gli scarichi recapitanti nei bacini drenanti afferenti alle aree sensibili
di cui ai commi 2 e 6 sono assoggettate alle disposizioni di cui all'articolo
106.
ART. 92
(zone vulnerabili da nitrati di origine agricola)
1. Le zone vulnerabili sono individuate secondo i criteri di cui all'Allegato
7/A-I alla parte terza del presente decreto.
2. Ai fini della prima individuazione
sono designate zone vulnerabili le aree elencate nell'Allegato 7/A-III alla
parte terza del presente decreto.
3. Per tener conto di cambiamenti e/o di
fattori imprevisti alla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, dopo quattro anni da tale data il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio con proprio decreto, sentita la Conferenza Stato-regioni, può modificare
i criteri di cui al comma 1.
4. Entro centottanta giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto, sulla base dei dati disponibili
e tenendo conto delle indicazioni stabilite nell'Allegato 7/A-I alla parte
terza del presente decreto, le regioni, sentite le Autorità di bacino,
possono individuare ulteriori zone vulnerabili oppure, all'interno delle zone
indicate nell'Allegato 7/A-III alla parte terza del presente decreto, le parti
che non costituiscono zone vulnerabili.
5. Per tener conto di cambiamenti e/o
di fattori imprevisti al momento della precedente designazione, almeno ogni
quattro anni le regioni, sentite le Autorità di
bacino, possono rivedere o completare le designazioni delle zone vulnerabili.
A tal fine le regioni predispongono e attuano, ogni quattro anni, un programma
di controllo per verificare le concentrazioni dei nitrati nelle acque dolci
per il periodo di un anno, secondo le prescrizioni di cui all'Allegato 7/A-I
alla parte terza del presente decreto, nonche' riesaminano lo stato eutrofico
causato da azoto delle acque dolci superficiali, delle acque di transizione
e delle acque marine costiere.
6. Nelle zone individuate ai sensi dei commi
2, 4 e 5 devono essere attuati i programmi di azione di cui al comma 7, nonche'
le prescrizioni contenute nel codice di buona pratica agricola di cui al decreto
del Ministro per le politiche agricole e forestali 19 aprile 1999, pubblicato
nel Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 4 maggio 1999.
7. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto per le zone designate ai sensi dei commi 2 e 4, ed entro un anno dalla
data di designazione per le ulteriori zone di cui al comma 5, le regioni, sulla
base delle indicazioni e delle misure di cui all'Allegato 7/A-IV alla parte
terza del presente decreto, definiscono, o rivedono se già posti in
essere, i programmi d'azione obbligatori per la tutela e il risanamento delle
acque dall'inquinamento causato da nitrati di origine agricola, e provvedono
alla loro attuazione nell'anno successivo per le zone vulnerabili di cui ai
commi 2 e 4 e nei successivi quattro anni per le zone di cui al comma 5.
8.
Le regioni provvedono, inoltre, a:
a) integrare, se del caso, in relazione
alle esigenze locali, il codice di buona pratica agricola, stabilendone le
modalità di applicazione;
b) predisporre ed attuare interventi di formazione
e di informazione degli agricoltori sul programma di azione e sul codice di
buona pratica agricola;
c) elaborare ed applicare, entro quattro anni a decorrere
dalla definizione o revisione dei programmi di cui al comma 7, i necessari
strumenti di controllo e verifica dell'efficacia dei programmi stessi sulla
base dei risultati ottenuti; ove necessario, modificare o integrare tali programmi
individuando, tra le ulteriori misure possibili, quelle maggiormente efficaci,
tenuto conto dei costi di attuazione delle misure stesse.
9. Le variazioni
apportate alle designazioni, i programmi di azione, i risultati delle verifiche
dell'efficacia degli stessi e le revisioni effettuate sono comunicati al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio, secondo le modalità indicate
nel decreto di cui all'articolo 75, comma 6. Al Ministero per le politiche
agricole e forestali e' data tempestiva notizia delle integrazioni apportate
al codice di buona pratica agricola di cui al comma 8, lettera a), nonche'
degli interventi di formazione e informazione.
10. Al fine di garantire un
generale livello di protezione delle acque e' raccomandata l'applicazione del
codice di buona pratica agricola anche al di fuori delle zone vulnerabili.
ART. 93
(zone vulnerabili da prodotti fitosanitari e zone vulnerabili alla desertificazione)
1. Con le modalità previste dall'articolo 92, e sulla base delle indicazioni
contenute nell'Allegato 7/B alla parte terza del presente decreto, le regioni
identificano le aree vulnerabili da prodotti fitosanitari secondo i criteri
di cui all'articolo 5, comma 21, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
194, allo scopo di proteggere le risorse idriche o altri comparti ambientali
dall'inquinamento derivante dall'uso di prodotti fitosanitari.
2. Le regioni
e le Autorità di bacino verificano la presenza nel territorio
di competenza di aree soggette o minacciate da fenomeni di siccità,
degrado del suolo e processi di desertificazione e le designano quali aree
vulnerabili alla desertificazione.
3. Per le aree di cui al comma 2, nell'ambito
della pianificazione di distretto e della sua attuazione, sono adottate specifiche
misure di tutela, secondo i criteri previsti nel Piano d'azione nazionale di
cui alla delibera CIPE del 22 dicembre 1998, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 39 del 17 febbraio 1999.
ART. 94
(disciplina delle aree di salvaguardia delle acque superficiali e sotterranee
destinate al consumo umano)
1. Su proposta delle Autorità d'ambito, le regioni, per mantenere e
migliorare le caratteristiche qualitative delle acque superficiali e sotterranee
destinate al consumo umano, erogate a terzi mediante impianto di acquedotto
che riveste carattere di pubblico interesse, nonche' per la tutela dello stato
delle risorse, individuano le aree di salvaguardia distinte in zone di tutela
assoluta e zone di rispetto, nonche', all'interno dei bacini imbriferi e delle
aree di ricarica della falda, le zone di protezione.
2. Per gli approvvigionamenti
diversi da quelli di cui al comma 1, le Autorità competenti
impartiscono, caso per caso, le prescrizioni necessarie per la conservazione
e la tutela della risorsa e per il controllo delle caratteristiche qualitative
delle acque destinate al consumo umano.
3. La zona di tutela assoluta e' costituita
dall'area immediatamente circostante le captazioni o derivazioni: essa, in
caso di acque sotterranee e, ove possibile, per le acque superficiali, deve
avere un'estensione di almeno dieci metri di raggio dal punto di captazione,
deve essere adeguatamente protetta e dev'essere adibita esclusivamente a opere
di captazione o presa e ad infrastrutture di servizio.
4. La zona di rispetto
e' costituita dalla porzione di territorio circostante la zona di tutela assoluta
da sottoporre a vincoli e destinazioni d'uso tali da tutelare qualitativamente
e quantitativamente la risorsa idrica captata e può essere suddivisa
in zona di rispetto ristretta e zona di rispetto allargata, in relazione alla
tipologia dell'opera di presa o captazione e alla situazione locale di vulnerabilità e
rischio della risorsa. In particolare, nella zona di rispetto sono vietati
l'insediamento dei seguenti centri di pericolo e lo svolgimento delle seguenti
attività:
a) dispersione di fanghi e acque reflue, anche se depurati;
b) accumulo di concimi
chimici, fertilizzanti o pesticidi;
c) spandimento di concimi chimici, fertilizzanti
o pesticidi, salvo che l'impiego di tali sostanze sia effettuato sulla base
delle indicazioni di uno specifico piano di utilizzazione che tenga conto della
natura dei suoli, delle colture compatibili, delle tecniche agronomiche impiegate
e della vulnerabilità delle
risorse idriche;
d) dispersione nel sottosuolo di acque meteoriche proveniente
da piazzali e strade;
e) aree cimiteriali;
f) apertura di cave che possono essere in connessione con
la falda;
g) apertura di pozzi ad eccezione di quelli che estraggono acque destinate
al consumo umano e di quelli finalizzati alla variazione dell'estrazione ed
alla protezione delle caratteristiche quali-quantitative della risorsa idrica;
h)
gestione di rifiuti;
i) stoccaggio di prodotti ovvero sostanze chimiche pericolose
e sostanze radioattive;
l) centri di raccolta, demolizione e rottamazione di
autoveicoli;
m) pozzi perdenti;
n) pascolo e stabulazione di bestiame che ecceda i 170 chilogrammi
per ettaro di azoto presente negli effluenti, al netto delle perdite di stoccaggio
e distribuzione. E' comunque vietata la stabulazione di bestiame nella zona
di rispetto ristretta.
5. Per gli insediamenti o le attività di cui
al comma 4, preesistenti, ove possibile, e comunque ad eccezione delle aree
cimiteriali, sono adottate le misure per il loro allontanamento; in ogni caso
deve essere garantita la loro messa in sicurezza. Entro centottanta giorni
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni
e le province autonome disciplinano, all'interno delle zone di rispetto, le
seguenti strutture o attività:
a) fognature;
b) edilizia residenziale e relative opere di urbanizzazione;
c) opere viarie,
ferroviarie e in genere infrastrutture di servizio;
d) pratiche agronomiche
e contenuti dei piani di utilizzazione di cui alla lettera c) del comma 4.
6. In assenza dell'individuazione da parte delle regioni o delle province autonome
della zona di rispetto ai sensi del comma 1, la medesima ha un'estensione di
200 metri di raggio rispetto al punto di captazione o di derivazione.
7. Le
zone di protezione devono essere delimitate secondo le indicazioni delle regioni
o delle province autonome per assicurare la protezione del patrimonio idrico.
In esse si possono adottare misure relative alla destinazione del territorio
interessato, limitazioni e prescrizioni per gli insediamenti civili, produttivi,
turistici, agro-forestali e zootecnici da inserirsi negli strumenti urbanistici
comunali, provinciali, regionali, sia generali sia di settore.
8. Ai fini della
protezione delle acque sotterranee, anche di quelle non ancora utilizzate per
l'uso umano, le regioni e le province autonome individuano e disciplinano,
all'interno delle zone di protezione, le seguenti aree:
a) aree di ricarica
della falda;
b) emergenze naturali ed artificiali della falda;
c) zone di riserva.
CAPO II
TUTELA QUANTITATIVA DELLA RISORSA E RISPARMIO IDRICO
ART. 95
(pianificazione del bilancio idrico)
1. La tutela quantitativa della risorsa concorre al raggiungimento degli obiettivi
di qualità attraverso una pianificazione delle utilizzazioni delle acque
volta ad evitare ripercussioni sulla qualità delle stesse e a consentire
un consumo idrico sostenibile.
2. Nei piani di tutela sono adottate le misure
volte ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico come definito dalle Autorità di
bacino, nel rispetto delle priorità stabilite dalla normativa vigente
e tenendo conto dei fabbisogni, delle disponibilità, del minimo deflusso
vitale, della capacità di
ravvenamento della falda e delle destinazioni d'uso della risorsa compatibili
con le relative caratteristiche qualitative e quantitative.
3. Entro centottanta
giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
le regioni definiscono, sulla base delle linee guida adottate dal Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto, previa intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano, nonche' sulla base dei criteri già adottati
dalle Autorità di bacino, gli obblighi
di installazione e manutenzione in regolare stato di funzionamento di idonei
dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi d'acqua pubblica
derivati, in corrispondenza dei punti di prelievo e, ove presente, di restituzione,
nonche' gli obblighi e le modalità di trasmissione dei risultati delle
misurazioni dell'Autorità concedente per il loro successivo inoltro
alla regione ed alle Autorità di bacino competenti. Le Autorità di
bacino provvedono a trasmettere i dati in proprio possesso al Servizio geologico
d'Italia - Dipartimento difesa del suolo dell'Agen zia per la protezione dell'ambiente
e per i servizi tecnici (APAT) secondo le modalità di cui all'articolo
75, comma 6.
4. Salvo quanto previsto al comma 5, tutte le derivazioni di acqua
comunque in atto alla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto sono regolate dall'Autorità concedente mediante la previsione
di rilasci volti a garantire il minimo deflusso vitale nei corpi idrici, come
definito secondo i criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio con apposito decreto, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni,
senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di indennizzi da parte
della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone
demaniale di concessione.
5. Per le finalità di cui ai commi 1 e 2,
le Autorità concedenti
effettuano il censimento di tutte le utilizzazioni in atto nel medesimo corpo
idrico sulla base dei criteri adottati dal Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio con proprio decreto, previa intesa con la Conferenza permanente
per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano; le medesime Autorità provvedono successivamente, ove necessario,
alla revisione di tale censimento, disponendo prescrizioni o limitazioni temporali
o quantitative, senza che ciò possa dar luogo alla corresponsione di
indennizzi da parte della pubblica amministrazione, fatta salva la relativa
riduzione del canone demaniale di concessione.
6. Nel provvedimento di concessione
preferenziale, rilasciato ai sensi dell'articolo 4 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire
il minimo deflusso vitale nei corpi idrici nonche' le prescrizioni necessarie
ad assicurare l'equilibrio del bilancio idrico.
ART. 96
(modifiche al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775)
1. Il secondo comma dell'articolo 7 del testo unico delle disposizioni sulle
acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, e' sostituito dal seguente:
"Le domande di cui al primo comma relative
sia alle grandi sia alle piccole derivazioni sono altresì trasmesse
alle Autorità di bacino territorialmente
competenti che, entro il termine perentorio di quaranta giorni dalla data di
ricezione ove si tratti di domande relative a piccole derivazioni, comunicano
il proprio parere vincolante al competente Ufficio Istruttore in ordine alla
compatibilità della utilizzazione con le previsioni del Piano di tutela,
ai fini del controllo sull'equilibrio del bilancio idrico o idrologico, anche
in attesa di approvazione del Piano anzidetto. Qualora le domande siano relative
a grandi derivazioni, il termine per la comunicazione del suddetto parere e'
elevato a novanta giorni dalla data di ricezione delle domande medesime. Decorsi
i predetti termini senza che sia intervenuta alcuna pronuncia, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio nomina un Commissario "ad
acta" che provvede entro i medesimi termini decorrenti dalla data della
nomina.".
2. I commi 1 e 1-bis. dell'articolo 9 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, sono sostituiti dai seguenti: "1. Tra più domande
concorrenti, completata l'istruttoria di cui agli articoli 7 e 8, e' preferita
quella che da sola, o in connessione con altre utenze concesse o richieste,
presenta la più razionale utilizzazione delle risorse idriche in relazione
ai seguenti criteri:
a) l'attuale livello di soddisfacimento delle esigenze
essenziali dei concorrenti anche da parte dei servizi pubblici di acquedotto
o di irrigazione e la prioritaria destinazione delle risorse qualificate
all'uso potabile;
b) le effettive possibilità di migliore utilizzo delle
fonti in relazione all'uso;
c) le caratteristiche quantitative e qualitative
del corpo idrico oggetto di prelievo;
d) la quantità e la qualità dell'acqua
restituita rispetto a quella prelevata.
1-bis. E' preferita la domanda che,
per lo stesso tipo di uso, garantisce la maggior restituzione d'acqua in rapporto
agli obiettivi di qualità dei
corpi idrici. In caso di più domande concorrenti per usi produttivi
e' altresì preferita quella del richiedente che aderisce al sistema
ISO 14001 ovvero al sistema di cui al regolamento (CEE) n. 761/2001 del Parlamento
europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, sull'adesione volontaria delle
organizzazioni a un sistema comunitario di ecogestione e audit (EMAS).
1-ter.
Per lo stesso tipo di uso e' preferita la domanda che garantisce che i minori
prelievi richiesti siano integrati dai volumi idrici derivati da attività di
recupero e di riciclo.".
3. L'articolo 12-bis del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente:
"Articolo 12-bis.
1. Il provvedimento di concessione e' rilasciato se:
a) non pregiudica il mantenimento
o il raggiungimento degli obiettivi di qualità definiti
per il corso d'acqua interessato;
b) e' garantito il minimo deflusso vitale
e l'equilibrio del bilancio idrico;
c) non sussistono possibilità di
riutilizzo di acque reflue depurate o provenienti dalla raccolta di acque piovane
ovvero, pur sussistendo tali possibilità, il riutilizzo non risulta
sostenibile sotto il profilo economico.
2. I volumi di acqua concessi sono
altresì commisurati alle possibilità di
risparmio, riutilizzo o riciclo delle risorse. Il disciplinare di concessione
deve fissare, ove tecnicamente possibile, la quantità e le caratteristiche
qualitative dell'acqua restituita. Analogamente, nei casi di prelievo da falda
deve essere garantito l'equilibrio tra il prelievo e la capacità di
ricarica dell'acquifero, anche al fine di evitare pericoli di intrusione di
acque salate o inquinate, e quant'altro sia utile in funzione del controllo
del miglior regime delle acque.
3. L'utilizzo di risorse prelevate da sorgenti
o falde, o comunque riservate al consumo umano, può essere assentito
per usi diversi da quello potabile se:
a) viene garantita la condizione di
equilibrio del bilancio idrico per ogni singolo fabbisogno;
b) non sussistono
possibilità di riutilizzo di acque reflue depurate
o provenienti dalla raccolta di acque piovane, oppure, dove sussistano tali
possibilità, il riutilizzo non risulta sostenibile sotto il profilo
economico;
c) sussiste adeguata disponibilità delle risorse predette
e vi e' una accertata carenza qualitativa e quantitativa di fonti alternative
di approvvigionamento.
4. Nei casi di cui al comma 3, il canone di utenza per
uso diverso da quello potabile e' triplicato. Sono escluse le concessioni ad
uso idroelettrico i cui impianti sono posti in serie con gli impianti di acquedotto.".
4. L'articolo 17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito
dal seguente:
"Articolo 17.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 93 e dal comma 2,
e' vietato derivare o utilizzare acqua pubblica senza un provvedimento autorizzativo
o concessorio dell'autorità competente.
2. La raccolta di acque piovane
in invasi e cisterne al servizio di fondi agricoli o di singoli edifici e'
libera e non richiede licenza o concessione di derivazione di acqua; la realizzazione
dei relativi manufatti e' regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni
nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
3.
Nel caso di violazione delle norme di cui al comma 1, l'Amministrazione competente
dispone la cessazione dell'utenza abusiva ed il contravventore, fatti salvi
ogni altro adempimento o comminatoria previsti dalle leggi vigenti, e' tenuto
al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000
euro. Nei casi di particolare tenuità si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da 300 euro a 1.500 euro. Alla sanzione prevista
dal presente articolo non si applica il pagamento in misura ridotta di cui
all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689. E' in ogni caso dovuta
una somma pari ai canoni non corrisposti. L'autorità competente, con
espresso provvedimento nel quale sono stabilite le necessarie cautele, può eccezionalmente
consentire la continuazione provvisoria del prelievo in presenza di particolari
ragioni di interesse pubblico generale, purche' l'utilizzazione non risulti
in palese contrasto con i diritti di terzi e con il buon regime delle acque.".
5. Il secondo comma dell'articolo 54 del regio decreto 11 dicembre 1933, n.
1775, già abrogato dall'articolo 23 del decreto legislativo 11 maggio
1999, n. 152, resta abrogato.
6. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, per
le derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o in parte abusivamente
in atto e' ammessa la presentazione di domanda di concessione in sanatoria
entro il 30 giugno 2006 previo pagamento della sanzione di cui all'articolo
17 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, aumentata di un quinto. Successivamente
a tale data, alle derivazioni o utilizzazioni di acqua pubblica in tutto o
in parte abusivamente in atto si applica l'articolo 17, comma 3, del regio
decreto 11 dicembre 1933 n. 1775. La concessione in sanatoria e' rilasciata
nel rispetto della legislazione vigente e delle utenze regolarmente assentite.
In pendenza del procedimento istruttorio della concessione in sanatoria, l'utilizzazione
può proseguire fermo
restando l'obbligo del pagamento del canone per l'uso effettuato e il potere
dell'autorità concedente di sospendere in qualsiasi momento l'utilizzazione
qualora in contrasto con i diritti di terzi o con il raggiungimento o il mantenimento
deg li obiettivi di qualità e dell'equilibrio del bilancio idrico. Restano
comunque ferme le disposizioni di cui all'articolo 95, comma 5.
7. I termini
entro i quali far valere, a pena di decadenza, ai sensi degli articoli 3 e
4 del regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, il diritto al riconoscimento
o alla concessione di acque che hanno assunto natura pubblica a norma dell'articolo
1, comma 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche' per la presentazione
delle denunce dei pozzi a norma dell'articolo 10 del decreto legislativo 12
luglio 1993, n. 275, sono prorogati al 30 giugno 2006. In tali casi i canoni
demaniali decorrono dal 10 agosto 1999. Nel provvedimento di concessione preferenziale
sono contenute le prescrizioni relative ai rilasci volti a garantire il minimo
deflusso vitale nei corpi idrici e quelle prescrizioni necessarie ad assicurare
l'equilibrio del bilancio idrico.
8. Il primo comma dell'articolo 21 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e' sostituito dal seguente:
"Tutte
le concessioni di derivazione sono temporanee. La durata delle concessioni,
fatto salvo quanto disposto dal secondo comma, non può eccedere
i trenta anni ovvero i quaranta per uso irriguo e per la piscicoltura, ad eccezione
di quelle di grande derivazione idroelettrica, per le quali resta ferma la
disciplina di cui all'articolo 12, commi 6, 7 e 8 del decreto legislativo 16
marzo 1999, n. 79.".
9. Dopo il terzo comma dell'articolo 21 del regio
decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 e' inserito il seguente:
"Le concessioni
di derivazioni per uso irriguo devono tener conto delle tipologie delle colture
in funzione della disponibilità della risorsa
idrica, della quantità minima necessaria alla coltura stessa, prevedendo
se necessario specifiche modalità di irrigazione; le stesse sono assentite
o rinnovate solo qualora non risulti possibile soddisfare la domanda d'acqua
attraverso le strutture consortili già operanti sul territorio.".
10. Fatta salva l'efficacia delle norme più restrittive, tutto il territorio
nazionale e' assoggettato a tutela ai sensi dell'articolo 94 del regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775.
11. Le regioni disciplinano i procedimenti di rilascio
delle concessioni di derivazione di acque pubbliche nel rispetto delle direttive
sulla gestione del demanio idrico nelle quali sono indicate anche le possibilità di
libero utilizzo di acque superficiali scolanti su suoli o in fossi di canali
di proprietà privata. Le regioni, sentite le Autorità di bacino,
disciplinano forme di regolazione dei prelievi delle acque sotterranee per
gli usi domestici, come definiti dall'articolo 93 del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, laddove sia necessario garantire l'equilibrio del bilancio idrico.
ART. 97
(acque minerali naturali e di sorgenti)
1. Le concessioni di utilizzazione delle acque minerali naturali e delle acque di sorgente sono rilasciate tenuto conto delle esigenze di approvvigionamento e distribuzione delle acque potabili e delle previsioni del Piano di tutela di cui all'articolo 121.
ART. 98
(risparmio idrico)
1. Coloro che gestiscono o utilizzano la risorsa idrica adottano le misure
necessarie all'eliminazione degli sprechi ed alla riduzione dei consumi e ad
incrementare il riciclo ed il riutilizzo, anche mediante l'utilizzazione delle
migliori tecniche disponibili.
2. Le regioni, sentite le Autorità di
bacino, approvano specifiche norme sul risparmio idrico in agricoltura, basato
sulla pianificazione degli usi, sulla corretta individuazione dei fabbisogni
nel settore, e sui controlli degli effettivi emungimenti.
ART. 99
(riutilizzo dell'acqua)
1. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio con proprio decreto,
sentiti i Ministri delle politiche agricole e forestali, della salute e delle
attività produttive, detta le norme tecniche per il riutilizzo delle
acque reflue.
2. Le regioni, nel rispetto dei principi della legislazione statale,
e sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti,
adottano norme e misure volte a favorire il riciclo dell'acqua e il riutilizzo
delle acque reflue depurate.
CAPO III
TUTELA QUALITATIVA DELLA RISORSA:
DISCIPLINA DEGLI SCARICHI
ART. 100
(reti fognarie)
1. Gli agglomerati con un numero di abitanti equivalenti superiore a 2.000
devono essere provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane.
2. La
progettazione, la costruzione e la manutenzione delle reti fognarie si effettuano
adottando le migliori tecniche disponibili e che comportino costi economicamente
ammissibili, tenendo conto, in particolare:
a) della portata media, del volume
annuo e delle caratteristiche delle acque reflue urbane;
b) della prevenzione
di eventuali fenomeni di rigurgito che comportino la fuoriuscita delle acque
reflue dalle sezioni fognarie;
c) della limitazione dell'inquinamento dei ricettori,
causato da tracimazioni originate da particolari eventi meteorici.
3. Per insediamenti,
installazioni o edifici isolati che producono acque reflue domestiche, le regioni
individuano sistemi individuali o altri sistemi pubblici o privati adeguati
che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale, indicando i tempi
di adeguamento degli scarichi a detti sistemi.
ART. 101
(criteri generali della disciplina degli scarichi)
1. Tutti gli scarichi sono disciplinati in funzione del rispetto degli obiettivi
di qualità dei corpi idrici e devono comunque rispettare i valori limite
previsti nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto. L'autorizzazione
può in ogni caso stabilire specifiche deroghe ai suddetti limiti e idonee
prescrizioni per i periodi di avviamento e di arresto e per l'eventualità di
guasti nonche' per gli ulteriori periodi transitori necessari per il ritorno
alle condizioni di regime.
2. Ai fini di cui al comma 1, le regioni, nell'esercizio
della loro autonomia, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili e delle
migliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi
da quelli di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, sia
in concentrazione massima ammissibile sia in quantità massima per unità di
tempo in ordine ad ogni sostanza inquinante e per gruppi o famiglie di sostanze
affini. Le regioni non possono stabilire valori limite meno restrittivi di
quelli fissati nell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto:
a) nella
Tabella 1, relativamente allo scarico di acque reflue urbane in corpi idrici
superficiali;
b) nella Tabella 2, relativamente allo scarico di acque reflue
urbane in corpi idrici superficiali ricadenti in aree sensibili;
c) nella Tabella
3/A, per i cicli produttivi ivi indicati;
d) nelle Tabelle 3 e 4, per quelle
sostanze indicate nella Tabella 5 del medesimo Allegato.
3. Tutti gli scarichi,
ad eccezione di quelli domestici e di quelli ad essi assimilati ai sensi del
comma 7, lettera e), devono essere resi accessibili per il campionamento da
parte dell'autorità competente per il controllo
nel punto assunto a riferimento per il campionamento, che, salvo quanto previsto
dall'articolo 108, comma 4, va effettuato immediatamente a monte della immissione
nel recapito in tutti gli impluvi naturali, le acque superficiali e sotterranee,
interne e marine, le fognature, sul suolo e nel sottosuolo.
4. L'autorità competente
per il controllo e' autorizzata ad effettuare tutte le ispezioni che ritenga
necessarie per l'accertamento delle condizioni che danno luogo alla formazione
degli scarichi. Essa può richiedere
che scarichi parziali contenenti le sostanze di cui ai numeri 1, 2, 3, 4, 5,
6, 7, 8, 9, 10, 12, 15, 16, 17 e 18 della tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto subiscano un trattamento particolare prima della
loro confluenza nello scarico generale.
5. I valori limite di emissione non
possono in alcun caso essere conseguiti mediante diluizione con acque prelevate
esclusivamente allo scopo. Non e' comunque consentito diluire con acque di
raffreddamento, di lavaggio o prelevate esclusivamente allo scopo gli scarichi
parziali di cui al comma 4, prima del trattamento degli stessi per adeguarli
ai limiti previsti dalla parte terza dal presente decreto. L'autorità competente,
in sede di autorizzazione, può prescrivere
che lo scarico delle acque di raffreddamento, di lavaggio, ovvero impiegate
per la produzione di energia sia separato dallo scarico terminale di ciascuno
stabilimento.
6. Qualora le acque prelevate da un corpo idrico superficiale
presentino parametri con valori superiori ai valori-limite di emissione, la
disciplina dello scarico e' fissata in base alla natura delle alterazioni e
agli obiettivi di qualità del
corpo idrico ricettore. In ogni caso le acque devono essere restituite con
caratteristiche qualitative non peggiori di quelle prelevate e senza maggiorazioni
di portata allo stesso corpo idrico dal quale sono state prelevate.
7. Salvo
quanto previsto dall'articolo 112, ai fini della disciplina degli scarichi
e delle autorizzazioni, sono assimilate alle acque reflue domestiche le acque
reflue:
a) provenienti da imprese dedite esclusivamente alla coltivazione del
terreno e/o alla silvicoltura;
b) provenienti da imprese dedite ad allevamento
di bestiame che, per quanto riguarda gli effluenti di allevamento, praticano
l'utilizzazione agronomica in conformità alla disciplina regionale stabilita
sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali di cui all'articolo
112, comma 2, e che dispongono di almeno un ettaro di terreno agricolo per
ognuna delle quantità indicate
nella Tabella 6 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
c) provenienti
da imprese dedite alle attività di cui alle lettere
a) e b) che esercitano anche attività di trasformazione o di valorizzazione
della produzione agricola, inserita con carattere di normalità e complementarietà funzionale
nel ciclo produttivo aziendale e con materia prima lavorata proveniente in
misura prevalente dall'attività di coltivazione dei terreni di cui si
abbia a qualunque titolo la disponibilità;
d) provenienti da impianti
di acquacoltura e di piscicoltura che diano luogo a scarico e che si caratterizzino
per una densità di allevamento pari
o inferiore a 1 Kg per metro quadrato di specchio d'acqua o in cui venga utilizzata
una portata d'acqua pari o inferiore a 50 litri al minuto secondo;
e) aventi
caratteristiche qualitative equivalenti a quelle domestiche e indicate
dalla normativa regionale;
f) provenienti da attività termali, fatte
salve le discipline regionali di settore.
8. Entro sei mesi dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto, e successivamente ogni due
anni, le regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, al Servizio geologico d'Italia - Dipartimento difesa del suolo
dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT)
e all'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti le informazioni relative alla funzionalità dei
depuratori, nonche' allo smaltimento dei relativi fanghi, secondo le modalità di
cui all'articolo 75, comma 5.
9. Al fine di assicurare la più ampia
divulgazione delle informazioni sullo stato dell'ambiente le regioni pubblicano
ogni due anni, sui propri Bollettini Ufficiali e siti internet istituzionali,
una relazione sulle attività di
smaltimento delle acque reflue urbane nelle aree di loro competenza, secondo
le modalità indicate nel decreto di cui all'articolo 75, comma 5.
10.
Le Autorità competenti possono promuovere e stipulare accordi e
contratti di programma con soggetti economici interessati, al fine di favorire
il risparmio idrico, il riutilizzo delle acque di scarico e il recupero come
materia prima dei fanghi di depurazione, con la possibilità di ricorrere
a strumenti economici, di stabilire agevolazioni in materia di adempimenti
amministrativi e di fissare, per le sostanze ritenute utili, limiti agli scarichi
in deroga alla disciplina generale, nel rispetto comunque delle norme comunitarie
e delle misure necessarie al conseguimento degli obiettivi di qualità.
ART. 102
(scarichi di acque termali)
1. Per le acque termali che presentano all'origine parametri chimici con valori
superiori a quelli limite di emissione, e' ammessa la deroga ai valori stessi
a condizione che le acque siano restituite con caratteristiche qualitative
non superiori rispetto a quelle prelevate ovvero che le stesse, nell'ambito
massimo del 10 per cento, rispettino i parametri batteriologici e non siano
presenti le sostanze pericolose di cui alle Tabelle 3/A e 5 dell'Allegato 5
alla parte terza del presente decreto.
2. Gli scarichi termali sono ammessi,
fatta salva la disciplina delle autorizzazioni adottata dalle regioni ai sensi
dell'articolo 124, comma 5:
a) in corpi idrici superficiali, purche' la loro
immissione nel corpo ricettore non comprometta gli usi delle risorse idriche
e non causi danni alla salute ed all'ambiente;
b) sul suolo o negli strati superficiali
del sottosuolo, previa verifica delle situazioni geologiche;
c) in reti fognarie,
purche' vengano osservati i regolamenti emanati dal gestore del servizio idrico
integrato e vengano autorizzati dalle Autorità di
ambito;
d) in reti fognarie di tipo separato previste per le acque meteoriche.
ART. 103
(scarichi sul suolo)
1. E' vietato lo scarico sul suolo o negli strati superficiali del sottosuolo,
fatta eccezione:
a) per i casi previsti dall'articolo 100, comma 3;
b) per gli scaricatori di
piena a servizio delle reti fognarie;
c) per gli scarichi di acque reflue urbane
e industriali per i quali sia accertata l'impossibilità tecnica o l'eccessiva
onerosità, a fronte dei
benefici ambientali conseguibili, a recapitare in corpi idrici superficiali,
purche' gli stessi siano conformi ai criteri ed ai valori-limite di emissione
fissati a tal fine dalle regioni ai sensi dell'articolo 101, comma 2. Sino
all'emanazione di nuove norme regionali si applicano i valori limite di emissione
della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto;
d) per
gli scarichi di acque provenienti dalla lavorazione di rocce naturali nonche'
dagli impianti di lavaggio delle sostanze minerali, purche' i relativi fanghi
siano costituiti esclusivamente da acqua e inerti naturali e non comportino
danneggiamento delle falde acquifere o instabilità dei suoli;
e) per
gli scarichi di acque meteoriche convogliate in reti fognarie separate;
f) per
le acque derivanti dallo sfioro dei serbatoi idrici, dalle operazioni di manutenzione
delle reti idropotabili e dalla manutenzione dei pozzi di acquedotto.
2. Al
di fuori delle ipotesi previste al comma 1, gli scarichi sul suolo esistenti
devono essere convogliati in corpi idrici superficiali, in reti fognarie ovvero
destinati al riutilizzo in conformità alle prescrizioni fissate con
il decreto di cui all'articolo 99, comma 1. In caso di mancata ottemperanza
agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico si considera a tutti
gli effetti revocata.
3. Gli scarichi di cui alla lettera c) del comma 1 devono
essere conformi ai limiti della Tabella 4 dell'Allegato 5 alla parte terza
del presente decreto. Resta comunque fermo il divieto di scarico sul suolo
delle sostanze indicate al punto 2.1 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente
decreto.
ART. 104
(scarichi nel sottosuolo e nelle acque sotterranee)
1. E' vietato lo scarico diretto nelle acque sotterranee e nel sottosuolo.
2. In deroga a quanto previsto al comma 1, l'autorità competente, dopo
indagine preventiva, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda
delle acque utilizzate per scopi geotermici, delle acque di infiltrazione di
miniere o cave o delle acque pompate nel corso di determinati lavori di ingegneria
civile, ivi comprese quelle degli impianti di scambio termico.
3. In deroga
a quanto previsto dal comma 1, il Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio, d'intesa con il Ministro delle attività produttive
per i giacimenti a mare ed anche con le regioni per i giacimenti a terra, può altresì autorizzare
lo scarico di acque risultanti dall'estrazione di idrocarburi nelle unità geologiche
profonde da cui gli stessi idrocarburi sono stati estratti, oppure in unità dotate
delle stesse caratteristiche, che contengano o abbiano contenuto idrocarburi,
indicando le modalità dello scarico. Lo scarico non deve contenere altre
acque di scarico o altre sostanze pericolose diverse, per qualità e
quantità, da quelle derivanti dalla separazione degli idrocarburi. Le
relative autorizzazioni sono rilasciate con la prescrizione delle precauzioni
tecniche necessarie a garantire che le acque di scarico non possano raggiungere
altri sistemi idrici o nuocere ad altri ecosistemi.
4. In deroga a quanto previsto
al comma 1, l'autorità competente, dopo
indagine preventiva anche finalizzata alla verifica dell'assenza di sostanze
estranee, può autorizzare gli scarichi nella stessa falda delle acque
utilizzate per il lavaggio e la lavorazione degli inerti, purche' i relativi
fanghi siano costituiti esclusivamente da acqua ed inerti naturali ed il loro
scarico non comporti danneggiamento alla falda acquifera. A tal fine, l'Agenzia
regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA) competente per territorio,
a spese del soggetto richiedente l'autorizzazione, accerta le caratteristiche
quantitative e qualitative dei fanghi e l'assenza di possibili danni per la
falda, esprimendosi con parere vincolante sulla richiesta di autorizzazione
allo scarico.
5. Per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione
di idrocarburi liquidi o gassosi in mare, lo scarico delle acque diretto in
mare avviene secondo le modalità previste dal Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio con proprio decreto, purche' la concentrazione
di olii minerali sia inferiore a 40 mg/l. Lo scarico diretto a mare e' progressivamente
sostituito dalla iniezione o reiniezione in unità geologiche profonde,
non appena disponibili pozzi non più produttivi ed idonei all'iniezione
o reiniezione, e deve avvenire comunque nel rispetto di quanto previsto dai
commi 2 e 3.
6. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, in
sede di autorizzazione allo scarico in unità geologiche profonde di
cui al comma 3, autorizza anche lo scarico diretto a mare, secondo le modalità previste
dai commi 5 e 7, per i seguenti casi:
a) per la frazione di acqua eccedente,
qualora la capacità del pozzo
iniettore o reiniettore non sia sufficiente a garantire la ricezione di tutta
l'acqua risultante dall'estrazione di idrocarburi;
b) per il tempo necessario
allo svolgimento della manutenzione, ordinaria e straordinaria, volta a garantire
la corretta funzionalità e sicurezza
del sistema costituito dal pozzo e dall'impianto di iniezione o di reiniezione.
7. Lo scarico diretto in mare delle acque di cui ai commi 5 e 6 e' autorizzato
previa presentazione di un piano di monitoraggio volto a verificare l'assenza
di pericoli per le acque e per gli ecosistemi acquatici.
8. Al di fuori delle
ipotesi previste dai commi 2, 3, 5 e 7, gli scarichi nel sottosuolo e nelle
acque sotterranee, esistenti e debitamente autorizzati, devono essere convogliati
in corpi idrici superficiali ovvero destinati, ove possibile, al riciclo, al
riutilizzo o all'utilizzazione agronomica. In caso di mancata ottemperanza
agli obblighi indicati, l'autorizzazione allo scarico e' revocata.
ART. 105
(scarichi in acque superficiali)
1. Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali devono rispettare
i valori-limite di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e
2, in funzione del perseguimento degli obiettivi di qualità.
2. Gli
scarichi di acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie, provenienti
da agglomerati con meno di 2.000 abitanti equivalenti e recapitanti in acque
dolci ed in acque di transizione, e gli scarichi provenienti da agglomerati
con meno di 10.000 abitanti equivalenti, recapitanti in acque marino-costiere,
sono sottoposti ad un trattamento appropriato, in conformità con le
indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
3. Le acque
reflue urbane devono essere sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento
secondario o ad un trattamento equivalente in conformità con
le indicazioni dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.
4. Gli
scarichi previsti al comma 3 devono rispettare, altresì, i valori-limite
di emissione fissati ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
5. Le regioni
dettano specifica disciplina per gli scarichi di reti fognarie provenienti
da agglomerati a forte fluttuazione stagionale degli abitanti, tenuto conto
di quanto disposto ai commi 2 e 3 e fermo restando il conseguimento degli obiettivi
di qualità.
6. Gli scarichi di acque reflue urbane in acque situate
in zone d'alta montagna, ossia al di sopra dei 1500 metri sul livello del mare,
dove, a causa delle basse temperature, e' difficile effettuare un trattamento
biologico efficace, possono essere sottoposti ad un trattamento meno spinto
di quello previsto al comma 3, purche' appositi studi comprovino che i suddetti
scarichi non avranno ripercussioni negative sull'ambiente.
ART. 106
(scarichi di acque reflue urbane in corpi idrici ricadenti in aree sensibili)
1. Ferme restando le disposizioni dell'articolo 101, commi 1 e 2, le acque
reflue urbane provenienti da agglomerati con oltre 10.000 abitanti equivalenti,
che scaricano in acque recipienti individuate quali aree sensibili, devono
essere sottoposte ad un trattamento più spinto di quello previsto dall'articolo
105, comma 3, secondo i requisiti specifici indicati nell'Allegato 5 alla parte
terza del presente decreto.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano
nelle aree sensibili in cui può essere dimostrato che la percentuale
minima di riduzione del carico complessivo in ingresso a tutti gli impianti
di trattamento delle acque reflue urbane e' pari almeno al settantacinque per
cento per il fosforo totale oppure per almeno il settantacinque per cento per
l'azoto totale.
3. Le regioni individuano, tra gli scarichi provenienti dagli
impianti di trattamento delle acque reflue urbane situati all'interno dei bacini
drenanti afferenti alle aree sensibili, quelli che, contribuendo all'inquinamento
di tali aree, sono da assoggettare al trattamento di cui ai commi 1 e 2 in
funzione del raggiungimento dell'obiettivo di qualità dei corpi idrici
ricettori.
ART. 107
(scarichi in reti fognarie)
1. Ferma restando l'inderogabilità dei valori-limite di emissione di
cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto
e, limitatamente ai parametri di cui alla nota 2 della Tabella 5 del medesimo
Allegato 5, alla Tabella 3, gli scarichi di acque reflue industriali che recapitano
in reti fognarie sono sottoposti alle norme tecniche, alle prescrizioni regolamentari
e ai valori-limite adottati dall'Autorità d'ambito competente in base
alle caratteristiche dell'impianto, e in modo che sia assicurata la tutela
del corpo idrico ricettore nonche' il rispetto della disciplina degli scarichi
di acque reflue urbane definita ai sensi dell'articolo 101, commi 1 e 2.
2.
Gli scarichi di acque reflue domestiche che recapitano in reti fognarie sono
sempre ammessi purche' osservino i regolamenti emanati dal soggetto gestore
del servizio idrico integrato ed approvati dall'Autorità d'ambito competente.
3. Non e' ammesso lo smaltimento dei rifiuti, anche se triturati, in fognatura,
ad eccezione di quelli organici provenienti dagli scarti dell'alimentazione,
misti ad acque provenienti da usi civili, trattati mediante l'installazione,
preventivamente comunicata all'ente gestore del servizio idrico integrato,
di apparecchi dissipatori di rifiuti alimentari che ne riducano la massa in
particelle sottili, previa verifica tecnica degli impianti e delle reti da
parte del gestore del servizio idrico integrato che e' responsabile del corretto
funzionamento del sistema.
4. Le regioni, sentite le province, possono stabilire
norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili
e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli
impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni
previsti dalle relative autorizzazioni.
ART. 108
(scarichi di sostanze pericolose)
1. Le disposizioni relative agli scarichi di sostanze pericolose si applicano
agli stabilimenti nei quali si svolgono attività che comportano la produzione,
la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze di cui alle Tabelle 3/A
e 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e nei cui scarichi
sia accertata la presenza di tali sostanze in quantità o concentrazioni
superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dalle metodiche di rilevamento
in essere alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
o, successivamente, superiori ai limiti di rilevabilità consentiti dagli
aggiornamenti a tali metodiche messi a punto ai sensi del punto 4 dell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto.
2. Tenendo conto della tossicità,
della persistenza e della bioaccumulazione della sostanza considerata nell'ambiente
in cui e' effettuato lo scarico, l'autorità competente
in sede di rilascio dell'autorizzazione può fissare, nei casi in cui
risulti accertato che i valori limite definiti ai sensi dell'articolo 101,
commi 1 e 2, impediscano o pregiudichino il conseguimento degli obiettivi di
qualità previsti nel Piano di tutela di cui all'articolo 121, anche
per la compre senza di altri scarichi di sostanze pericolose, valori-limite
di emissione più restrittivi di quelli fissati ai sensi dell'articolo
101, commi 1 e 2.
3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui al comma
1 dell'articolo 107 e del comma 2 del presente articolo, entro il 30 ottobre
2007 devono essere attuate le prescrizioni concernenti gli scarichi delle imprese
assoggettate alle disposizioni del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n.
59. Dette prescrizioni, concernenti valori limite di emissione, parametri e
misure tecniche, si basano sulle migliori tecniche disponibili, senza obbligo
di utilizzare una tecnica o una tecnologia specifica, tenendo conto delle caratteristiche
tecniche dell'impianto in questione, della sua ubicazione geografica e delle
condizioni locali dell'ambiente.
4. Per le sostanze di cui alla Tabella 3/A
dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli
produttivi indicati nella medesima tabella, le autorizzazioni stabiliscono
altresì la quantità massima
della sostanza espressa in unità di peso per unità di elemento
caratteristico dell'attività inquinante e cioe' per materia prima o
per unità di prodotto, in conformità con quanto indicato nella
stessa Tabella. Gli scarichi contenenti le sostanze pericolose di cui al comma
1 sono assoggettati alle prescrizioni di cui al punto 1.2.3. dell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto.
5. Per le acque reflue industriali
contenenti le sostanze della Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, il punto di misurazione dello scarico e' fissato secondo
quanto previsto dall'autorizzazione integrata ambientale di cui al decreto
legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, e, nel caso di attività non rientranti
nel campo di applicazione del suddetto decreto, subito dopo l'uscita dallo
stabilimento o dall'impianto di trattamento che serve lo stabilimento medesimo.
L'autorità competente può richiedere
che gli scarichi parziali contenenti le sostanze della tabella 5 del medesimo
Allegato 5 siano tenuti separati dallo scarico generale e disciplinati come
rifiuti. Qualora l'impianto di trattamento di acque reflue industriali che
tratta le sostanze pericolose, di cui alla tabella 5 del medesimo Allegato
5, riceva acque reflue contenenti sostanze pericolose non sensibili al tipo
di trattamento adottato, in sede di autorizzazione l'autorità competente
ridurrà opportunamente i valori limite di e missione indicati nella
tabella 3 del medesimo Allegato 5 per ciascuna delle predette sostanze pericolose
indicate in Tabella 5, tenendo conto della diluizione operata dalla miscelazione
delle diverse acque reflue.
6. L'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione
per le sostanze di cui alla Tabella 3/A dell'Allegato 5 alla parte terza del
presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati nella tabella medesima,
redige un elenco delle autorizzazioni rilasciate, degli scarichi esistenti
e dei controlli effettuati, ai fini del successivo inoltro alla Commissione
europea.
ULTERIORI MISURE PER LA TUTELA DEI CORPI IDRICI
ART. 109
(immersione in mare di materiale derivante da attività di escavo e attività di
posa in mare di cavi e condotte)
1. Al fine della tutela dell'ambiente marino e in conformità alle disposizioni
delle convenzioni internazionali vigenti in materia, e' consentita l'immersione
deliberata in mare da navi ovvero aeromobili e da strutture ubicate nelle acque
del mare o in ambiti ad esso contigui, quali spiagge, lagune e stagni salmastri
e terrapieni costieri, dei materiali seguenti:
a) materiali di escavo di fondali
marini o salmastri o di terreni litoranei emersi;
b) inerti, materiali geologici
inorganici e manufatti al solo fine di utilizzo, ove ne sia dimostrata la compatibilità e
l'innocuità ambientale;
c) materiale organico e inorganico di origine
marina o salmastra, prodotto durante l'attività di pesca effettuata
in mare o laguna o stagni salmastri.
2. L'autorizzazione all'immersione in
mare dei materiali di cui al comma 1, lettera a), e' rilasciata dall'autorità competente
solo quando e' dimostrata, nell'ambito della relativa istruttoria, l'impossibilità tecnica
o economica del loro utilizzo ai fini di ripascimento o di recupero oppure
del loro smaltimento alternativo in conformità alle modalità stabilite
con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto
con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, delle politiche agricole
e forestali, delle attività produttive previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto.
3. L'immersione in mare di
materiale di cui al comma 1, lettera b), e' soggetta ad autorizzazione, con
esclusione dei nuovi manufatti soggetti alla valutazione di impatto ambientale.
Per le opere di ripristino, che non comportino aumento della cubatura delle
opere preesistenti, e' dovuta la sola comunicazione all'autorità competente.
4. L'immersione in mare dei materiali di cui al comma 1, lettera c), non e'
soggetta ad autorizzazione.
5. La movimentazione dei fondali marini derivante
dall'attività di
posa in mare di cavi e condotte e' soggetta ad autorizzazione regionale rilasciata,
in conformità alle modalità tecniche stabilite con decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri
delle attività produttive, delle infrastrutture e dei trasporti e delle
politiche agricole e forestali, per quanto di competenza, da emanarsi entro
centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto. Nel caso di condotte o cavi facenti parte di reti energetiche di interesse
nazionale, o di connessione con reti energetiche di altri stati, l'autorizzazione
e' rilasciata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite
le regioni interessate, nell'ambito del procedimento unico di autorizzazione
delle stesse reti.
ART. 110
(trattamento di rifiuti presso impianti di trattamento delle acque reflue urbane)
1. Salvo quanto previsto ai commi 2 e 3, e' vietato l'utilizzo degli impianti
di trattamento di acque reflue urbane per lo smaltimento di rifiuti.
2. In
deroga al comma 1, l'autorità competente, d'intesa con l'Autorità d'ambito,
in relazione a particolari esigenze e nei limiti della capacità residua
di trattamento, autorizza il gestore del servizio idrico integrato a smaltire
nell'impianto di trattamento di acque reflue urbane rifiuti liquidi, limitatamente
alle tipologie compatibili con il processo di depurazione.
3. Il gestore del
servizio idrico integrato, previa comunicazione all'autorità competente
ai sensi dell'articolo 124, e' comunque autorizzato ad accettare in impianti
con caratteristiche e capacità depurative adeguate, che rispettino i
valori limite di cui all'articolo 101, commi 1 e 2, i seguenti rifiuti e materiali,
purche' provenienti dal proprio Ambito territoriale ottimale oppure da altro
Ambito territoriale ottimale sprovvisto di impianti adeguati:
a) rifiuti costituiti
da acque reflue che rispettino i valori limite stabiliti per lo scarico in
fognatura;
b) rifiuti costituiti dal materiale proveniente dalla manutenzione
ordinaria di sistemi di trattamento di acque reflue domestiche previsti ai
sensi dell'articolo 100, comma 3;
c) materiali derivanti dalla manutenzione
ordinaria della rete fognaria nonche' quelli derivanti da altri impianti di
trattamento delle acque reflue urbane, nei quali l'ulteriore trattamento dei
medesimi non risulti realizzabile tecnicamente e/o economicamente.
4. L'attività di
cui ai commi 2 e 3 può essere consentita purche'
non sia compromesso il possibile riutilizzo delle acque reflue e dei fanghi.
5. Nella comunicazione prevista al comma 3 il gestore del servizio idrico integrato
deve indicare la capacità residua dell'impianto e le caratteristiche
e quantità dei rifiuti che intende trattare. L'autorità competente
può indicare quantità diverse o vietare il trattamento di specifiche
categorie di rifiuti. L'autorità competente provvede altresì all'iscrizione
in appositi elenchi dei gestori di impianti di trattamento che hanno effettuato
la comunicazione di cui al comma 3.
6. Allo smaltimento dei rifiuti di cui
ai commi 2 e 3 si applica l'apposita tariffa determinata dall'Autorità d'ambito.
7. Il produttore ed il trasportatore dei rifiuti sono tenuti al rispetto della
normativa in materia di rifiuti, fatta eccezione per il produttore dei rifiuti
di cui al comma 3, lettera b), che e' tenuto al rispetto dei soli obblighi
previsti per i produttori dalla vigente normativa in materia di rifiuti. Il
gestore del servizio idrico integrato che, ai sensi dei commi 3 e 5, tratta
rifiuti e' soggetto all'obbligo di tenuta del registro di carico e scarico
secondo quanto previsto dalla vigente normativa in materia di rifiuti.
ART. 111
(impianti di acquacoltura e piscicoltura)
1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.
ART. 112
(utilizzazione agronomica)
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 92 per le zone vulnerabili
e dal decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, per gli impianti di allevamento
intensivo di cui al punto 6.6 dell'Allegato 1 al predetto decreto, l'utilizzazione
agronomica degli effluenti di allevamento, delle acque di vegetazione dei frantoi
oleari, sulla base di quanto previsto dalla legge 11 novembre 1996, n. 574,
nonche' dalle acque reflue provenienti dalle aziende di cui all'articolo 101,
comma 7, lettere a), b) e c), e da piccole aziende agroalimentari, così come
individuate in base al decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali
di cui al comma 2, e' soggetta a comunicazione all'autorità competente
ai sensi all'articolo 75 del presente decreto.
2. Le regioni disciplinano le
attività di utilizzazione agronomica
di cui al comma 1 sulla base dei criteri e delle norme tecniche generali adottati
con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto
con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle attività produttive,
della salute e delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
del predetto decreto ministeriale, garantendo nel contempo la tutela dei corpi
idrici potenzialmente interessati ed in particolare il raggiungimento o il
mantenimento degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del
presente decreto.
3. Nell'ambito della normativa di cui al comma 2, sono disciplinati
in particolare:
a) le modalità di attuazione degli articoli 3, 5, 6
e 9 della legge 11 novembre 1996, n. 574;
b) i tempi e le modalità di
effettuazione della comunicazione, prevedendo procedure semplificate nonche'
specifici casi di esonero dall'obbligo di comunicazione per le attività di
minor impatto ambientale;
c) le norme tecniche di effettuazione delle operazioni
di utilizzo agronomico;
d) i criteri e le procedure di controllo, ivi comprese
quelle inerenti l'imposizione di prescrizioni da parte dell'autorità competente,
il divieto di esercizio ovvero la sospensione a tempo determinato dell'attività di
cui al comma 1 nel caso di mancata comunicazione o mancato rispetto delle norme
tecniche e delle prescrizioni impartite;
e) le sanzioni amministrative pecuniarie
fermo restando quanto disposto dall'articolo 137, comma 15.
ART. 113
(acque meteoriche di dilavamento e acque di prima pioggia)
1. Ai fini della prevenzione di rischi idraulici ed ambientali, le regioni,
previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, disciplinano
e attuano:
a) le forme di controllo degli scarichi di acque meteoriche di dilavamento
provenienti da reti fognarie separate;
b) i casi in cui può essere richiesto
che le immissioni delle acque meteoriche di dilavamento, effettuate tramite
altre condotte separate, siano sottoposte a particolari prescrizioni, ivi compresa
l'eventuale autorizzazione.
2. Le acque meteoriche non disciplinate ai sensi
del comma 1 non sono soggette a vincoli o prescrizioni derivanti dalla parte
terza del presente decreto.
3. Le regioni disciplinano altresì i casi
in cui può essere
richiesto che le acque di prima pioggia e di lavaggio delle aree esterne siano
convogliate e opportunamente trattate in impianti di depurazione per particolari
condizioni nelle quali, in relazione alle attività svolte, vi sia il
rischio di dilavamento da superfici impermeabili scoperte di sostanze pericolose
o di sostanze che creano pregiudizio per il raggiungimento degli obiettivi
di qualità dei corpi idrici.
4. E' comunque vietato lo scarico o l'immissione
diretta di acque meteoriche nelle acque sotterranee.
ART. 114
(dighe)
1. Le regioni, previo parere del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio, adottano apposita disciplina in materia di restituzione delle acque
utilizzate per la produzione idroelettrica, per scopi irrigui e in impianti
di potabilizzazione, nonche' delle acque derivanti da sondaggi o perforazioni
diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi, al fine
di garantire il mantenimento o il raggiungimento degli obiettivi di qualità di
cui al titolo II della parte terza del presente decreto.
2. Al fine di assicurare
il mantenimento della capacità di invaso e
la salvaguardia sia della qualità dell'acqua invasata sia del corpo
ricettore, le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento delle dighe sono
effettuate sulla base di un progetto di gestione di ciascun invaso. Il progetto
di gestione e' finalizzato a definire sia il quadro previsionale di dette operazioni
connesse con le attività di manutenzione da eseguire sull'impianto,
sia le misure di prevenzione e tutela del corpo ricettore, dell'ecosistema
acquatico, delle attività di pesca e delle risorse idriche invasate
e rilasciate a valle dell'invaso durante le operazioni stesse.
3. Il progetto
di gestione individua altresì eventuali modalità di
manovra degli organi di scarico, anche al fine di assicurare la tutela del
corpo ricettore. Restano valide in ogni caso le disposizioni fissate dal decreto
del Presidente della Repubblica 1° novembre 1959, n. 1363, volte a garantire
la sicurezza di persone e cose.
4. Il progetto di gestione e' predisposto dal
gestore sulla base dei criteri fissati con decreto del Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti e dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con
il Ministro delle attività produttive
e con quello delle politiche agricole e forestali, previa intesa con la Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di
Trento e di Bolzano, da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto.
5. Il progetto di gestione
e' approvato dalle regioni, con eventuali prescrizioni, entro sei mesi dalla
sua presentazione, previo parere dell'amministrazione competente alla vigilanza
sulla sicurezza dell'invaso e dello sbarramento, ai sensi degli articoli 89
e 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e sentiti, ove necessario,
gli enti gestori delle aree protette direttamente interessate; per le dighe
di cui al citato articolo 91 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112,
il progetto approvato e' trasmesso al Registro italiano dighe (RID) per l'inserimento,
anche in forma sintetica, come parte integrante del foglio condizioni per l'esercizio
e la manutenzione di cui all'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica
1° novembre 1959, n. 1363,
e relative disposizioni di attuazione. Il progetto di gestione si intende approvato
e diviene operativo trascorsi sei mesi dalla data di presentazione senza che
sia intervenuta alcuna pronuncia da parte della regione competente, fermo restando
il pote re di tali Enti di dettare eventuali prescrizioni, anche trascorso
tale termine.
6. Con l'approvazione del progetto il gestore e' autorizzato
ad eseguire le operazioni di svaso, sghiaiamento e sfangamento in conformità ai
limiti indicati nel progetto stesso e alle relative prescrizioni.
7. Nella
definizione dei canoni di concessione di inerti le amministrazioni determinano
specifiche modalità ed importi per favorire lo sghiaiamento
e sfangamento degli invasi per asporto meccanico.
8. I gestori degli invasi
esistenti, che ancora non abbiano ottemperato agli obblighi previsti dal decreto
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio 30 giugno 2004, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 269 del 16 novembre 2004, sono tenuti a presentare
il progetto di cui al comma 2 entro sei mesi dall'emanazione del decreto di
cui al comma 4. Fino all'approvazione o alla operatività del progetto
di gestione, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di entrata in vigore
del predetto decreto, le operazioni periodiche di manovre prescritte ai sensi
dell'articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 1° novembre
1959, n. 1363, volte a controllare la funzionalità degli
organi di scarico, sono svolte in conformità ai fogli di condizione
per l'esercizio e la manutenzione.
9. Le operazioni di svaso, sghiaiamento
e sfangamento degli invasi non devono pregiudicare gli usi in atto a valle
dell'invaso, ne' il rispetto degli obiettivi di qualità ambientale e
degli obiettivi di qualità per specifica
destinazione.
ART. 115
(tutela delle aree di pertinenza dei corpi idrici)
1. Al fine di assicurare il mantenimento o il ripristino della vegetazione
spontanea nella fascia immediatamente adiacente i corpi idrici, con funzioni
di filtro per i solidi sospesi e gli inquinanti di origine diffusa, di stabilizzazione
delle sponde e di conservazione della biodiversità da contemperarsi
con le esigenze di funzionalità dell'alveo, entro un anno dalla data
di entrata in vigore della parte terza del presente decreto le regioni disciplinano
gli interventi di trasformazione e di gestione del suolo e del soprassuolo
previsti nella fascia di almeno 10 metri dalla sponda di fiumi, laghi, stagni
e lagune, comunque vietando la copertura dei corsi d'acqua che non sia imposta
da ragioni di tutela della pubblica incolumità e la realizzazione di
impianti di smaltimento dei rifiuti.
2. Gli interventi di cui al comma 1 sono
comunque soggetti all'autorizzazione prevista dal regio decreto 25 luglio 1904,
n. 523, salvo quanto previsto per gli interventi a salvaguardia della pubblica
incolumità.
3. Per garantire le finalità di cui al comma 1, le
aree demaniali dei fiumi, dei torrenti, dei laghi e delle altre acque possono
essere date in concessione allo scopo di destinarle a riserve naturali, a parchi
fluviali o lacuali o comunque a interventi di ripristino e recupero ambientale.
Qualora le aree demaniali siano già comprese in aree naturali protette
statali o regionali inserite nell'elenco ufficiale previsto dalla vigente normativa,
la concessione e' gratuita.
4. Le aree del demanio fluviale di nuova formazione
ai sensi della legge 5 gennaio 1994, n. 37, non possono essere oggetto di sdemanializzazione.
ART. 116
(programmi di misure)
1. Le regioni, nell'ambito delle risorse disponibili, integrano i Piani di tutela di cui all'articolo 121 con i programmi di misure costituiti dalle misure di base di cui all'Allegato 11 alla parte terza del presente decreto e, ove necessarie, dalle misure supplementari di cui al medesimo Allegato; tali programmi di misure sono sottoposti per l'approvazione all'Autorità di bacino. Qualora le misure non risultino sufficienti a garantire il raggiungimento degli obiettivi previsti, l'Autorità di bacino ne individua le cause e indica alle regioni le modalità per il riesame dei programmi, invitandole ad apportare le necessarie modifiche, fermo restando il limite costituito dalle risorse disponibili. Le misure di base e supplementari devono essere comunque tali da evitare qualsiasi aumento di inquinamento delle acque marine e di quelle superficiali. I programmi sono approvati entro il 2009 ed attuati dalle regioni entro il 2012; il successivo riesame deve avvenire entro il 2015 e dev'essere aggiornato ogni sei anni .
TITOLO IV
STRUMENTI DI TUTELA
CAPO I
PIANI DI GESTIONE E PIANI DI TUTELA DELLE
ACQUE
ART. 117
(piani di gestione e registro delle aree protette)
1. Per ciascun distretto idrografico e' adottato un Piano di gestione, che
rappresenta articolazione interna del Piano di bacino distrettuale di cui all'articolo
65. Il Piano di gestione costituisce pertanto piano stralcio del Piano di bacino
e viene adottato e approvato secondo le procedure stabilite per quest'ultimo
dall'articolo 66. Le Autorità di bacino, ai fini della predisposizione
dei Piani di gestione, devono garantire la partecipazione di tutti i soggetti
istituzionali competenti nello specifico settore.
2. Il Piano di gestione e'
composto dagli elementi indicati nella parte A dell'Allegato 4 alla parte terza
del presente decreto.
3. L'Autorità di bacino, sentite le Autorità d'ambito
del servizio idrico integrato, istituisce entro sei mesi dall'entrata in vigore
della presente norma, sulla base delle informazioni trasmesse dalle regioni,
un registro delle aree protette di cui all'Allegato 9 alla parte terza del
presente decreto, designate dalle autorità competenti ai sensi della
normativa vigente.
ART. 118
(rilevamento delle caratteristiche del bacino idrografico ed analisi dell'impatto
esercitato dall'attività antropica)
1. Al fine di aggiornare le informazioni necessarie alla redazione del Piano
di tutela di cui all'articolo 121, le regioni attuano appositi programmi di
rilevamento dei dati utili a descrivere le caratteristiche del bacino idrografico
e a valutare l'impatto antropico esercitato sul medesimo, nonche' alla raccolta
dei dati necessari all'analisi economica dell'utilizzo delle acque, secondo
quanto previsto dall'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto. Le
risultanze delle attività di cui sopra sono trasmesse al Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio ed al Dipartimento tutela delle acque interne
e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici
(APAT).
2. I programmi di cui al comma 1 sono adottati in conformità alle
indicazioni di cui all'Allegato 3 alla parte terza del presente decreto e di
cui alle disposizioni adottate con apposito decreto dal Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e sono aggiornati ogni sei anni.
3. Nell'espletamento
dell'attività conoscitiva di cui al comma 1, le
regioni sono tenute ad utilizzare i dati e le informazioni già acquisite.
ART. 119
(principio del recupero dei costi relativi ai servizi idrici)
1. Ai fini del raggiungimento degli obiettivi di qualità di cui al
Capo I del titolo II della parte terza del presente decreto, le Autorità competenti
tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi
quelli ambientali e relativi alla risorsa, prendendo in considerazione l'analisi
economica effettuata in base all'Allegato 10 alla parte terza del presente
decreto e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga".
2. Entro il 2010 le Autorità competenti provvedono ad attuare politiche
dei prezzi dell'acqua idonee ad incentivare adeguatamente gli utenti a usare
le risorse idriche in modo efficiente ed a contribuire al raggiungimento ed
al mantenimento degli obiettivi di qualità ambientali di cui alla direttiva
2000/60/CE nonche' di cui agli articoli 76 e seguenti del presente decreto,
anche mediante un adeguato contributo al recupero dei costi dei servizi idrici
a carico dei vari settori di impiego dell'acqua, suddivisi almeno in industria,
famiglie e agricoltura. Al riguardo dovranno comunque essere tenute in conto
le ripercussioni sociali, ambientali ed economiche del recupero dei suddetti
costi, nonche' delle condizioni geografiche e climatiche della regione o delle
regioni in questione. In particolare:
a) i canoni di concessione per le derivazioni
delle acque pubbliche tengono conto dei costi ambientali e dei costi della
risorsa connessi all'utilizzo dell'acqua;
b) le tariffe dei servizi idrici a
carico dei vari settori di impiego dell'acqua, quali quelli civile, industriale
e agricolo, contribuiscono adeguatamente al recupero dei costi sulla base dell'analisi
economica effettuata secondo l'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
3. Nei Piani di tutela di cui all'articolo 121 sono riportate le fasi previste
per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 necessarie al raggiungimento
degli obiettivi di qualità di cui alla parte terza del presente decreto.
ART. 120
(rilevamento dello stato di qualità dei corpi idrici)
1. Le regioni elaborano ed attuano programmi per la conoscenza e la verifica
dello stato qualitativo e quantitativo delle acque superficiali e sotterranee
all'interno di ciascun bacino idrografico.
2. I programmi di cui al comma 1
sono adottati in conformità alle indicazioni
di cui all'Allegato 1 alla parte terza del presente decreto. Tali programmi
devono essere integrati con quelli già esistenti per gli obiettivi a
specifica destinazione stabiliti in conformità all'Allegato 2 alla parte
terza del presente decreto, nonche' con quelli delle acque inserite nel registro
delle aree protette. Le risultanze delle attività di cui al comma 1
sono trasmesse al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio ed
al Dipartimento tutela delle acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione
dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT).
3. Al fine di evitare sovrapposizioni
e di garantire il flusso delle informazioni raccolte e la loro compatibilità con
il Sistema informativo nazionale dell'ambiente (SINA), le regioni possono promuovere,
nell'esercizio delle rispettive competenze, accordi di programma con l'Agenzia
per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), le Agenzie
regionali per la protezione dell'ambiente di cui al decreto-legge 4 dicembre
1993, n. 496, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n.
61, le province, le Autorità d'ambito,
i consorzi di bonifica e di irrigazione e gli altri enti pubblici interessati.
Nei programmi devono essere definite altresì le modalità di standardizzazione
dei dati e di interscambio delle informazioni.
ART. 121
(piani di tutela delle acque)
1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore
ed e' articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonche'
secondo le specifiche indicate nella parte B dell'Allegato 4 alla parte terza
del presente decreto.
2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino,
nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti
di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d'ambito,
definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani
di tutela delle acque, nonche' le priorità degli interventi. Entro il
31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali
misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acque e lo trasmettono
al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio nonche' alle competenti
Autorità di bacino,
per le verifiche di competenza.
3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli
interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi
di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela
qualitativa e quantitativa del sistema idrico.
4. Per le finalità di
cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:
a) i risultati dell'attività conoscitiva;
b) l'individuazione degli obiettivi
di qualità ambientale e per specifica
destinazione;
c) l'elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle
aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall'inquinamento e di risanamento;
d)
le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate
per bacino idrografico;
e) l'indicazione della cadenza temporale degli interventi
e delle relative priorità;
f) il programma di verifica dell'efficacia
degli interventi previsti;
g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;
h) l'analisi economica di cui
all'Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste
al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 119 concernenti
il recupero dei costi dei servizi idrici;
i) le risorse finanziarie previste
a legislazione vigente.
5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano
di tutela le Autorità di
bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione
o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere
vincolante. Il Piano di tutela e' approvato dalle regioni entro i successivi
sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni
e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.
ART. 122
(informazione e consultazione pubblica)
1. Le regioni promuovono la partecipazione attiva di tutte le parti interessate
all'attuazione della parte terza del presente decreto, in particolare all'elaborazione,
al riesame e all'aggiornamento dei Piani di tutela. Su richiesta motivata,
le regioni autorizzano l'accesso ai documenti di riferimento e alle informazioni
in base ai quali e' stato elaborato il progetto del Piano di tutela. Le regioni
provvedono affinche', per il territorio di competenza ricadente nel distretto
idrografico di appartenenza, siano pubblicati e resi disponibili per eventuali
osservazioni da parte del pubblico:
a) il calendario e il programma di lavoro
per la presentazione del Piano, inclusa una dichiarazione delle misure consultive
che devono essere prese almeno tre anni prima dell'inizio del periodo cui il
Piano si riferisce;
b) una valutazione globale provvisoria dei problemi prioritari
per la gestione delle acque nell'ambito del bacino idrografico di appartenenza,
almeno due anni prima dell'inizio del periodo cui il Piano si riferisce;
c)
copia del progetto del Piano di tutela, almeno un anno prima dell'inizio
del periodo cui il piano si riferisce.
2. Per garantire l'attiva partecipazione
e la consultazione, le regioni concedono un periodo minimo di sei mesi per
la presentazione di osservazioni scritte sui documenti di cui al comma 1.
3.
I commi 1 e 2 si applicano anche agli aggiornamenti dei Piani di tutela.
Art. 123
(trasmissione delle informazioni e delle relazioni)
1. Contestualmente alla pubblicazione dei Piani di tutela le regioni trasmettono
copia di detti piani e di tutti gli aggiornamenti successivi al Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio al fine del successivo inoltro alla Commissione
europea.
2. Le regioni trasmettono al medesimo Ministero per il successivo
inoltro alla Commissione europea, anche sulla base delle informazioni dettate,
in materia di modalità di trasmissione delle informazioni sullo stato
di qualità dei
corpi idrici e sulla classificazione delle acque, dal Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio con apposito decreto, relazioni sintetiche concernenti:
a) l'attività conoscitiva di cui all'articolo 118 entro dodici mesi
dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto. I successivi
aggiornamenti sono trasmessi ogni sei anni a partire dal febbraio 2010;
b) i
programmi di monitoraggio secondo quanto previsto all'articolo 120 entro dodici
mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto
e successivamente con cadenza annuale.
3. Entro tre anni dalla pubblicazione
di ciascun Piano di tutela o dall'aggiornamento di cui all'articolo 121, le
regioni trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
una relazione sui progressi realizzati nell'attuazione delle misure di base
o supplementari di cui all'articolo 116.
CAPO II
AUTORIZZAZIONE AGLI SCARICHI
ART. 124
(criteri generali)
1. Tutti gli scarichi devono essere preventivamente autorizzati.
2. L'autorizzazione
e' rilasciata al titolare dell'attività da cui
origina lo scarico. Ove uno o più stabilimenti conferiscano ad un terzo
soggetto, titolare dello scarico finale, le acque reflue provenienti dalle
loro attività, oppure qualora tra più stabilimenti sia costituito
un consorzio per l'effettuazione in comune dello scarico delle acque reflue
provenienti dalle attività dei consorziati, l'autorizzazione e' rilasciata
in capo al titolare dello scarico finale o al consorzio medesimo, ferme restando
le responsabilità dei singoli titolari delle attività suddette
e del gestore del relativo impianto di depurazione in caso di violazione delle
disposizioni della parte terza del presente decreto. Ove uno o più stabilimenti
effettuino scarichi in comune senza essersi costituiti in consorzio, l'autorizzazione
allo scarico e' rilasciata al titolare dello scarico finale, fermo restando
che il rilascio del provvedimento di autorizzazione o il relativo rinnovo sono
subordinati all'approvazione di idoneo progetto comp rovante la possibilità tecnica
di parzializzazione dei singoli scarichi.
3. Il regime autorizzatorio degli
scarichi di acque reflue domestiche e di reti fognarie, servite o meno da impianti
di depurazione delle acque reflue urbane, e' definito dalle regioni nell'ambito
della disciplina di cui all'articolo 101, commi 1 e 2.
4. In deroga al comma
1, gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi
nell'osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato
ed approvati dall'Autorità d'ambito.
5. Il regime autorizzatorio degli
scarichi di acque reflue termali e' definito dalle regioni; tali scarichi sono
ammessi in reti fognarie nell'osservanza dei regolamenti emanati dal gestore
del servizio idrico integrato ed in conformità all'autorizzazione
rilasciata dall'Autorità di ambito.
6. Le regioni disciplinano le fasi
di autorizzazione provvisoria agli scarichi degli impianti di depurazione delle
acque reflue per il tempo necessario al loro avvio.
7. Salvo diversa disciplina
regionale, la domanda di autorizzazione e' presentata alla provincia ovvero
all'Autorità d'ambito se lo scarico e' in pubblica
fognatura. L'autorità competente provvede entro sessanta giorni dalla
ricezione della domanda. Qualora detta autorità risulti inadempiente
nei termini sopra indicati, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa
per i successivi sessanta giorni, salvo revoca.
8. Salvo quanto previsto dal
decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59, l'autorizzazione e' valida per
quattro anni dal momento del rilascio. Un anno prima della scadenza ne deve
essere chiesto il rinnovo. Lo scarico può essere
provvisoriamente mantenuto in funzione nel rispetto delle prescrizioni contenute
nella precedente autorizzazione, fino all'adozione di un nuovo provvedimento,
se la domanda di rinnovo e' stata tempestivamente presentata. Per gli scarichi
contenenti sostanze pericolose di cui all'articolo 108, il rinnovo deve essere
concesso in modo espresso entro e non oltre sei mesi dalla data di scadenza;
trascorso inutilmente tale termine, lo scarico dovrà cessare immediatamente.
La disciplina regionale di cui al comma 3 può prevedere per specifiche
tipologie di scarichi di acque reflue domestiche, ove soggetti ad autorizzazione,
forme di rinnovo tacito della medesima.
9. Per gli scarichi in un corso d'acqua
nel quale sia accertata una portata naturale nulla per oltre centoventi giorni
annui, oppure in un corpo idrico non significativo, l'autorizzazione tiene
conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del
corpo idrico negli altri periodi, e stabilisce prescrizioni e limiti al fine
di garantire le capacità autodepurative
del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee.
10. In relazione alle
caratteristiche tecniche dello scarico, alla sua localizzazione e alle condizioni
locali dell'ambiente interessato, l'autorizzazione contiene le ulteriori prescrizioni
tecniche volte a garantire che lo scarico, ivi comprese le operazioni ad esso
funzionalmente connesse, avvenga in conformità alle
disposizioni della parte terza del presente decreto e senza che consegua alcun
pregiudizio per il corpo ricettore, per la salute pubblica e l'ambiente.
11.
Le spese occorrenti per l'effettuazione di rilievi, accertamenti, controlli
e sopralluoghi necessari per l'istruttoria delle domande di autorizzazione
allo scarico previste dalla parte terza del presente decreto sono a carico
del richiedente. L'autorità competente determina, preliminarmente all'istruttoria
e in via provvisoria, la somma che il richiedente e' tenuto a versare, a titolo
di deposito, quale condizione di procedibilità della domanda. La medesima
Autorità, completata l'istruttoria, provvede alla liquidazione definitiva
delle spese sostenute sulla base di un tariffario dalla stessa approntato.
12. Per insediamenti, edifici o stabilimenti la cui attività sia trasferita
in altro luogo, ovvero per quelli soggetti a diversa destinazione d'uso, ad
ampliamento o a ristrutturazione da cui derivi uno scarico avente caratteristiche
qualitativamente e/o quantitativamente diverse da quelle dello scarico preesistente,
deve essere richiesta una nuova autorizzazione allo scarico, ove quest'ultimo
ne risulti soggetto. Nelle ipotesi in cui lo scarico non abbia caratteristiche
qualitative o quantitative diverse, deve essere data comunicazione all'autorità competente,
la quale, verificata la compatibilità dello scarico con il corpo recettore,
adotta i provvedimenti che si rendano eventualmente necessari.
ART. 125
(domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali)
1. La domanda di autorizzazione agli scarichi di acque reflue industriali
deve essere corredata dall'indicazione delle caratteristiche quantitative e
qualitative dello scarico e del volume annuo di acqua da scaricare, dalla tipologia
del ricettore, dalla individuazione del punto previsto per effettuare i prelievi
di controllo, dalla descrizione del sistema complessivo dello scarico ivi comprese
le operazioni ad esso funzionalmente connesse, dall'eventuale sistema di misurazione
del flusso degli scarichi, ove richiesto, e dalla indicazione delle apparecchiature
impiegate nel processo produttivo e nei sistemi di scarico nonche' dei sistemi
di depurazione utilizzati per conseguire il rispetto dei valori limite di emissione.
2. Nel caso di scarichi di sostanze di cui alla tabella 3/A dell'Allegato 5
alla parte terza del presente decreto, derivanti dai cicli produttivi indicati
nella medesima tabella 3/A, la domanda di cui al comma 1 deve altresì indicare:
a) la capacità di produzione del singolo stabilimento industriale che
comporta la produzione o la trasformazione o l'utilizzazione delle sostanze
di cui alla medesima tabella, oppure la presenza di tali sostanze nello scarico.
La capacità di produzione dev'essere indicata con riferimento alla massima
capacità oraria moltiplicata per il numero massimo di ore lavorative
giornaliere e per il numero massimo di giorni lavorativi;
b) il fabbisogno orario
di acque per ogni specifico processo produttivo.
ART. 126
(approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue
urbane)
1. Le regioni disciplinano le modalità di approvazione dei progetti degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane. Tale disciplina deve tenere conto dei criteri di cui all'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto e della corrispondenza tra la capacità di trattamento dell'impianto e le esigenze delle aree asservite, nonche' delle modalità della gestione che deve assicurare il rispetto dei valori limite degli scarichi. Le regioni disciplinano altresì le modalità di autorizzazione provvisoria necessaria all'avvio dell'impianto anche in caso di realizzazione per lotti funzionali.
ART. 127
(fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue)
1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992,
n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti
alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile. I fanghi devono essere riutilizzati
ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato.
2. E' vietato lo smaltimento
dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.
CAPO III
CONTROLLO DEGLI SCARICHI
ART. 128
(soggetti tenuti al controllo)
1. L'autorità competente effettua il controllo degli scarichi sulla
base di un programma che assicuri un periodico, diffuso, effettivo ed imparziale
sistema di controlli.
2. Fermo restando quanto stabilito al comma 1, per gli
scarichi in pubblica fognatura il gestore del servizio idrico integrato organizza
un adeguato servizio di controllo secondo le modalità previste nella
convenzione di gestione.
ART. 129
(accessi ed ispezioni)
1. L'autorità competente al controllo e' autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all'accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico e' tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l'accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.
ART. 130
(inosservanza delle prescrizioni della autorizzazione allo scarico)
1. Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo
V della parte terza del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni
dell'autorizzazione allo scarico l'autorità competente procede, secondo
la gravità dell'infrazione:
a) alla diffida, stabilendo un termine entro
il quale devono essere eliminate le inosservanze;
b) alla diffida e contestuale
sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino
situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;
c) alla revoca
dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte
con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione
di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente.
ART. 131
(controllo degli scarichi di sostanze pericolose)
1. Per gli scarichi contenenti le sostanze di cui alla Tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, l'autorità competente al rilascio dell'autorizzazione può prescrivere, a carico del titolare dello scarico, l'installazione di strumenti di controllo in automatico, nonche' le modalità di gestione degli stessi e di conservazione dei relativi risultati, che devono rimanere a disposizione dell'autorità competente al controllo per un periodo non inferiore a tre anni dalla data di effettuazione dei singoli controlli.
ART. 132
(interventi sostitutivi)
1. Nel caso di mancata effettuazione dei controlli previsti dalla parte terza
del presente decreto, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio
diffida la regione a provvedere entro il termine massimo di centottanta giorni
ovvero entro il minor termine imposto dalle esigenze di tutela ambientale.
In caso di persistente inadempienza provvede, in via sostitutiva, il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, previa delibera del Consiglio
dei Ministri, con oneri a carico dell'Ente inadempiente.
2. Nell'esercizio
dei poteri sostitutivi di cui al comma 1, il Ministro dell'ambiente e della
tutela del territorio nomina un commissario "ad acta" che
pone in essere gli atti necessari agli adempimenti previsti dalla normativa
vigente a carico delle regioni al fine dell'organizzazione del sistema dei
controlli.
TITOLO V
SANZIONI
CAPO I
SANZIONI AMMINISTRATIVE
ART. 133
(sanzioni amministrative)
1. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, nell'effettuazione di uno
scarico superi i valori limite di emissione fissati nelle tabelle di cui all'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto, oppure i diversi valori limite stabiliti
dalle regioni a norma dell'articolo 101, comma 2, o quelli fissati dall'autorità competente
a norma dell'articolo 107, comma 1, o dell'articolo 108, comma 1, e' punito
con la sanzione amministrativa da tremila euro a trentamila euro. Se l'inosservanza
dei valori limite riguarda scarichi recapitanti nelle aree di salvaguardia
delle risorse idriche destinate al consumo umano di cui all'articolo 94, oppure
in corpi idrici posti nelle aree protette di cui alla vigente normativa, si
applica la sanzione amministrativa non inferiore a ventimila euro.
2. Chiunque
apra o comunque effettui scarichi di acque reflue domestiche o di reti fognarie,
servite o meno da impianti pubblici di depurazione, senza l'autorizzazione
di cui all'articolo 124, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi
dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con la sanzione
amministrativa da seimila euro a sessantamila euro. Nell'ipotesi di scarichi
relativi ad edifici isolati adibiti ad uso abitativo la sanzione e' da seicento
euro a tremila euro.
3. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, al
di fuori delle ipotesi di cui al comma 1, effettui o mantenga uno scarico senza
osservare le prescrizioni indicate nel provvedimento di autorizzazione o fissate
ai sensi dell'articolo 107, comma 1, e' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
4. Chiunque, salvo
che il fatto costituisca reato, effettui l'immersione in mare dei materiali
indicati all'articolo 109, comma 1, lettere a) e b), ovvero svolga l'attività di
posa in mare cui al comma 5 dello stesso articolo, senza autorizzazione, e'
punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a
quindicimila euro.
5. Salvo che il fatto costituisca reato, fino all'emanazione
della disciplina regionale di cui all'articolo 112, comma 2, chiunque non osservi
le disposizioni di cui all'articolo 170, comma 7, e' punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
6. Chiunque, salvo
che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi
previsto dall'articolo 127, comma 2, e' punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.
7. Salvo che il fatto costituisca
reato, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da tremila euro
a trentamila euro chiunque:
a) nell'effettuazione delle operazioni di svaso,
sghiaiamento o sfangamento delle dighe, superi i limiti o non osservi le altre
prescrizioni contenute nello specifico progetto di gestione dell'impianto di
cui all'articolo 114, comma 2;
b) effettui le medesime operazioni prima dell'approvazione
del progetto di gestione.
8. Chiunque violi le prescrizioni concernenti l'installazione
e la manutenzione dei dispositivi per la misurazione delle portate e dei volumi,
oppure l'obbligo di trasmissione dei risultati delle misurazioni di cui all'articolo
95, comma 3, e' punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da millecinquecento
euro a seimila euro. Nei casi di particolare tenuità la sanzione e'
ridotta ad un quinto.
9. Chiunque non ottemperi alla disciplina dettata dalle
regioni ai sensi dell'articolo 113, comma 1, lettera b), e' punito con la sanzione
amministrativa pecuniaria da millecinquecento euro a quindicimila euro.
ART. 134
(sanzioni in materia di aree di salvaguardia)
1. L'inosservanza delle disposizioni relative alle attività e destinazioni vietate nelle aree di salvaguardia di cui all'articolo 94 e' punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da seicento euro a seimila euro.
ART. 135
(competenza e giurisdizione)
1. In materia di accertamento degli illeciti amministrativi, all'irrogazione
delle sanzioni amministrative pecuniarie provvede, con ordinanza-ingiunzione
ai sensi degli articoli 18 e seguenti della legge 24 novembre 1981, n. 689,
la regione o la provincia autonoma nel cui territorio e' stata commessa la
violazione, ad eccezione delle sanzioni previste dall'articolo 133, comma 8,
per le quali e' competente il comune, fatte salve le attribuzioni affidate
dalla legge ad altre pubbliche autorità.
2. Fatto salvo quanto previsto
dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ai fini della sorveglianza e
dell'accertamento degli illeciti in violazione delle norme in materia di tutela
delle acque dall'inquinamento provvede il Comando carabinieri tutela ambiente
(C.C.T.A.); può altresì intervenire
il Corpo forestale dello Stato e possono concorrere la Guardia di finanza e
la Polizia di Stato. Il Corpo delle capitanerie di porto, Guardia costiera,
provvede alla sorveglianza e all'accertamento delle violazioni di cui alla
parte terza del presente decreto quando dalle stesse possano derivare danni
o situazioni di pericolo per l'ambiente marino e costiero.
3. Per i procedimenti
penali pendenti alla entrata di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, l'autorità giudiziaria, se non deve
pronunziare decreto di archiviazione o sentenza di proscioglimento, dispone
la trasmissione degli atti agli enti indicati al comma 1 ai fini dell'applicazione
delle sanzioni amministrative.
4. Alle sanzioni amministrative pecuniarie previste
dalla parte terza del presente decreto non si applica il pagamento in misura
ridotta di cui all'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
ART. 136
(proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie)
1. Le somme derivanti dai proventi delle sanzioni amministrative previste dalla parte terza del presente decreto sono versate all'entrata del bilancio regionale per essere riassegnate alle unità previsionali di base destinate alle opere di risanamento e di riduzione dell'inquinamento dei corpi idrici. Le regioni provvedono alla ripartizione delle somme riscosse fra gli interventi di prevenzione e di risanamento.
CAPO II
SANZIONI PENALI
ART. 137
(sanzioni penali)
1. Chiunque apra o comunque effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali,
senza autorizzazione, oppure continui ad effettuare o mantenere detti scarichi
dopo che l'autorizzazione sia stata sospesa o revocata, e' punito con l'arresto
da due mesi a due anni o con l'ammenda da millecinquecento euro a diecimila
euro.
2. Quando le condotte descritte al comma 1 riguardano gli scarichi di
acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese nelle famiglie
e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato 5 alla
parte terza del presente decreto, la pena e' dell'arresto da tre mesi a tre
anni.
3. Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al comma 5, effettui uno
scarico di acque reflue industriali contenenti le sostanze pericolose comprese
nelle famiglie e nei gruppi di sostanze indicate nelle tabelle 5 e 3/A dell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto senza osservare le prescrizioni dell'autorizzazione,
o le altre prescrizioni dell'autorità competente a norma degli articoli
107, comma 1, e 108, comma 4, e' punito con l'arresto fino a due anni.
4. Chiunque
violi le prescrizioni concernenti l'installazione e la gestione dei controlli
in automatico o l'obbligo di conservazione dei risultati degli stessi di cui
all'articolo 131 e' punito con la pena di cui al comma 3.
5. Chiunque, nell'effettuazione
di uno scarico di acque reflue industriali, superi i valori limite fissati
nella tabella 3 o, nel caso di scarico sul suolo, nella tabella 4 dell'Allegato
5 alla parte terza del presente decreto, oppure superi i limiti più restrittivi
fissati dalle regioni o dalle province autonome o dall'Autorità competente
a norma dell'articolo 107, comma 1, in relazione alle sostanze indicate nella
tabella 5 dell'Allegato 5 alla parte terza del presente decreto, e' punito
con l'arresto fino a due anni e con l'ammenda da tremila euro a trentamila
euro. Se sono superati anche i valori limite fissati per le sostanze contenute
nella tabella 3/A del medesimo Allegato 5, si applica l'arresto da sei mesi
a tre anni e l'ammenda da seimila euro a centoventimila euro.
6. Le sanzioni
di cui al comma 5 si applicano altresì al gestore di
impianti di trattamento delle acque reflue urbane che nell'effettuazione dello
scarico supera i valori-limite previsti dallo stesso comma.
7. Al gestore del
servizio idrico integrato che non ottempera all'obbligo di comunicazione di
cui all'articolo 110, comma 3, o non osserva le prescrizioni o i divieti di
cui all'articolo 110, comma 5, si applica la pena dell'arresto da tre mesi
ad un anno o con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di
rifiuti non pericolosi e con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e
con l'ammenda da tremila euro a trentamila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.
8. Il titolare di uno scarico che non consente l'accesso agli insediamenti
da parte del soggetto incaricato del controllo ai fini di cui all'articolo
101, commi 3 e 4, salvo che il fatto non costituisca più grave reato,
e' punito con la pena dell'arresto fino a due anni. Restano fermi i poteri-doveri
di interventi dei soggetti incaricati del controllo anche ai sensi dell'articolo
13 della legge n. 689 del 1981 e degli articoli 55 e 354 del codice di procedura
penale.
9. Chiunque non ottempera alla disciplina dettata dalle regioni ai
sensi dell'articolo 113, comma 3, e' punito con le sanzioni di cui all'articolo
137, comma 1.
10. Chiunque non ottempera al provvedimento adottato dall'autorità competente
ai sensi dell'articolo 84, comma 4, ovvero dell'articolo 85, comma 2, e' punito
con l'ammenda da millecinquecento euro a quindicimila euro.
11. Chiunque non
osservi i divieti di scarico previsti dagli articoli 103 e 104 e' punito con
l'arresto sino a tre anni.
12. Chiunque non osservi le prescrizioni regionali
assunte a norma dell'articolo 88, commi 1 e 2, dirette ad assicurare il raggiungimento
o il ripristino degli obiettivi di qualità delle acque designate ai
sensi dell'articolo 87, oppure non ottemperi ai provvedimenti adottati dall'autorità competente
ai sensi dell'articolo 87, comma 3, e' punito con l'arresto sino a due anni
o con l'ammenda da quattromila euro a quarantamila euro.
13. Si applica sempre
la pena dell'arresto da due mesi a due anni se lo scarico nelle acque del mare
da parte di navi od aeromobili contiene sostanze o materiali per i quali e'
imposto il divieto assoluto di sversamento ai sensi delle disposizioni contenute
nelle convenzioni internazionali vigenti in materia e ratificate dall'Italia,
salvo che siano in quantità tali da essere resi rapidamente
innocui dai processi fisici, chimici e biologici, che si verificano naturalmente
in mare e purche' in presenza di preventiva autorizzazione da parte dell'autorità competente.
14. Chiunque effettui l'utilizzazione agronomica di effluenti di allevamento,
di acque di vegetazione dei frantoi oleari, nonche' di acque reflue provenienti
da aziende agricole e piccole aziende agroalimentari di cui all'articolo 112,
al di fuori dei casi e delle procedure ivi previste, oppure non ottemperi al
divieto o all'ordine di sospensione dell'attività impartito a norma
di detto articolo, e' punito con l'ammenda da euro millecinquecento a euro
diecimila o con l'arresto fino ad un anno. La stessa pena si applica a chiunque
effettui l'utilizzazione agronomica al di fuori dei casi e delle procedure
di cui alla normativa vigente.
ART. 138
(ulteriori provvedimenti sanzionatori per l'attività di molluschicoltura)
1. Nei casi previsti dal comma 12 dell'articolo 137, il Ministro della salute, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, nonche' la regione e la provincia autonoma competente, ai quali e' inviata copia delle notizie di reato, possono disporre, per quanto di competenza e indipendentemente dall'esito del giudizio penale, la sospensione in via cautelare dell'attività di molluschicoltura; a seguito di sentenza di condanna o di decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale divenute definitive, possono inoltre disporre, valutata la gravità dei fatti, la chiusura degli impianti.
ART. 139
(obblighi del condannato)
1. Con la sentenza di condanna per i reati previsti nella parte terza del presente decreto, o con la decisione emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato al risarcimento del danno e all'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino.
ART. 140
(circostanza attenuante)
1. Nei confronti di chi, prima del giudizio penale o dell'ordinanza-ingiunzione, ha riparato interamente il danno, le sanzioni penali e amministrative previste nel presente titolo sono diminuite dalla metà a due terzi.
SEZIONE III
GESTIONE DELLE RISORSE IDRICHE
TITOLO I
PRINCIPI GENERALI E COMPETENZE
ART. 141
(ambito di applicazione)
1. Oggetto delle disposizioni contenute nella presente sezione e' la disciplina
della gestione delle risorse idriche e del servizio idrico integrato per i
profili che concernono la tutela dell'ambiente e della concorrenza e la determinazione
dei livelli essenziali delle prestazioni del servizio idrico integrato e delle
relative funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane.
2. Il servizio idrico integrato e' costituito dall'insieme dei servizi pubblici
+di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura
e di depurazione delle acque reflue, e deve essere gestito secondo principi
di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto delle norme nazionali
e comunitarie. Le presenti disposizioni si applicano anche agli usi industriali
delle acque gestite nell'ambito del servizio idrico integrato.
ART. 142
(competenze)
1. Nel quadro delle competenze definite dalle norme costituzionali, e fatte
salve le competenze dell'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche
e sui rifiuti, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esercita
le funzioni e i compiti spettanti allo Stato nelle materie disciplinate dalla
presente sezione.
2. Le regioni esercitano le funzioni e i compiti ad esse
spettanti nel quadro delle competenze costituzionalmente determinate e nel
rispetto delle attribuzioni statali di cui al comma 1, ed in particolare provvedono
a disciplinare il governo del rispettivo territorio.
3. Gli enti locali, attraverso
l'Autorità d'ambito di cui all'articolo
148, comma 1, svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato,
di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe
all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le
disposizioni della parte terza del presente decreto.
ART. 143
(proprietà delle infrastrutture)
1. Gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture
idriche di proprietà pubblica, fino al punto di consegna e/o misurazione,
fanno parte del demanio ai sensi degli articoli 822 e seguenti del codice civile
e sono inalienabili se non nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge.
2.
Spetta anche all'Autorità d'ambito la tutela dei beni di cui al
comma 1, ai sensi dell'articolo 823, secondo comma, del codice civile.
ART. 144
(tutela e uso delle risorse idriche)
1. Tutte le acque superficiali e sotterranee, ancorche' non estratte dal sottosuolo,
appartengono al demanio dello Stato.
2. Le acque costituiscono una risorsa
che va tutelata ed utilizzata secondo criteri di solidarietà; qualsiasi
loro uso e' effettuato salvaguardando le aspettative ed i diritti delle generazioni
future a fruire di un integro patrimonio ambientale.
3. La disciplina degli
usi delle acque e' finalizzata alla loro razionalizzazione, allo scopo di evitare
gli sprechi e di favorire il rinnovo delle risorse, di non pregiudicare il
patrimonio idrico, la vivibilità dell'ambiente,
l'agricoltura, la piscicoltura, la fauna e la flora acquatiche, i processi
geomorfologici e gli equilibri idrologici. br;
4. Gli usi diversi dal consumo
umano sono consentiti nei limiti nei quali le risorse idriche siano sufficienti
e a condizione che non ne pregiudichino la qualità.
5. Le acque termali,
minerali e per uso geotermico sono disciplinate da norme specifiche, nel rispetto
del riparto delle competenze costituzionalmente determinato.
ART. 145
(equilibrio del bilancio idrico)
1. L'Autorità di bacino competente definisce ed aggiorna periodicamente
il bilancio idrico diretto ad assicurare l'equilibrio fra le disponibilità di
risorse reperibili o attivabili nell'area di riferimento ed i fabbisogni per
i diversi usi, nel rispetto dei criteri e degli obiettivi di cui all'articolo
144.
2. Per assicurare l'equilibrio tra risorse e fabbisogni, l'Autorità di
bacino competente adotta, per quanto di competenza, le misure per la pianificazione
dell'economia idrica in funzione degli usi cui sono destinate le risorse.
3.
Nei bacini idrografici caratterizzati da consistenti prelievi o da trasferimenti,
sia a valle che oltre la linea di displuvio, le derivazioni sono regolate in
modo da garantire il livello di deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi
e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati.
ART. 146
(risparmio idrico)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, le regioni, sentita l'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche
e sui rifiuti, nel rispetto dei principi della legislazione statale, adottano
norme e misure volte a razionalizzare i consumi e eliminare gli sprechi ed
in particolare a:
a) migliorare la manutenzione delle reti di adduzione e di
distribuzione di acque a qualsiasi uso destinate al fine di ridurre le perdite;
b)
prevedere, nella costruzione o sostituzione di nuovi impianti di trasporto
e distribuzione dell'acqua sia interni che esterni, l'obbligo di utilizzo di
sistemi anticorrosivi di protezione delle condotte di materiale metallico;
c)
realizzare, in particolare nei nuovi insediamenti abitativi, commerciali e
produttivi di rilevanti dimensioni, reti duali di adduzione al fine dell'utilizzo
di acque meno pregiate per usi compatibili;
d) promuovere l'informazione e la
diffusione di metodi e tecniche di risparmio idrico domestico e nei settori
industriale, terziario ed agricolo;
e) adottare sistemi di irrigazione ad alta
efficienza accompagnati da una loro corretta gestione e dalla sostituzione,
ove opportuno, delle reti di canali a pelo libero con reti in pressione;
f)
installare contatori per il consumo dell'acqua in ogni singola unità abitativa
nonche' contatori differenziati per le attività produttive e del settore
terziario esercitate nel contesto urbano;
g) realizzare nei nuovi insediamenti,
quando economicamente e tecnicamente conveniente anche in relazione ai recapiti
finali, sistemi di collegamento differenziati per le acque piovane e per le
acque reflue e di prima pioggia;
h) individuare aree di ricarica delle falde
ed adottare misure di protezione e gestione atte a garantire un processo di
ricarica quantitativamente e qualitativamente idoneo.
2. Gli strumenti urbanistici,
compatibilmente con l'assetto urbanistico e territoriale e con le risorse finanziarie
disponibili, devono prevedere reti duali al fine di rendere possibili appropriate
utilizzazioni di acque anche non potabili. Il rilascio del permesso di costruire
e' subordinato alla previsione, nel progetto, dell'installazione di contatori
per ogni singola unità abitativa,
nonche' del collegamento a reti duali, ove già disponibili.
3. Entro
un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita l'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e il Dipartimento tutela delle
acque interne e marine dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i
servizi tecnici (APAT), adotta un regolamento per la definizione dei criteri
e dei metodi in base ai quali valutare le perdite degli acquedotti e delle
fognature. Entro il mese di febbraio di ciascun anno, i soggetti gestori dei
servizi idrici trasmettono all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche
e sui rifiuti ed all'Autorità d'ambito competente i risultati delle
rilevazioni eseguite con i predetti metodi. br;
TITOLO II
SERVIZIO IDRICO INTEGRATO
ART. 147
(organizzazione territoriale del servizio idrico integrato)
1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali
ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n.
36.
2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali
ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone
comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità,
nel rispetto, in particolare, dei seguenti principi:
a) unità del bacino
idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto
dei piani di bacino, nonche' della localizzazione delle risorse e dei loro
vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri
abitati interessati;
b) unicità della gestione e, comunque, superamento
della frammentazione verticale delle gestioni;
c) adeguatezza delle dimensioni
gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.
3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo
degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche
fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento
e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.
ART. 148
(autorità d'ambito territoriale ottimale)
1. L'Autorità d'ambito e' una struttura dotata di personalità giuridica
costituita in ciascun ambito territoriale ottimale delimitato dalla competente
regione, alla quale gli enti locali partecipano obbligatoriamente ed alla quale
e' trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di
gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture
idriche di cui all'articolo 143, comma 1.
2. Le regioni e le province autonome
possono disciplinare le forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali
ricadenti nel medesimo ambito ottimale, prevedendo che gli stessi costituiscano
le Autorità d'ambito di cui
al comma 1, cui e' demandata l'organizzazione, l'affidamento e il controllo
della gestione del servizio idrico integrato.
3. I bilanci preventivi e consuntivi
dell'Autorità d'ambito e loro
variazioni sono pubblicati mediante affissione ad apposito albo, istituito
presso la sede dell'ente, e sono trasmessi all'Autorità di vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio entro quindici giorni dall'adozione delle relative delibere.
4. I costi di funzionamento della struttura operativa dell'Autorità d'ambito,
determinati annualmente, fanno carico agli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale, in base alle quote di partecipazione di ciascuno di
essi all'Autorità d'ambito.
5. Ferma restando la partecipazione obbligatoria
all'Autorità d'ambito
di tutti gli enti locali ai sensi del comma 1, l'adesione alla gestione unica
del servizio idrico integrato e' facoltativa per i comuni con popolazione fino
a 1.000 abitanti inclusi nel territorio delle comunità montane, a condizione
che la gestione del servizio idrico sia operata direttamente dall'amministrazione
comunale ovvero tramite una società a capitale interamente pubblico
e controllata dallo stesso comune. Sulle gestioni di cui al presente comma
l'Autorità d'ambito esercita funzioni di regolazione generale e di controllo.
Con apposito contratto di servizio stipulato con l'Autorità d'ambito,
previo accordo di programma, sono definiti criteri e modalità per l'eventuale
partecipazione ad iniziative promosse dall'Autorità d'ambito medesima.
ART. 149
(piano d'ambito)
1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto, l'Autorità d'ambito provvede alla predisposizione
e/o aggiornamento del piano d'ambito. Il piano d'ambito e' costituito dai seguenti
atti:
a) ricognizione delle infrastrutture;
b) programma degli interventi;
c) modello gestionale ed organizzativo;
d) piano economico finanziario.
2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni
asseverate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale, individua
lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio
idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.
3. Il programma degli
interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere
da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti,
necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonche'
al soddisfacimento della complessiva domanda dell'utenza. Il programma degli
interventi, commisurato all'intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare,
indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.
4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel
conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale,
l'andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti
pubblici a fondo perduto. Esso e' integrato dalla previsione annuale dei proventi
da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come
redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell'equilibrio economico
finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza
ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti
programmati.
5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura
operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all'utenza e la
realizzazione del programma degli interventi.
6. Il piano d'ambito e' trasmesso
entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente,
all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche
e sui rifiuti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio. L'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all'Autorità d'ambito,
entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi
od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma
degli interventi, con particolare riferimento all'adeguatezza degli investimenti
programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi
della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell'evoluzione
tariffaria di garantire l'equilibrio economico finanziario della gestione,
anche in relazione agli investimenti programmati.
ART. 150
(scelta della forma di gestione e procedure di affidamento)
1. L'Autorità d'ambito, nel rispetto del piano d'ambito e del principio
di unicità della gestione per ciascun ambito, delibera la forma di gestione
fra quelle di cui all'articolo 113, comma 5, del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267.
2. L'Autorità d'ambito aggiudica la gestione del servizio
idrico integrato mediante gara disciplinata dai principi e dalle disposizioni
comunitarie, in conformità ai criteri di cui all'articolo 113, comma
7, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, secondo modalità e
termini stabiliti con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio nel rispetto delle competenze regionali in materia.
3. La gestione
può essere altresì affidata a società partecipate
esclusivamente e direttamente da comuni o altri enti locali compresi nell'ambito
territoriale ottimale, qualora ricorrano obiettive ragioni tecniche od economiche,
secondo la previsione del comma 5, lettera c), dell'articolo 113 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, o a società solo parzialmente partecipate
da tali enti, secondo la previsione del comma 5, lettera b), dell'articolo
113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, purche' il socio privato
sia stato scelto, prima dell'affidamento, con gara da espletarsi con le modalità di
cui al comma 2.
4. I soggetti di cui al presente articolo gestiscono il servizio
idrico integrato su tutto il territorio degli enti locali ricadenti nell'ambito
territoriale ottimale, salvo quanto previsto dall'articolo 148, comma 5.
ART. 151
(rapporti tra autorità d'ambito e soggetti gestori del servizio idrico
integrato)
1. I rapporti fra Autorità d'ambito e gestori del servizio idrico integrato
sono regolati da convenzioni predisposte dall'Autorità d'ambito.
2.
A tal fine, le regioni e le province autonome adottano convenzioni tipo, con
relativi disciplinari, che devono prevedere in particolare:
a) il regime giuridico
prescelto per la gestione del servizio;
b) la durata dell'affidamento, non superiore
comunque a trenta anni;
c) l'obbligo del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario
della gestione;
d) il livello di efficienza e di affidabilità del servizio
da assicurare all'utenza, anche con riferimento alla manutenzione degli impianti;
e)
i criteri e le modalità di applicazione delle tariffe determinate
dall'Autorità d'ambito e del loro aggiornamento annuale, anche con riferimento
alle diverse categorie di utenze;
f) l'obbligo di adottare la carta di servizio
sulla base degli atti d'indirizzo vigenti;
g) l'obbligo di provvedere alla realizzazione
del Programma degli interventi;
h) le modalità di controllo del corretto
esercizio del servizio e l'obbligo di predisporre un sistema tecnico adeguato
a tal fine, come previsto dall'articolo 165;
i) il dovere di prestare ogni collaborazione
per l'organizzazione e l'attivazione dei sistemi di controllo integrativi che
l'Autorità d'ambito ha facoltà di
disporre durante tutto il periodo di affidamento;
l) l'obbligo di dare tempestiva
comunicazione all'Autorità d'ambito
del verificarsi di eventi che comportino o che facciano prevedere irregolarità nell'erogazione
del servizio, nonche' l'obbligo di assumere ogni iniziativa per l'eliminazione
delle irregolarità, in conformità con le prescrizioni dell'Autorità medesima;
m)
l'obbligo di restituzione, alla scadenza dell'affidamento, delle opere, degli
impianti e delle canalizzazioni del servizio idrico integrato in condizioni
di efficienza ed in buono stato di conservazione;
n) l'obbligo di prestare idonee
garanzie finanziarie e assicurative;
o) le penali, le sanzioni in caso di inadempimento
e le condizioni di risoluzione secondo i principi del codice civile;
p) le
modalità di rendicontazione delle attività del gestore.
3. Sulla
base della convenzione di cui al comma 2, l'Autorità d'ambito
predispone uno schema di convenzione con relativo disciplinare, da allegare
ai capitolati di gara. Ove la regione o la provincia autonoma non abbiano provveduto
all'adozione delle convenzioni e dei disciplinari tipo di cui al comma 2, l'Autorità predispone
lo schema sulla base della normativa vigente. Le convenzioni esistenti devono
essere integrate in conformità alle previsioni di cui al comma 2.
4.
Nel Disciplinare allegato alla Convenzione di gestione devono essere anche
definiti, sulla base del programma degli interventi, le opere e le manutenzioni
straordinarie, nonche' il programma temporale e finanziario di esecuzione.
5. L'affidamento del servizio e' subordinato alla prestazione da parte del
gestore di idonea garanzia fideiussoria. Tale garanzia deve coprire gli interventi
da realizzare nei primi cinque anni di gestione e deve essere annualmente aggiornata
in modo da coprire gli interventi da realizzare nel successivo quinquennio.
6. Il gestore cura l'aggiornamento dell'atto di Ricognizione entro i termini
stabiliti dalla convenzione.
7. L'affidatario del servizio idrico integrato,
previo consenso dell'Autorità d'ambito,
può gestire altri servizi pubblici, oltre a quello idrico, ma con questo
compatibili, anche se non estesi all'intero ambito territoriale ottimale.
8.
Le società concessionarie del servizio idrico integrato, nonche'
le società miste costituite a seguito dell'individuazione del socio
privato mediante gara europea affidatarie del servizio medesimo, possono emettere
prestiti obbligazionari sottoscrivibili esclusivamente dagli utenti con facoltà di
conversione in azioni semplici o di risparmio. Nel caso di aumento del capitale
sociale, una quota non inferiore al dieci per cento e' offerta in sottoscrizione
agli utenti del servizio.
ART. 152
(poteri di controllo e sostitutivi)
1. L'Autorità d'ambito ha facoltà di accesso e verifica alle
infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.
2. Nell'ipotesi di
inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione,
e che compromettano la risorsa o l'ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento
dei livelli minimi di servizio, l'Autorità d'ambito
interviene tempestivamente per garantire l'adempimento da parte del gestore,
esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e
dalla convenzione. Perdurando l'inadempienza del gestore, e ferme restando
le conseguenti penalità a suo carico, nonche' il potere di risoluzione
e di revoca, l'Autorità d'ambito, previa diffida, può sostituirsi
ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti
disposizioni in materia di appalti pubblici.
3. Qualora l'Autorità d'ambito
non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa
diffida e sentita l'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri
sostitutivi, mediante nomina di un commissario "ad acta". Qualora
la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi
sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un
commissario "ad acta".
4. L'Autorità d'ambito con cadenza
annuale comunica al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio ed
all'Autorità di vigilanza sulle risorse
idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione.
ART. 153
(dotazioni dei soggetti gestori del servizio idrico integrato)
1. Le infrastrutture idriche di proprietà degli enti locali ai sensi
dell'articolo 143 sono affidate in concessione d'uso gratuita, per tutta la
durata della gestione, al gestore del servizio idrico integrato, il quale ne
assume i relativi oneri nei termini previsti dalla convenzione e dal relativo
disciplinare.
2. Le immobilizzazioni, le attività e le passività relative
al servizio idrico integrato, ivi compresi gli oneri connessi all'ammortamento
dei mutui oppure i mutui stessi, al netto degli eventuali contributi a fondo
perduto in conto capitale e/o in conto interessi, sono trasferite al soggetto
gestore, che subentra nei relativi obblighi. Di tale trasferimento si tiene
conto nella determinazione della tariffa, al fine di garantire l'invarianza
degli oneri per la finanza pubblica.
ART. 154
(tariffa del servizio idrico integrato)
1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed
e' determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del
servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei
costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale
investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una
quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo
che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio
secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi
inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato
hanno natura di corrispettivo.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio, su proposta dell'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, tenuto conto della necessità di
recuperare i costi ambientali anche secondo il principio "chi inquina
paga", definisce con decreto le componenti di costo per la determinazione
della tariffa relativa ai servizi idrici per i vari settori di impiego dell'acqua.
3. Al fine di assicurare un'omogenea disciplina sul territorio nazionale, con
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, sono stabiliti i criteri generali
per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per
l'utenza di acqua pubblica, tenendo conto dei costi ambientali e dei costi
della risorsa e prevedendo altresì riduzioni del canone nell'ipotesi
in cui il concessionario attui un riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti
a valle del processo produttivo o di una parte dello stesso o, ancora, restituisca
le acque di scarico con le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate.
L'aggiornamento dei canoni ha cadenza triennale.
4. L'Autorità d'ambito,
al fine della predisposizione del Piano finanziario di cui all'articolo 149,
comma 1, lettera c), determina la tariffa di base, nell'osservanza delle disposizioni
contenute nel decreto di cui al comma 2, comunicandola all'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti ed al Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio.
5. La tariffa e' applicata dai soggetti gestori,
nel rispetto della Convenzione e del relativo disciplinare.
6. Nella modulazione
della tariffa sono assicurate, anche mediante compensazioni per altri tipi
di consumi, agevolazioni per quelli domestici essenziali, nonche' per i consumi
di determinate categorie, secondo prefissati scaglioni di reddito. Per conseguire
obiettivi di equa redistribuzione dei costi sono ammesse maggiorazioni di tariffa
per le residenze secondarie, per gli impianti ricettivi stagionali, nonche'
per le aziende artigianali, commerciali e industriali.
7. L'eventuale modulazione
della tariffa tra i comuni tiene conto degli investimenti pro capite per residente
effettuati dai comuni medesimi che risultino utili ai fini dell'organizzazione
del servizio idrico integrato.
ART. 155
(tariffa del servizio di fognatura e depurazione)
1. Le quote di tariffa riferite ai servizi di pubblica fognatura e di depurazione
sono dovute dagli utenti anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione
o questi siano temporaneamente inattivi. Il gestore e' tenuto a versare i relativi
proventi, risultanti dalla formulazione tariffaria definita ai sensi dell'articolo
154, a un fondo vincolato intestato all'Autorità d'ambito, che lo mette
a disposizione del gestore per l'attuazione degli interventi relativi alle
reti di fognatura ed agli impianti di depurazione previsti dal piano d'ambito.
La tariffa non e' dovuta se l'utente e' dotato di sistemi di collettamento
e di depurazione propri, sempre che tali sistemi abbiano ricevuto specifica
approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
2. In pendenza dell'affidamento
della gestione dei servizi idrici locali al gestore del servizio idrico integrato,
i comuni già provvisti di impianti
di depurazione funzionanti, che non si trovino in condizione di dissesto, destinano
i proventi derivanti dal canone di depurazione e fognatura prioritariamente
alla manutenzione degli impianti medesimi.
3. Gli utenti tenuti al versamento
della tariffa riferita al servizio di pubblica fognatura, di cui al comma 1,
sono esentati dal pagamento di qualsivoglia altra tariffa eventualmente dovuta
al medesimo titolo ad altri enti pubblici.
4. Al fine della determinazione
della quota tariffaria di cui al presente articolo, il volume dell'acqua scaricata
e' determinato in misura pari al cento per cento del volume di acqua fornita.
5. Per le utenze industriali la quota tariffaria di cui al presente articolo
e' determinata sulla base della qualità e della quantità delle
acque reflue scaricate e sulla base del principio "chi inquina paga".
E' fatta salva la possibilità di determinare una quota tariffaria ridotta
per le utenze che provvedono direttamente alla depurazione e che utilizzano
la pubblica fognatura, sempre che i relativi sistemi di depurazione abbiano
ricevuto specifica approvazione da parte dell'Autorità d'ambito.
6.
Allo scopo di incentivare il riutilizzo di acqua reflua o già usata
nel ciclo produttivo, la tariffa per le utenze industriali e' ridotta in funzione
dell'utilizzo nel processo produttivo di acqua reflua o già usata. La
riduzione si determina applicando alla tariffa un correttivo, che tiene conto
della quantità di acqua riutilizzata e della quantità delle acque
primarie impiegate.
ART. 156
(riscossione della tariffa)
1. La tariffa e' riscossa dal gestore del servizio idrico integrato. Qualora
il servizio idrico sia gestito separatamente, per effetto di particolari convenzioni
e concessioni, la relativa tariffa e' riscossa dal gestore del servizio di
acquedotto, il quale provvede al successivo riparto tra i diversi gestori interessati
entro trenta giorni dalla riscossione.
2. Con apposita convenzione, sottoposta
al controllo della regione, sono definiti i rapporti tra i diversi gestori
per il riparto delle spese di riscossione.
3. La riscossione volontaria e coattiva
della tariffa può essere effettuata
secondo le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 602, mediante convenzione con l'Agenzia delle entrate.
ART. 157
(opere di adeguamento del servizio idrico)
1. Gli enti locali hanno facoltà di realizzare le opere necessarie per provvedere all'adeguamento del servizio idrico in relazione ai piani urbanistici ed a concessioni per nuovi edifici in zone già urbanizzate, previo parere di compatibilità con il piano d'ambito reso dall'Autorità d'ambito e a seguito di convenzione con il soggetto gestore del servizio medesimo, al quale le opere, una volta realizzate, sono affidate in concessione.
ART. 158
(opere e interventi per il trasferimento di acqua)
1. Ai fini di pianificare l'utilizzo delle risorse idriche, laddove il fabbisogno
comporti o possa comportare il trasferimento di acqua tra regioni diverse e
ciò travalichi i comprensori di riferimento dei distretti idrografici,
le Autorità di bacino, sentite le regioni interessate, promuovono accordi
di programma tra le regioni medesime, ai sensi dell'articolo 34 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, salvaguardando in ogni caso le finalità di
cui all'articolo 144 del presente decreto. A tal fine il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti,
ciascuno per la parte di propria competenza, assumono di concerto le opportune
iniziative anche su richiesta di una Autorità di bacino o di una regione
interessata od anche in presenza di istanza presentata da altri soggetti pubblici
o da soggetti privati interessati, fissando un termine per definire gli accordi.
2. In caso di inerzia, di mancato accordo in ordine all'utilizzo delle risorse
idriche, o di mancata attuazione dell'accordo stesso, provvede in via sostitutiva,
previa diffida ad adempiere entro un congruo termine, il Presidente del Consiglio
dei Ministri su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
3. Le opere e gli impianti necessari per le finalità di cui al presente
articolo sono dichiarati di interesse nazionale. La loro realizzazione e gestione,
se di iniziativa pubblica, possono essere poste anche a totale carico dello
Stato mediante quantificazione dell'onere e relativa copertura finanziaria,
previa deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica
(CIPE), su proposta dei Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio
e delle infrastrutture e dei trasporti, ciascuno per la parte di rispettiva
competenza. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio esperisce
le procedure per la concessione d'uso delle acque ai soggetti utilizzatori
e definisce la relativa convenzione tipo; al Ministro delle infrastrutture
e dei trasporti compete la determinazione dei criteri e delle modalità per
l'esecuzione e la gestione degli interventi, nonche' l'affidamento per la realizzazione
e la gestione degli impianti.
TITOLO III
VIGILANZA, CONTROLLI E PARTECIPAZIONE
ART. 159
(Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti)
1. Alla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto,
il Comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche istituito dalla
legge 5 gennaio 1994, n. 36, assume la denominazione di Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, di seguito denominata "Autorità",
con il compito di assicurare l'osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico
e privato, dei principi e delle disposizioni di cui alle parti terza e quarta
del presente decreto.
2. Sono organi dell'Autorità il presidente, il
comitato esecutivo ed il consiglio, che si articola in due sezioni denominate "Sezione
per la vigilanza sulle risorse idriche" e "Sezione per la vigilanza
sui rifiuti"; ciascuna sezione e' composta dal presidente dell'Autorità,
dal coordinatore di sezione e da cinque componenti per la "Sezione per
la vigilanza sulle risorse idriche" e da sei componenti per la "Sezione
per la vigilanza sui rifiuti". Il comitato esecutivo e' composto dal presidente
dell'Autorità e dai coordinatori di sezione. Il consiglio dell'Autorità e'
composto da tredici membri e dal presidente, nominati con decreto del Presidente
della Repubblica, su deliberazione del Consiglio dei Ministri. Il presidente
dell'Autorità e quattro componenti del consiglio, dei quali due con
funzioni di coordinatore di sezione, sono nominati su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, due su proposta del Ministro dell'economia
e delle finanze, due su proposta del Ministro per la funzione pu bblica, uno
su proposta del Ministro delle attività produttive relativamente alla "Sezione
per la vigilanza sui rifiuti", quattro su designazione della Conferenza
dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Le proposte sono previamente
sottoposte al parere delle competenti Commissioni parlamentari.
3. Il Presidente
dell'Autorità e' il legale rappresentante, presiede
il comitato esecutivo, il consiglio e le sezioni nelle quali esso si articola.
Il comitato esecutivo e' l'organo deliberante dell'Autorità e provvede
ad assumere le relative decisioni sulla base dell'istruttoria e delle proposte
formulate dal consiglio o dalle sue sezioni.
4. L'organizzazione e il funzionamento,
anche contabile, dell'Autorità sono
disciplinati, in conformità alle disposizioni di cui alla parte terza
e quarta del presente decreto, da un regolamento deliberato dal Consiglio dell'Autorità ed
emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri secondo il procedimento
di cui al comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. I
componenti dell'Autorità sono scelti fra persone dotate di alta
e riconosciuta competenza nel settore, durano in carica sette anni e non possono
essere confermati. A pena di decadenza essi non possono esercitare, direttamente
o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza attinente
al settore di competenza dell'Autorità; essi non possono essere dipendenti
di soggetti privati, ne' ricoprire incarichi elettivi o di rappresentanza nei
partiti politici, ne' avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti
nel settore di competenza della Autorità. I dipendenti delle amministrazioni
pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico o, se
professori universitari, in aspettativa, senza assegni, per l'intera durata
del mandato. Per almeno due anni dalla cessazione dell'incarico i componenti
dell'Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente,
rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti
nel settore di competenza.
6. In fase di prima attuazione, e nel rispetto del
principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica di cui
all'articolo 1, comma 8, lettera c), della legge 15 dicembre 2004, n. 308,
il Presidente ed i componenti del Comitato per la vigilanza sull'uso delle
risorse idriche rimangono in carica fino al compimento del primo mandato settennale
dell'Autorità ed assumono
rispettivamente le funzioni di Presidente dell'Autorità di vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti e di componenti della "Sezione per
la vigilanza sulle risorse idriche", tra i quali il Ministro dell'ambiente
e della tutela del territorio nomina il coordinatore. Analogamente, il Presidente
ed i componenti dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dal decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, rimangono in carica fino al compimento
del primo mandato settennale dell'Autorità ed assumono rispettivamente
le funzioni di coordinatore e di componenti della "Sezione per la vigilanza
sui rifiuti".
7. L'Autorità si avvale di una segreteria tecnica,
composta da esperti di elevata qualificazione, nominati con decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri su proposta dell'Autorità. Per essi valgono
le incompatibilità di
cui al comma 5 con le relative conseguenze previste. L'Autorità può richiedere
ad altre amministrazioni pubbliche di avvalersi di loro prestazioni per funzioni
di ispezione e di verifica. La dotazione organica della segreteria tecnica,
cui e' preposto un dirigente, e le spese di funzionamento sono determinate
con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio di concerto con il Ministro dell'economia
e delle finanze e con il Ministro per la funzione pubblica.
8. I componenti
dell'Autorità e della segreteria tecnica, nell'esercizio
delle funzioni, sono pubblici ufficiali e sono tenuti al segreto d'ufficio.
Si applicano le norme in materia di pubblicità, partecipazione e accesso.
9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia
e delle finanze, e' determinato il trattamento economico spettante ai membri
dell'Autorità e ai componenti della segreteria tecnica.
10. Il bilancio
preventivo e il rendiconto della gestione sono soggetti al controllo della
Corte dei conti ed alle forme di pubblicità indicate
nel regolamento di cui al comma 6; della loro pubblicazione e' dato avviso
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
11. L'Autorità definisce
annualmente e con proiezione triennale i programmi di attività e le
iniziative che intende porre in essere per il perseguimento delle finalità di
cui al comma 1, ed a garanzia degli interessi degli utenti, dandone comunicazione
al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.
12. L'Autorità e'
rappresentata in giudizio dall'Avvocatura dello Stato.
ART. 160
(compiti e funzioni dell'Autorità di vigilanza)
1. Nell'esercizio delle funzioni e dei compiti indicati al comma 1 dell'articolo
159, l'Autorità vigila sulle risorse idriche e sui rifiuti e controlla
il rispetto della disciplina vigente a tutela delle risorse e della salvaguardia
ambientale esercitando i relativi poteri ad essa attribuiti dalla legge.
2.
L'Autorità in particolare:
a) assicura l'osservanza dei principi e delle
regole della concorrenza e della trasparenza nelle procedure di affidamento
dei servizi;
b) tutela e garantisce i diritti degli utenti e vigila sull'integrità delle
reti e degli impianti;
c) esercita i poteri ordinatori ed inibitori di cui al
comma 3;
d) promuove e svolge studi e ricerche sull'evoluzione dei settori e
dei rispettivi servizi, avvalendosi dell'Osservatorio di cui all'articolo 161;
e)
propone gli adeguamenti degli atti tipo, delle concessioni e delle convenzioni
in base all'andamento del mercato e laddove siano resi necessari dalle esigenze
degli utenti o dalle finalità di tutela e salvaguardia dell'ambiente;
f)
specifica i livelli generali di qualità riferiti ai servizi da prestare
nel rispetto dei regolamenti del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio che disciplinano la materia;
g) controlla che i gestori adottino
una carta di servizio pubblico con indicazione di standard dei singoli servizi
e ne verifica il rispetto;
h) propone davanti al giudice amministrativo i ricorsi
contro gli atti e provvedimenti ed eventualmente i comportamenti posti in essere
in violazione delle norme di cui alle parti terza e quarta del presente decreto;
esercita l'azione in sede civile avverso gli stessi comportamenti, richiedendo
anche il risarcimento del danno in forma specifica o per equivalente; denuncia
all'autorità giudiziaria
le violazioni perseguibili in sede penale delle norme di cui alle parti terza
e quarta del presente decreto; sollecita l'esercizio dell'azione di responsabilità per
i danni erariali derivanti dalla violazione delle norme medesime;
i) formula
al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio proposte di revisione
della disciplina vigente, segnalandone i casi di grave inosservanza e di non
corretta applicazione;
l) predispone ed invia al Governo e al Parlamento una
relazione annuale sull'attività svolta,
con particolare riferimento allo stato e all'uso delle risorse idriche, all'andamento
dei servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, nonche' all'utilizzo dei
medesimi nella produzione di energia;
m) definisce, d'intesa con il Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e con la Conferenza delle regioni
e delle province autonome, i programmi di attività e le iniziative da
porre in essere a garanzia degli interessi degli utenti, anche mediante la
cooperazione con analoghi organi di garanzia eventualmente istituiti dalle
regioni e dalle province autonome competenti;
n) esercita le funzioni già di
competenza dell'Osservatorio nazionale sui rifiuti istituito dall'articolo
26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22;
o) può svolgere attività di
consultazione nelle materie di propria competenza a favore delle Autorità d'ambito
e delle pubbliche amministrazioni, previa adozione di apposito decreto da parte
del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, per la disciplina delle modalità,
anche contabili, e delle tariffe relative a tali attività.
3. Nell'esercizio
delle proprie competenze, l'Autorità:
a) richiede informazioni e documentazioni
ai gestori operanti nei settori idrico e dei rifiuti e a tutti i soggetti pubblici
e privati tenuti all'applicazione delle disposizioni di cui alle parti terza
e quarta del presente decreto; esercita poteri di acquisizione, accesso ed
ispezione alle documentazioni in conformità ad
apposito regolamento emanato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
ai sensi del comma 3 dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;
b)
irroga la sanzione amministrativa del pagamento di una somma fino a trentamila
euro, ai soggetti che, senza giustificato motivo, rifiutano od omettono di
fornire le informazioni o di esibire i documenti richiesti ai sensi della lettera
a) o intralciano l'accesso o le ispezioni; irroga la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma fino a sessantamila euro ai soggetti che forniscono
informazioni od esibiscono documenti non veritieri; le stesse sanzioni sono
irrogate nel caso di violazione degli obblighi di informazione all'Osservatorio
di cui all'articolo 161;
c) comunica, alle autorità competenti ad adottare
i relativi provvedimenti, le violazioni, da parte dei gestori, delle Autorità d'ambito
e dei consorzi di bonifica e di irrigazione, dei principi e delle disposizioni
di cui alle parti terza e quarta del presente decreto, in particolare quelle
lesive della concorrenza, della tutela dell'ambiente, dei diritti degli utenti
e dei legittimi usi delle acque; adotta i necessari provvedimenti temporanei
ed urgenti, ordinatori ed inibitori, assicurando tuttavia la continuità dei
servizi;
d) può intervenire, su istanza dei gestori, in caso di omissioni
o inadempimenti delle Autorità d'ambito.
4. Il ricorso contro gli atti
e i provvedimenti dell'Autorità spetta
alla giurisdizione amministrativa esclusiva e alla competenza del TAR del Lazio.
ART. 161
(osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti)
1. L'Autorità, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di
un Osservatorio sui settori di propria competenza. L'Osservatorio svolge funzioni
di raccolta, elaborazione e restituzione di dati statistici e conoscitivi formando
una banca dati connessa con i sistemi informativi del Ministero dell'ambiente
e della tutela del territorio, delle regioni e delle province autonome di Trento
e di Bolzano, delle Autorità di bacino e dei soggetti pubblici che detengono
informazioni nel settore. In particolare, l'Osservatorio raccoglie ed elabora
dati inerenti:
a) al censimento dei partecipanti alle gare per l'affidamento
dei servizi, nonche' dei soggetti gestori relativamente ai dati dimensionali,
tecnici e finanziari di esercizio;
b) alle condizioni generali di contratto
e convenzioni per l'esercizio dei servizi;
c) ai modelli adottati di organizzazione,
di gestione, di controllo e di programmazione dei servizi e degli impianti;
d)
ai livelli di qualità dei servizi erogati;
e) alle tariffe applicate;
f) ai piani di investimento per l'ammodernamento
degli impianti e lo sviluppo dei servizi.
2. I gestori dei servizi idrici e
di raccolta e smaltimento dei rifiuti trasmettono ogni dodici mesi all'Osservatorio
i dati e le informazioni di cui al comma 1 e comunque tutti i dati che l'Osservatorio
richieda loro in qualsiasi momento.
3. Sulla base dei dati acquisiti, l'Osservatorio
effettua, su richiesta dell'Autorità,
elaborazioni al fine, tra l'altro, di:
a) definire indici di produttività per
la valutazione della economicità delle
gestioni a fronte dei servizi resi;
b) individuare livelli tecnologici e modelli
organizzativi ottimali dei servizi;
c) definire parametri di valutazione per
il controllo delle politiche tariffarie praticate, anche a supporto degli organi
decisionali in materia di fissazione di tariffe e dei loro adeguamenti, verificando
il rispetto dei criteri fissati in materia dai competenti organi statali;
d)
individuare situazioni di criticità e di irregolarità funzionale
dei servizi o di inosservanza delle prescrizioni normative vigenti in materia;
e)
promuovere la sperimentazione e l'adozione di tecnologie innovative;
f) verificare
la fattibilità e la congruità dei programmi di
investimento in relazione alle risorse finanziarie e alla politica tariffaria;
g)
realizzare quadri conoscitivi di sintesi.
4. L'Osservatorio assicura l'accesso
generalizzato, anche per via informatica, ai dati raccolti e alle elaborazioni
effettuate secondo deliberazione dell'Autorità e
nel rispetto delle disposizioni generali.
5. Con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e
con il Ministro per la funzione pubblica, sono determinate, nel rispetto del
principio dell'invarianza degli oneri a carico della finanza pubblica, la dotazione
organica dell'Osservatorio, cui e' preposto un dirigente, e le spese di funzionamento.
Per l'espletamento dei propri compiti, l'Osservatorio, su indicazione dell'Autorità,
può avvalersi della
consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con enti pubblici
di ricerca e con società specializzate.
ART. 162
(partecipazione, garanzia e informazione degli utenti)
1. Il gestore del servizio idrico integrato assicura l'informazione agli utenti,
promuove iniziative per la diffusione della cultura dell'acqua e garantisce
l'accesso dei cittadini alle informazioni inerenti ai servizi gestiti nell'ambito
territoriale ottimale di propria competenza, alle tecnologie impiegate, al
funzionamento degli impianti, alla quantità e qualità delle acque
fornite e trattate.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
le regioni e le province autonome, nell'ambito delle rispettive competenze,
assicurano la pubblicità dei
progetti concernenti opere idrauliche che comportano o presuppongono grandi
e piccole derivazioni, opere di sbarramento o di canalizzazione, nonche' la
perforazione di pozzi. A tal fine, le amministrazioni competenti curano la
pubblicazione delle domande di concessione, contestualmente all'avvio del procedimento,
oltre che nelle forme previste dall'articolo 7 del testo unico delle disposizioni
di legge sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto
11 dicembre 1933, n. 1775, su almeno un quotidiano a diffusione nazionale e
su un quotidiano a diffusione locale per le grandi derivazioni di acqua da
fiumi transnazionali e di confine.
3. Chiunque può prendere visione
presso i competenti uffici del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio,
delle regioni e delle province autonome di tutti i documenti, atti, studi e
progetti inerenti alle domande di concessione di cui al comma 2 del presente
articolo, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di pubblicità degli
atti delle amministrazioni pubbliche.
ART. 163
(gestione delle aree di salvaguardia)
1. Per assicurare la tutela delle aree di salvaguardia delle risorse idriche
destinate al consumo umano, il gestore del servizio idrico integrato può stipulare
convenzioni con lo Stato, le regioni, gli enti locali, le associazioni e le
università agrarie titolari di demani collettivi, per la gestione diretta
dei demani pubblici o collettivi ricadenti nel perimetro delle predette aree,
nel rispetto della protezione della natura e tenuto conto dei diritti di uso
civico esercitati.
2. La quota di tariffa riferita ai costi per la gestione
delle aree di salvaguardia, in caso di trasferimenti di acqua da un ambito
territoriale ottimale all'altro, e' versata alla comunità montana, ove
costituita, o agli enti locali nel cui territorio ricadono le derivazioni;
i relativi proventi sono utilizzati ai fini della tutela e del recupero delle
risorse ambientali.
ART. 164
(disciplina delle acque nelle aree protette)
1. Nell'ambito delle aree naturali protette nazionali e regionali, l'ente
gestore dell'area protetta, sentita l'Autorità di bacino, definisce
le acque sorgive, fluenti e sotterranee necessarie alla conservazione degli
ecosistemi, che non possono essere captate.
2. Il riconoscimento e la concessione
preferenziale delle acque superficiali o sorgentizie che hanno assunto natura
pubblica per effetto dell'articolo 1 della legge 5 gennaio 1994, n. 36, nonche'
le concessioni in sanatoria, sono rilasciati su parere dell'ente gestore dell'area
naturale protetta. Gli enti gestori di aree protette verificano le captazioni
e le derivazioni già assentite
all'interno delle aree medesime e richiedono all'autorità competente
la modifica delle quantità di rilascio qualora riconoscano alterazioni
degli equilibri biologici dei corsi d'acqua oggetto di captazione, senza che
ciò possa dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della
pubblica amministrazione, fatta salva la relativa riduzione del canone demaniale
di concessione.
ART. 165
(controlli)
1. Per assicurare la fornitura di acqua di buona qualità e per il controllo
degli scarichi nei corpi ricettori, ciascun gestore di servizio idrico si dota
di un adeguato servizio di controllo territoriale e di un laboratorio di analisi
per i controlli di qualità delle acque alla presa, nelle reti di adduzione
e di distribuzione, nei potabilizzatori e nei depuratori, ovvero stipula apposita
convenzione con altri soggetti gestori di servizi idrici. Restano ferme le
competenze amministrative e le funzioni di controllo sulla qualità delle
acque e sugli scarichi nei corpi idrici stabilite dalla normativa vigente e
quelle degli organismi tecnici preposti a tali funzioni.
2. Coloro che si approvvigionano
in tutto o in parte di acqua da fonti diverse dal pubblico acquedotto sono
tenuti a denunciare annualmente al soggetto gestore del servizio idrico il
quantitativo prelevato nei termini e secondo le modalità previste
dalla normativa per la tutela delle acque dall'inquinamento.
3. Le sanzioni
previste dall'articolo 19 del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, si
applicano al responsabile della gestione dell'acquedotto soltanto nel caso
in cui, dopo la comunicazione dell'esito delle analisi, egli non abbia tempestivamente
adottato le misure idonee ad adeguare la qualità dell'acqua
o a prevenire il consumo o l'erogazione di acqua non idonea.
TITOLO IV
USI PRODUTTIVI DELLE RISORSE IDRICHE
ART. 166
(usi delle acque irrigue e di bonifica)
1. I consorzi di bonifica ed irrigazione, nell'ambito delle loro competenze,
hanno facoltà di realizzare e gestire le reti a prevalente scopo irriguo,
gli impianti per l'utilizzazione in agricoltura di acque reflue, gli acquedotti
rurali e gli altri impianti funzionali ai sistemi irrigui e di bonifica e,
previa domanda alle competenti autorità corredata dal progetto delle
opere da realizzare, hanno facoltà di utilizzare le acque fluenti nei
canali e nei cavi consortili per usi che comportino la restituzione delle acque
e siano compatibili con le successive utilizzazioni, ivi compresi la produzione
di energia idroelettrica e l'approvvigionamento di imprese produttive. L'Autorità di
bacino esprime entro centoventi giorni la propria determinazione. Trascorso
tale termine, la domanda si intende accettata. Per tali usi i consorzi sono
obbligati al pagamento dei relativi canoni per le quantità di acqua
corrispondenti, applicandosi anche in tali ipotesi le disposizioni di cui al
secondo comma dell'articolo 36 del te sto unico delle disposizioni di legge
sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775.
2. I rapporti tra i consorzi di bonifica ed irrigazione ed i
soggetti che praticano gli usi di cui al comma 1 sono regolati dalle disposizioni
di cui al capo I del titolo VI del regio decreto 8 maggio 1904, n. 368.
3.
Fermo restando il rispetto della disciplina sulla qualità delle
acque e degli scarichi stabilita dalla parte terza del presente decreto, chiunque,
non associato ai consorzi di bonifica ed irrigazione, utilizza canali consortili
o acque irrigue come recapito di scarichi, anche se depurati e compatibili
con l'uso irriguo, provenienti da insediamenti di qualsiasi natura, deve contribuire
alle spese sostenute dal consorzio tenendo conto della portata di acqua scaricata.
4. Il contributo di cui al comma 3 e' determinato dal consorzio interessato
e comunicato al soggetto utilizzatore, unitamente alle modalità di versamento.
ART. 167
(usi agricoli delle acque)
1. Nei periodi di siccità e comunque nei casi di scarsità di
risorse idriche, durante i quali si procede alla regolazione delle derivazioni
in atto, deve essere assicurata, dopo il consumo umano, la priorità dell'uso
agricolo ivi compresa l'attività di acquacoltura di cui alla legge 5
febbraio 1992, n. 102.
2. Nell'ipotesi in cui, ai sensi dell'articolo 145,
comma 3, si proceda alla regolazione delle derivazioni, l'amministrazione competente,
sentiti i soggetti titolari delle concessioni di derivazione, assume i relativi
provvedimenti.
3. La raccolta di acque piovane in invasi e cisterne al servizio
di fondi agricoli o di singoli edifici e' libera.
4. La raccolta di cui al
comma 3 non richiede licenza o concessione di derivazione di acque; la realizzazione
dei relativi manufatti e' regolata dalle leggi in materia di edilizia, di costruzioni
nelle zone sismiche, di dighe e sbarramenti e dalle altre leggi speciali.
5.
L'utilizzazione delle acque sotterranee per gli usi domestici, come definiti
dall'articolo 93, secondo comma, del testo unico delle disposizioni di legge
sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, resta disciplinata dalla medesima disposizione, purche' non
comprometta l'equilibrio del bilancio idrico di cui all'articolo 145 del presente
decreto.
ART. 168
(utilizzazione delle acque destinate ad uso idroelettrico)
1. Tenuto conto dei principi di cui alla parte terza del presente decreto
e del piano energetico nazionale, nonche' degli indirizzi per gli usi plurimi
delle risorse idriche, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio,
di concerto con il Ministro delle attività produttive, sentite le Autorità di
bacino, nonche' le regioni e le province autonome, disciplina, senza che ciò possa
dare luogo alla corresponsione di indennizzi da parte della pubblica amministrazione,
fatta salva la corrispondente riduzione del canone di concessione:
a) la produzione
al fine della cessione di acqua dissalata conseguita nei cicli di produzione
delle centrali elettriche costiere;
b) l'utilizzazione dell'acqua invasata a
scopi idroelettrici per fronteggiare situazioni di emergenza idrica;
c) la difesa
e la bonifica per la salvaguardia della quantità e della
qualità delle acque dei serbatoi ad uso idroelettrico.
ART. 169
(piani, studi e ricerche)
1. I piani, gli studi e le ricerche realizzati dalle Amministrazioni dello Stato e da enti pubblici aventi competenza nelle materie disciplinate dalla parte terza del presente decreto sono comunicati alle Autorità di bacino competenti per territorio ai fini della predisposizione dei piani ad esse affidati.
SEZIONE IV
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
ART. 170
(norme transitorie)
1. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 65, limitatamente alle procedure
di adozione ed approvazione dei piani di bacino, fino alla data di entrata
in vigore della parte seconda del presente decreto, continuano ad applicarsi
le procedure di adozione ed approvazione dei piani di bacino previste dalla
legge 18 maggio 1989, n. 183.
2. Ai fini dell'applicazione dell'articolo 1
del decreto-legge 12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla
legge 11 dicembre 2000, n. 365, i riferimenti in esso contenuti all'articolo
1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180, convertito, con modificazioni,
dalla legge 3 agosto 1998, n. 267, devono intendersi riferiti all'articolo
66 del presente decreto; i riferimenti alla legge 18 maggio 1989, n. 183, devono
intendersi riferiti alla sezione prima della parte terza del presente decreto,
ove compatibili.
3. Ai fini dell'applicazione della parte terza del presente
decreto:
a) fino all'emanazione dei decreti di cui all'articolo 95, commi 4
e 5, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 28 luglio 2004;
b) fino
all'emanazione del decreto di cui all'articolo 99, comma 1, continua ad applicarsi
il decreto ministeriale 12 giugno 2003, n. 185;
c) fino all'emanazione del decreto
di cui all'articolo 104, comma 4, si applica il decreto ministeriale 28 luglio
1994;
d) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 112, comma 2, si
applica il decreto ministeriale 6 luglio 2005;
e) fino all'emanazione del decreto
di cui all'articolo 114, comma 4, continua ad applicarsi il decreto ministeriale
30 giugno 2004;
f) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 118,
comma 2, continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 18 settembre 2002
e il decreto ministeriale 19 agosto 2003;
g) fino all'emanazione del decreto
di cui all'articolo 123, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale
19 agosto 2003;
h) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 146,
comma 3, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 8 gennaio 1997, n.
99;
i) fino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 150, comma 2, all'affidamento
della concessione di gestione del servizio idrico integrato nonche' all'affidamento
a società miste continuano ad applicarsi il decreto ministeriale 22
novembre 2001, nonche' le circolari del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio del 6 dicembre 2004;
l) fino all'emanazione del decreto di cui
all'articolo 154, comma 2, continua ad applicarsi il decreto ministeriale 1° agosto
1996.
4. La parte terza del presente decreto contiene le norme di recepimento
delle seguenti direttive comunitarie:
a) direttiva 75/440/CEE relativa alla
qualità delle acque superficiali
destinate alla produzione di acqua potabile;
b) direttiva 76/464/CEE concernente
l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente
idrico;
c) direttiva 78/659/CEE relativa alla qualità delle acque dolci
che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci;
d)
direttiva 79/869/CEE relativa ai metodi di misura, alla frequenza dei campionamenti
e delle analisi delle acque superficiali destinate alla produzione di acqua
potabile;
e) direttiva 79/923/CEE relativa ai requisiti di qualità delle
acque destinate alla molluschicoltura;
f) direttiva 80/68/CEE relativa alla
protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze
pericolose;
g) direttiva 82/176/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di
qualità per
gli scarichi di mercurio del settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini;
h)
direttiva 83/513/CEE relativa ai valori limite ed obiettivi di qualità per
gli scarichi di cadmio;
i) direttiva 84/ 156/CEE relativa ai valori limite ed
obiettivi di qualità per
gli scarichi di mercurio provenienti da settori diversi da quello dell'elettrolisi
dei cloruri alcalini;
l) direttiva 84/491/CEE relativa ai valori limite e obiettivi
di qualità per
gli scarichi di esaclorocicloesano;
m) direttiva 88/347/CEE relativa alla modifica
dell'Allegato 11 della direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli
obiettivi di qualità per
gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 dell'Allegato
della direttiva 76/464/CEE;
n) direttiva 90/415/CEE relativa alla modifica della
direttiva 86/280/CEE concernente i valori limite e gli obiettivi di qualità per
gli scarichi di talune sostanze pericolose che figurano nell'elenco 1 della
direttiva 76/464/CEE;
o) direttiva 91/271/CEE concernente il trattamento delle
acque reflue urbane;
p) direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle
acque da inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole;
q)
direttiva 98/15/CE recante modifica della direttiva 91/271/CEE per quanto riguarda
alcuni requisiti dell'Allegato 1;
r) direttiva 2000/60/CE, che istituisce un
quadro per l'azione comunitaria in materia di acque.
5. Le regioni definiscono,
in termini non inferiori a due anni, i tempi di adeguamento alle prescrizioni,
ivi comprese quelle adottate ai sensi dell'articolo 101, comma 2, contenute
nella legislazione regionale attuativa della parte terza del presente decreto
e nei piani di tutela di cui all'articolo 121.
6. Resta fermo quanto disposto
dall'articolo 36 della legge 24 aprile 1998, n. 128, e dai decreti legislativi
di attuazione della direttiva 96/92/CE.
7. Fino all'emanazione della disciplina
regionale di cui all'articolo 112, le attività di utilizzazione agronomica
sono effettuate secondo le disposizioni regionali vigenti alla data di entrata
in vigore della parte terza del presente decreto.
8. Dall'attuazione della
parte terza del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri
o minori entrate a carico della finanza pubblica.
9. Una quota non inferiore
al dieci per cento e non superiore al quindici per cento degli stanziamenti
previsti da disposizioni statali di finanziamento e' riservata alle attività di
monitoraggio e studio destinati all'attuazione della parte terza del presente
decreto. 10. Restano ferme le disposizioni in materia di difesa del mare.
11.
Fino all'emanazione di corrispondenti atti adottati in attuazione della parte
terza del presente decreto, restano validi ed efficaci i provvedimenti e gli
atti emanati in attuazione delle disposizioni di legge abrogate dall'articolo
175.
12. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione
per la vigilanza sulle risorse idriche si provvede mediante utilizzo delle
risorse di cui all'articolo 22, comma 6, della legge 5 gennaio 1994, n. 36.
13. All'onere derivante dalla costituzione e dal funzionamento della Sezione
per la vigilanza sui rifiuti, pari ad unmilioneduecentoquarantamila euro, aggiornato
annualmente in relazione al tasso d'inflazione, provvede il Consorzio nazionale
imballaggi di cui all'articolo 224 con un contributo di pari importo a carico
dei consorziati. Dette somme sono versate dal Consorzio nazionale imballaggi
all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate con decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di
previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
14. In
sede di prima applicazione, il termine di centottanta giorni di cui all'articolo
112, comma 2, decorre dalla data di entrata in vigore della parte terza del
presente decreto.
ART. 171
(canoni per le utenze di acqua pubblica)
1. Nelle more del trasferimento alla regione Sicilia del demanio idrico, per
le grandi derivazioni in corso di sanatoria di cui all'articolo 96, comma 6,
ricadenti nel territorio di tale regione, si applicano retroattivamente, a
decorrere dal 1 gennaio 2002, i seguenti canoni annui:
a) per ogni modulo di
acqua assentito ad uso irrigazione, 40,00 euro, ridotte alla metà se
le colature ed i residui di acqua sono restituiti anche in falda;
b) per ogni
ettaro del comprensorio irriguo assentito, con derivazione non suscettibile
di essere fatta a bocca tassata, 0,40 euro;
c) per ogni modulo di acqua assentito
per il consumo umano, 1.750,00 euro, minimo 300,00 euro;
d) per ogni modulo
di acqua assentito ad uso industriale, 12.600,00 euro, minimo 1.750,00 euro.
Il canone e' ridotto del cinquanta per cento se il concessionario attua un
riuso delle acque reimpiegando le acque risultanti a valle del processo produttivo
o di una parte dello stesso o, ancora, se restituisce le acque di scarico con
le medesime caratteristiche qualitative di quelle prelevate. Le disposizioni
di cui al comma 5 dell'articolo 12 del decreto-legge 27 aprile 1990, n. 90,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 1651, non si
applicano per l'uso industriale;
e) per ogni modulo di acqua assentito per la
piscicoltura, l'irrigazione di attrezzature sportive e di aree destinate a
verde pubblico, 300,00 euro, minimo 100,00 euro;
f) per ogni kilowatt di potenza
nominale assentita, per le concessioni di derivazione ad uso idroelettrico
12,00 euro, minimo 100,00 euro;
g) per ogni modulo di acqua assentita ad uso
igienico ed assimilati, concernente l'utilizzo dell'acqua per servizi igienici
e servizi antincendio, ivi compreso quello relativo ad impianti sportivi, industrie
e strutture varie qualora la concessione riguardi solo tale utilizzo, per impianti
di autolavaggio e lavaggio strade e comunque per tutti gli usi non previsti
dalle lettere da a) ad f), 900,00 euro.
2. Gli importi dei canoni di cui al
comma 1 non possono essere inferiori a 250,00 euro per derivazioni per il consumo
umano e a 1.500,00 euro per derivazioni per uso industriale.
ART. 172
(gestioni esistenti)
1. Le Autorità d'ambito che alla data di entrata in vigore della parte
terza del presente decreto abbiano già provveduto alla redazione del
piano d'ambito, senza aver scelto la forma di gestione ed avviato la procedura
di affidamento, sono tenute, nei sei mesi decorrenti da tale data, a deliberare
i predetti provvedimenti.
2. In relazione alla scadenza del termine di cui
al comma 15-bis dell'articolo 113 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267, l'Autorità d'ambito
dispone i nuovi affidamenti, nel rispetto della parte terza del presente decreto,
entro i sessanta giorni antecedenti tale scadenza.
3. Qualora l'Autorità d'ambito
non provveda agli adempimenti di cui ai commi 1 e 2 nei termini ivi stabiliti,
la regione, entro trenta giorni, esercita, dandone comunicazione al Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio e all'Autorità di vigilanza
sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri sostitutivi, nominando un commissario "ad
acta", le cui
spese sono a carico dell'ente inadempiente, che avvia entro trenta giorni le
procedure di affidamento, determinando le scadenze dei singoli adempimenti
procedimentali. Qualora il commissario regionale non provveda nei termini così stabiliti,
spettano al Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro
dell'ambiente e della tutela del territorio, i poteri sostitutivi preordinati
al completamento della procedura di affidamento.
4. Qualora gli enti locali
non aderiscano alle Autorità d'ambito ai
sensi dell'articolo 148 entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore
della parte terza del presente decreto, la regione esercita, previa diffida
all'ente locale ad adempiere entro il termine di trenta giorni e dandone comunicazione
all'Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, i poteri
sostitutivi, nominando un commissario "ad acta", le cui spese sono
a carico dell'ente inadempiente.
5. Alla scadenza, ovvero alla anticipata risoluzione,
delle gestioni in essere ai sensi del comma 2, i beni e gli impianti delle
imprese già concessionarie
sono trasferiti direttamente all'ente locale concedente nei limiti e secondo
le modalità previsti dalla convenzione.
6. Gli impianti di acquedotto,
fognatura e depurazione gestiti dai consorzi per le aree ed i nuclei di sviluppo
industriale di cui all'articolo 50 del testo unico delle leggi sugli interventi
nel Mezzogiorno, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo
1978, n. 218, da altri consorzi o enti pubblici, nel rispetto dell'unità di
gestione, entro il 31 dicembre 2006 sono trasferiti in concessione d'uso al
gestore del servizio idrico integrato dell'Ambito territoriale ottimale nel
quale ricadono in tutto o per la maggior parte i territori serviti, secondo
un piano adottato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentite
le regioni, le province e gli enti interessati.
ART. 173
(personale)
1. Fatta salva la legislazione regionale adottata ai sensi dell'articolo 12, comma 3, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, il personale che, alla data del 31 dicembre 2005 o comunque otto mesi prima dell'affidamento del servizio, appartenga alle amministrazioni comunali, alle aziende ex municipalizzate o consortili e alle imprese private, anche cooperative, che operano nel settore dei servizi idrici sarà soggetto, ferma restando la risoluzione del rapporto di lavoro, al passaggio diretto ed immediato al nuovo gestore del servizio idrico integrato, con la salvaguardia delle condizioni contrattuali, collettive e individuali, in atto. Nel caso di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, al gestore del servizio idrico integrato, si applica, ai sensi dell'articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la disciplina del trasferimento del ramo di azienda di cui all'articolo 2112 del codice civile.
ART. 174
(disposizioni di attuazione e di esecuzione)
1. Sino all'adozione da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio di nuove disposizioni attuative della sezione terza della parte
terza del presente decreto, si applica il decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri 4 marzo 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 62 del 14
marzo 1994.
2. Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, sentita
l'Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano,
entro un anno dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto, nell'ambito di apposite intese istituzionali, predispone uno specifico
programma per il raggiungimento, senza ulteriori oneri a carico del Ministero,
dei livelli di depurazione, così come definiti dalla direttiva 91/271/CEE,
attivando i poteri sostitutivi di cui all'articolo 152 negli ambiti territoriali
ottimali in cui vi siano agglomerati a carico dei quali pendono procedure di
infrazione per violazione della citata direttiva.
ART. 175
(abrogazione di norme)
1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente
decreto sono o restano abrogate le norme contrarie o incompatibili con il medesimo,
ed in particolare:
a) l'articolo 42, comma terzo, del regio decreto 11 dicembre
1933, n. 1775, come modificato dall'articolo 8 del decreto legislativo 12 luglio
1993, n. 275;
b) la legge 10 maggio 1976, n. 319;
c) la legge 8 ottobre 1976, n. 690, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544;
d) la legge 24
dicembre 1979, n. 650;
e) la legge 5 marzo 1982, n. 62, di conversione, con
modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 1981, n. 801;
f) il decreto del
Presidente della Repubblica 3 luglio 1982, n. 515;
g) la legge 25 luglio 1984,
n. 381, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 29 maggio 1984,
n. 176;
h) gli articoli 5, 6 e 7 della legge 24 gennaio 1986, n. 7, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 25 novembre 1985, n. 667;
i) gli articoli
4, 5, 6 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n.
236;
l) la legge 18 maggio 1989, n. 183;
m) gli articoli 4 e 5 della legge 5 aprile
1990, n. 71, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio
1990, n. 16;
n) l'articolo 32 della legge 9 gennaio 1991, n. 9;
o) il decreto legislativo
25 gennaio 1992, n. 130;
p) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 131;
q) il decreto legislativo
27 gennaio 1992, n. 132;
r) il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 133;
s) l'articolo 12 del decreto
legislativo 12 luglio 1993, n. 275;
t) l'articolo 2, comma 1, della legge 6
dicembre 1993, n. 502, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge
9 ottobre 1993, n. 408;
u) la legge 5 gennaio 1994, n. 36, ad esclusione dell'articolo
22, comma 6;
v) l'articolo 9-bis della legge 20 dicembre 1996, n. 642, di conversione,
con modificazioni, del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 552;
z) la legge 17
maggio 1995, n. 172, di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 17
marzo 1995, n. 79;
aa) l'articolo 1 del decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180,
convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 1998, n. 267;
bb) il decreto
legislativo 11 maggio 1999, n. 152, così come modificato
dal decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 258;
cc) l'articolo 1-bis del decreto-legge
12 ottobre 2000, n. 279, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 ottobre
2000, n. 365.
ART. 176
(norma finale)
1. Le disposizioni di cui alla parte terza del presente decreto che concernono
materie di legislazione concorrente costituiscono principi fondamentali ai
sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione.
2. Le disposizioni di
cui alla parte terza del presente decreto sono applicabili nelle regioni a
statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente
con le norme dei rispettivi statuti.
3. Per le acque appartenenti al demanio
idrico delle province autonome di Trento e di Bolzano restano ferme le competenze
in materia di utilizzazione delle acque pubbliche ed in materia di opere idrauliche
previste dallo statuto speciale della regione Trentino-Alto Adige e dalle relative
norme di attuazione.