La clorazione è il metodo più usato in Italia per la disinfezione delle acque potabili.
Può essere realizzata in vari modi; nella clorazione comunemente intesa (quella dei piccoli/medi impianti) viene semplicemente aggiunta una soluzione di ipoclorito di sodio (varechina, candeggina) all'acqua.
L'ipoclorito di sodio è un composto antimicrobico liquido, limpido, di colore paglierino, con un peso specifico di 1,2 kg/l.
Il prodotto presente in commercio che viene normalmente utilizzato per la clorazione delle acque è una soluzione di ipoclorito di sodio al 12-14% in volume pari a circa il 10% in peso di cloro attivo (la candeggina domestica contiene circa il 5 per cento di ipoclorito di sodio).
L'aggiunta di cloro nell'acqua produce acido cloridrico e ipocloroso: questi composti sono noti come cloro libero.
Il pH e la temperatura incidono in modo rilevante sulla efficacia della disinfezione.
Sia che il cloro venga immesso direttamente nella rete idrica, sia in un serbatoio, dovrebbe essere assicurato prima dell'utilizzo un "tempo di contatto" fra acqua e cloro di almeno 30 minuti, affinchè il cloro possa svolgere la sua azione battericida, ossidando qualsiasi forma vivente esistente nell'acqua.
In realtà poiché le soluzioni di ipoclorito di sodio perdono spontaneamente (con il tempo, la luce, la temperatura, l'azione di altre sostanze presenti nell'acqua) il titolo in cloro attivo, per assicurare "al rubinetto" la misura richiesta (es. 0,2 mg/l), negli acquedotti si applicano dosaggi progressivamente superiori (es. 0,4 mg/l).
In questo caso, tenendo conto della diluizione commerciale (10%) occorrerebbe dosare l'additivo a 4 mg/l (4 ppm).
I valori di cloro sia libero che totale vengono evidenziati con appositi reagenti, e prevalentemente misurati con il colorimetro portatile (Colorimetro digitale).
Il Colorimetro Digitale (detto anche fotometro) permette di determinare la concentrazione di cloro libero o totale con un metodo colorimetrico: la reazione tra cloro e reagente conferisce una particolare colorazione all'acqua che opportunamente elaborata dalla fotocellula interna allo strumento permette all'operatore, anche non specializzato, di leggere direttamente nel Display il valore in mg/l, con una precisione da laboratorio.
DEFINIZIONI:
Il cloro presente nell'acqua in forma disponibile, in grado di agire come ossidante (disinfettante), viene indifferentemente definito: libero, disponibile, attivo, residuo.
Cloro libero (disponibile, attivo, residuo)
Prodotto chimico attivo per la disinfezione.
Quello che ha capacità igienizzante e che negli acquedotti non deve superare determinati valori all'utenza.
È il parametro cui fanno riferimento le normative del settore acquedottistico.
Cloro totale
L'insieme di sostanze a base di cloro presenti nell'acqua.
E' la somma di cloro libero (totalmente disponibile per la disinfezione) + cloro combinato (composto di cloro con altre sostanze organiche prodotte dalla disinfezione).
Non corrisponde al cloro originariamente versato, ma a quello ridotto da evaporazione e consumo per disinfezione.
È un parametro molto utilizzato nel settore piscine.
RIFERIMENTI NORMATIVI:
La norma UNI EN 805:2002 "Approvvigionamento di acqua - Requisiti per sistemi e componenti" prevede l'ipoclorito di sodio (NaClO) tra i prodotti chimici per la disinfezione dei sistemi di distribuzione dell'acqua con una concentrazione max di 50 mg/litro (50 ppm).
Probabilmente tale valore massimo è accettabile solo per la disinfezione iniziale delle tubature, non per la distribuzione dell'acqua.
Il Decreto Legislativo 2 febbraio 2001 n. 31, allegato 1, parte c (parametri indicatori), indica un valore minimo consigliato 0,2 mg/l di disinfettante residuo, se impiegato.
Detto valore dovrebbe essere inteso al punto di messa a disposizione dell'acqua all'utente.
L'ipoclorito di sodio impiegato per il "trattamento di acque destinate al consumo umano" deve essere conforme alla norma UNI EN 901:2002.
Estratto delle Linee-guida del 4 aprile 2000 per la prevenzione e il controllo della legionellosi, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 103 del 05 maggio 2000.
Clorazione shock iniziale (episodica): deve essere effettuata su acqua a temperatura inferiore a 30°, con una singola immissione di cloro in acqua fino ad ottenere concentrazioni di cloro residuo libero di 20-50 mg/L in tutto l'impianto, ivi compresi i punti distali.
Dopo un periodo di contatto di 2h con 20 mg/L di cloro oppure di 1h con 50 mg/L di cloro, l'acqua viene drenata e nuova acqua viene fatta scorrere nell'impianto fino a che il livello di cloro ritorna alla concentrazione di 0,5-1 mg/L.
A tali concentrazioni di cloro l'acqua puo' essere considerata potabile, anche se il decreto del Presidente della Repubblica n. 236/1988 (superato da successive normative) prevede un limite consigliato di 0,2 mg/L, vista la particolare situazione contingente.
Riprendiamo da testi in internet che:
- negli USA la normativa stabilisce un residuo massimo di cloro di 4 mg/l.
- l'Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) indica un residuo massimo di cloro utilizzabile di 5 mg/l, e minimo di 0,5 mg/l dopo almeno 30 minuti di contatto.
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